Sputnik 2.0? Il test cinese che ha spaventato gli Stati Uniti

Un momento storico per la sicurezza mondiale: come il test HGV-FOBS sta ridefinendo le regole del gioco

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Sputnik 2.0? Il test cinese che ha spaventato gli Stati Uniti

Negli ultimi anni, il mondo sta assistendo a un’accelerazione impressionante nello sviluppo di nuove tecnologie militari, con particolare attenzione alle armi ipersoniche, ai sistemi missilistici avanzati e all’utilizzo dello spazio come nuovo fronte strategico. Tra i Paesi che stanno facendo passi da gigante in questo settore, la Cina si distingue per capacità sempre più sofisticate che stanno cambiando le regole del gioco nel panorama della difesa globale. 

Secondo uno studio recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Acta Aeronautica et Astronautica Sinica, condotto dal professor Guo Yang del Laboratorio chiave per il controllo intelligente presso l’Università dell’Esercito Popolare di Liberazione, le armi ipersoniche cinesi possono viaggiare a velocità estreme, fino a Mach 20, equivalenti a circa 21.000 chilometri orari. Alcuni modelli potrebbero essere lanciati direttamente dallo spazio, rendendoli in grado di colpire qualsiasi obiettivo al mondo entro mezz’ora e di compromettere drasticamente i tempi di reazione dei sistemi di allerta nemici. Questo tipo di armamento, noto come veicoli ipersonici a planata balistica (HGV), viene solitamente lanciato da missili balistici ma, una volta nell’atmosfera, mantiene una traiettoria meno prevedibile rispetto ai tradizionali ICBM, aumentando così la sua capacità di penetrazione. 

Nonostante queste caratteristiche all’avanguardia, lo studio ha anche evidenziato alcune debolezze: firme infrarosse molto intense che facilitano il rilevamento a distanza, manovrabilità limitata a causa di una bassa tolleranza al carico dinamico e restrizioni nella banda di comunicazione durante la fase terminale dell’attacco. Tuttavia, il loro impatto strategico è innegabile, poiché sono in grado di ridurre drasticamente i tempi di reazione del nemico, un fattore cruciale in scenari bellici moderni. 

Un altro aspetto che desta grande preoccupazione tra gli analisti statunitensi è il ritorno del cosiddetto Fractional Orbital Bombardment System, o FOBS. Si tratta di un sistema missilistico che entra in orbita terrestre bassa prima di riportarsi verso il bersaglio, permettendo rotte imprevedibili e difficili da intercettare. La Cina avrebbe già effettuato un test avanzato di questa tecnologia nel luglio-agosto 2021, lanciando un veicolo ipersonico con un razzo Long March 2C. Il Pentagono è rimasto sorpreso da questa dimostrazione, mai vista prima: un sistema capace di combinare capacità orbitali con quelle ipersoniche. L’ex capo congiunto dei capi di stato maggiore statunitensi, generale Mark Milley, ha descritto l’evento come “molto vicino a un momento Sputnik”, richiamando alla memoria il primo satellite artificiale sovietico che nel 1957 diede inizio alla corsa allo spazio. 

Sebbene il FOBS non sia ancora pienamente operativo, l’Agenzia per l’Intelligence della Difesa degli Stati Uniti (DIA) stima che Pechino possa schierare fino a 60 unità entro il 2035, mentre Mosca potrebbe arrivare a disporne una dozzina. Questo tipo di minaccia, già esplorata durante la Guerra Fredda, è tornata improvvisamente d’attualità, soprattutto dopo il test cinese che ha fatto suonare campanelli d’allarme a Washington. 

Parallelamente, la Cina sta espandendo anche altre componenti del proprio arsenale nucleare. Secondo le stime della DIA, entro il 2035 il numero di missili balistici intercontinentali dotati di testate nucleari potrebbe crescere da 400 a 700, mentre i sottomarini lanciamissili balistici passeranno da 72 a 132. Ancora più significativa appare l’espansione dei veicoli ipersonici, che potrebbero salire da 600 a 4.000 entro il prossimo decennio. Molti di questi veicoli sarebbero in grado di colpire l’Alaska con testate convenzionali, segnando una presenza strategica avanzata. 

Di fronte a questa crescente minaccia, gli Stati Uniti hanno reagito varando il progetto Golden Dome, un ambizioso scudo missilistico concepito per proteggere il territorio nazionale da ogni tipo di attacco, compresi quelli provenienti dallo spazio. Annunciato poco dopo l’insediamento del presidente Donald Trump con un ordine esecutivo del gennaio 2017, Golden Dome mira a sviluppare una rete satellitare avanzata in grado di intercettare minacce durante la fase iniziale del lancio. Tra i programmi chiave inclusi nel piano figurano il sistema HBTSS (Hypersonic and Ballistic Tracking Space Sensor) e l’architettura satellitare diffusa PWSA, insieme a intercettori orbitali e forse armi a energia diretta. 

Il finanziamento iniziale per il progetto è stato di circa 24,7 miliardi di dollari, ma secondo il Congressional Budget Office il costo totale potrebbe superare i 542 miliardi nei prossimi venti anni. Nonostante l’enorme investimento, molte domande rimangono aperte riguardo alla struttura e alla fattibilità del sistema. Come ha osservato il deputato Ken Calvert, responsabile del Comitato Appropriazioni della Camera, nessuno sembra avere un quadro chiaro di cosa significhi davvero “Golden Dome” né come verrà implementato. 

In ultima analisi, possiamo affermare che la competizione globale nel campo delle armi ipersoniche e spaziali stia accelerando rapidamente. Cina e Russia guidano uno sviluppo tecnologico senza precedenti, costringendo gli Stati Uniti a rispondere con iniziative innovative ma complesse. Ogni progresso in questi settori ridefinisce continuamente la geografia strategica mondiale, ponendo nuove sfide per la stabilità internazionale. Il futuro della sicurezza globale sarà sempre più dominato dalla tecnologia, dall’intelligenza artificiale e dall’uso dello spazio come teatro strategico. Un futuro in cui la deterrenza richiederà innovazione continua, investimenti massicci e una visione globale. 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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