“Te lo dice la CIA”, i giornali italiani ci credono. E tu?

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“Te lo dice la CIA”, i giornali italiani ci credono. E tu?


“Provaci ancora Washington Post”. Naufragata in un'umiliante conclusione, con tanto di rettifica del giornale, il primo tentativo - “cyber propaganda russa attraverso fake news” - il giornale di Amazon torna alla carica riproponendo il vecchio tormentone "hacker russi che hanno determinato la vittoria di Trump", consegnando a Wikileaks le ultime documentazioni contro Hillary. 

“La Cia ha concluso dopo una valutazione segreta che la Russia è intervenuta nelle elezioni del 2016 per aiutare Donald Trump a vincere la presidenza”.  E' quanto scrivono tre giornalisti del Washington Post, giornale di Amazon, che nel 2013 ha firmato un contratto da 600.000.000 di dollari con la CIA per fornire servizi di “cloud computing”.  L'articolo scrive che sono stati trovati “individui con connessioni con il governo russo che hanno fornito a Wikileaks migliaia di email dal Democratic National Committee”. Non si tratta di uomini diretti del Cremlino - che forse avrebbero dato nell'occhio - ma di infiltrati nelle istituzioni Usa, precisano i giornalisti.

Tra le fonti citate, tutte rigorosamente anonime come si addice ad ogni “grande inchiesta” di oggi, un funzionario “senior” che descrive la presentazione dell'intelligence al Senato come “visione condivisa”.  “La Cia”, scrive il giornale di Amazon, “ha condiviso le sue ultime valutazioni con senatori chiave in una riunione a porte chiuse a Capitol Hill lo scorso fine settimana”. E la conclusione, sempre dalle stesse “fonti anonime”: “è abbastanza chiaro che l'elezione di Trump sia stato un obiettivo della Russia”.  

Quindi una “riunione a porte chiuse” per valutare un “rapporto segreto” di agenti segreti con pochi e “selezionati senatori”. Quella che descrive il Washington Post sembra più una riunione di cospirazione contro il neo-presidente eletto che altro.

A conferma, l'Amministrazione Obama ha chiesto poche ore prima dell'articolo del WP un pieno “review” della faccenda, che sarà preparato dal direttore dell'intelligence nazionale uscente Clapper in persona. “Abbiamo superato una nuova soglia” e Obama lo vuole entro il 20 gennaio. Intanto, forse riferendosi proprio a questo rapporto, il regista Micheal Moore, tra i pochi ad aver previsto la vittoria di Trump, ha dichiarato: “qualcosa di pazzo potrebbe accadere per impedire a Trump di divenire presidente”. 

Fallito miseramente il primo tentativo delle “fake news” - del resto era davvero difficile da portare avanti per le corporazioni mediatiche che hanno tentato di spiegare che in Iraq c'erano armi di distruzione di massa, in Libia le truppe di Gheddafi che stupravano le bambine e che in Siria si combatteva una guerra civile... - ora il giornale con legami diretti con la CIA tramite il proprio editore (Amazon) ritorna su un filone vecchio, già smentito in varie occasioni da Assange.

A tal proposito, per non offendere ulteriormente l'intelligenza della popolazione nord-americana e, in generale, di tutti coloro che nel mondo leggono il Washington Post vorremmo sollevare alcune domande e spunti di riflessione:


Ma possibile che un paese che ha sedici diverse agenzie d'intelligence per le quali, tra il 2001 (Torri Gemelle) e il 2014 ha speso più di 500 miliardi di dollari possa permettere a qualche hacker russo di sabotare le proprie elezioni?  

Ma possibile che a indignarsi sia Barack Obama, il Presidente che, come ha dimostrato Edward Snowden, attraverso la National Security Agency di fatto spiava anche tutti noi e, per non sbagliare origliava, anche i telefoni degli alleati più stretti, a partire Francois Hollande e Angela Merkel?

Ma possibile che a indignarsi siano quegli stessi giornali, come scriveva correttamente Scaglione qualche mese fa, “americani (e di conseguenza pure i nostri) ci spiegano che la Casa Bianca ha lanciato un'offensiva cibernetica contro il Cremlino, leggendo la posta dei collaboratori di Vladimir Putin e chissà quale altra segretissima comunicazione dei russi. Vittime sacrificali in casa propria, leoni irrefrenabili in casa d'altri, questi americani. Qualcuno ci crede?"

 
Quanto passerà secondo voi prima che i giornali italiani scriveranno che gli hacker del Cremlino hanno intenzione di fare lo stesso scherzetto in Europa? Poco, molto poco, dato che molte elezioni si avvicinano. Per le email del PD, in realtà, non serve neanche scomodare hacker russi, cinesi o di qualunque altra nazionalità: ci sarebbe davvero poco di sconvolgente da scoprire, solo direttive ed ordini da eseguire.

Alessandro Bianchi

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