Sulla differenza fra spreco pubblico e cresta privata

Se una fetta molto grossa dei soldi che i cittadini ti danno, pagando tasse e pedaggi, rimane nelle tue tasche… qual è la differenza con il caro vecchio spreco pubblico?

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Sulla differenza fra spreco pubblico e cresta privata

 

di Beppe Grillo Ieri sera l’ex Ministro Di Pietro si affannava a mostrare il contratto di concessione fra lo Stato ed Autostrade per l’Italia. Quasi sorrideva mentre ricordava quanto sarà difficile revocare la concessione ai Benetton. Così, come se nulla si possa più giudicare dai risultati.

Di Pietro, come moltissime persone per bene, sembrava essersi completamente dimenticato del concetto economico/finanziario di “cresta”.
Quando lo stato dà in concessione la gestione di un certo servizio, spesso di vitale importanza, è forse logico che non si preoccupi di quale percentuale dei profitti verrà reinvestita nell’interesse pubblico e quanto resterà nelle mani del privato?


Oramai la gente neppure si chiede come sia possibile che i gestori privati dell’interesse pubblico diventino proprietari di mass media, aeroporti, si quotino in borsa con società incredibili e acquistino squadre di calcio.


Se lo Stato, in un paese davvero civile, concede (si chiamano concessioni) la gestione della salute, dell’acqua e delle sue infrastrutture non dovrebbe limitarsi a scrivere montagne di carte su controlli e altra burocrazia (che in Italia non viene tradizionalmente mai ottemperata). Lo Stato deve, anche e sopratutto, decidere quale percentuale dei profitti è giusto che rimanga nelle tasche di quel privato.

I controlli saranno molto più semplici e la selezione del futuro concessionario quasi automaticamente virtuosa.


Per quale ragione, con i nostri soldi, questa gente deve comprarsi aeroporti in Francia o gli stessi giornali che ci accusano di essere noi i colpevoli dei disastri?


Sono imprenditori oppure parassiti del denaro pubblico? A questa gente è stato concesso il privilegio di gestire il benessere e la vita dei cittadini ma non gli viene imposto di rispettare un guadagno etico.


Ad esempio: “costruirai per nostro conto quell’aeroporto e lo gestirai, ma non potrai tenere per te più del 10%”.


Se, invece, ti tieni in tasca il 30% oppure il 50% al cittadino non interessa che li usi per comprarci dei giornali! Perché quella è semplicemente una mega-cresta legalizzata.


Se una fetta molto grossa dei soldi che i cittadini ti danno, pagando tasse e pedaggi, rimane nelle tue tasche… qual è la differenza con il caro vecchio spreco pubblico?


I più giovani forse non ricordano la premessa “filosofica” della gigantesca opera di privatizzazioni che ci ha portati a questo punto. Si diceva “lo Stato non sa gestire i soldi mentre gli imprenditori si, quindi conviene dare in concessione a loro i servizi perché non sprecano e sono efficienti”.


Erano parole in buona fede nella bocca di tanti, ed è diventata una moda: “la libera impresa non spreca” perché…


Ma perché? Non spreca quando i soldi sono i suoi, è chiaro. Certo non quando sono regalati, è sotto gli occhi di tutti il successo economico e finanziario di questi gestori di galline dalle uova d’oro pubbliche.


Senza prima fissare un limite etico al profitto dei concessionari è impossibile controllare ogni loro mossa, ma nel nostro paese sembra fantascienza.


Cambiare questo andazzo vergognoso non sarà facile, i pettegoli pagati da questi signori sono già scatenati a proteggerli.


Ma fosse pure uno stuzzicadenti pubblico da ora in poi dovrà essere valutato e concesso solo a condizioni vantaggiose per i cittadini.


E’ per questo che in casi come questi il percorso politico e quello della giustizia devono essere diversi!

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