"Storytelling": come i media (e non solo) giocano con le tue emozioni
di Luigi Sorrentino
Una elevata capacità di intrattenimento e un forte coinvolgimento emozionale non immediatamente riconducibile all’oggetto proposto in sé. E' su questo che si basa il cosiddetto Storytelling e tematiche come la guerra, la sanità, la politica, vengono sempre più presentati all’opinione pubblica seguendo questo schema narrativo. In altre parole, interviste, comunicazioni politiche, scelta dei personaggi da far emergere nel dibattito sembrano seguire sempre più fedelmente le regole del nuovo marketing globale.
In uno dei più diffusi e rinomati manuali di Branded content, vale a dire marketing non convenzionale (Guerrilla, Green, Web) - chiamato così perché unito a strumenti di misurazione neurofisiologica - si comprende, grazie al sociologo Frank Furedi, che dopo l’11 settembre, nei media, non solo a stelle strisce, c’è stato un aumento dei termini afferenti a situazioni emotive, soprattutto in chiave negativa.
Insieme a quelli più noti come stress e incertezza, sono stati introdotti termini inerenti il deficit emotivo. Questa focalizzazione sugli aspetti emotivi va ben oltre la descrizione di un mero stato psicologico per diventare la lente con la quale si devono leggere i fenomeni della vita di tutti i giorni.
L’attentato terroristico al World Trade center e i disastri successivi come lo tsunami nel sud est asiatico nel 2004, la devastazione del tornado Katrina nel sud degli Stati uniti nel 2005, la guerra in Iraq, i virus dei polli, il disastro provocato dalla fuoriuscita di petrolio dal pozzo di trivellazione della BP nel Golfo del Messico e lo tsunami in Giappone sono spiegati (Storytelling) in funzione del loro impatto sulle condizioni mentali e sulle emozioni delle persone. Lo sforzo degli operatori dell’informazione e dei mediatori culturali è quasi sempre indirizzato a creare le condizioni per una sorta di terapia collettiva basata sull’interpretazione delle tragedie e sull’analisi delle conseguenze sulla salute psichica.
Un’indagine eseguita nei giorni appena successivi all’attentato alle Torri Gemelle mostrava come 9 americani adulti su 10 riferisse di avere sintomi di stress! Di fronte a tale catastrofe emotiva i media si sono mobilitati per fornire indicazioni soprattutto di carattere clinico. La prospettiva terapeutica ha influenzato molti opinionisti e molte autorità che hanno messo al primo posto delle loro agende la difesa della salute pubblica stanziandone i fondi.
L’elemento sorprendente, almeno sul piano sociologico, è stato il fatto che sono mancate completamente le voci del dissenso. Solo qualche psicologo e psichiatra ha sollevato critiche sull’opportunità di tale ingente mobilitazione. Il rischio infatti è enorme: creare nella popolazione una sensazione di incertezza per il futuro e di fragilità emotiva.
Ma siamo veramente così fragili emotivamente? La risposta è no!
Le narrazioni emotive oltre misura fatte dai media, la mancanza totale di dissenso, fornire in continuazione indicazioni di carattere terapeutico, dice Furedi, getta la popolazione nel panico quando è opinione diffusa che i media nella storia hanno spesso cercato di evitare di approfondire questioni che avrebbero potuto allarmare l’opinione pubblica, a costo di raccontare bugie.
Come mai questa inversione di tendenza?
Forse ora lo sappiamo. Si chiama Storytelling. Ma che l’Italia fosse già piena di racconta-storie deprimenti lo sapevamo. Ci vediamo al prossimo coinvolgimento emozionale con elevata capacità di intrattenimento. Non perdetevelo!