USA e 'giovani borghesi' dietro le proteste in Bielorussia. La denuncia di Lukashenko
Non ha dubbi circa l’origine delle proteste nel suo paese il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, rieletto con un ampio margine di vantaggio sui suoi oppositori nelle elezioni presidenziali che si sono tenute lo scorso agosto.
Lukashenko ritiene che le proteste nella repubblica siano state organizzate dagli Stati Uniti che, secondo lui, agiscono attraverso centri in Polonia e Repubblica Ceca, nonché da una classe di "giovani borghesi" emersa in Bielorussia. Questa la denuncia del presidente a una domanda del giornalista russo Yevgeny Rozhkov di Rossiya-1 TV, nel’ambito di un’intervista rilasciata ai principali media russi.
L'evento si è svolto nel Palazzo dell'Indipendenza a Minsk e ha visto la partecipazione della direttrice di RT Margarita Simonyan, del corrispondente del primo canale Anton Vernitsky, del presentatore televisivo del canale televisivo Russia-1 Yevgeny Rozhkov e infine del redattore capo della stazione radio Govorit Moskva Roman Babayan.
"Abbiamo chiesto [al presidente del paese] chi è interessato a questo [sostenere il movimento di protesta in Bielorussia], e da quale parte si aspettava e si aspetta che arrivino i problemi”, ha affermato Rozkov. "Crede che, prima di tutto, gli statunitensi siano dietro a tutto, agendo attraverso i centri in Polonia e nella Repubblica Ceca. Ma ci sono anche ragioni interne, ha dichiarato il presidente. Una delle ragioni è il fatto che due nuove generazioni sono cresciute in Bielorussia, formando una piccola classe di "giovani borghesi" che "vogliono il potere".
Le elezioni presidenziali in Bielorussia si sono svolte il 9 agosto. Secondo la Commissione elettorale centrale, il presidente in carica Alexander Lukashenko ha ottenuto l'80,10% dei voti. Svetlana Tikhanovskaya è arrivata seconda, con il 10,12% dei voti raccolti.
Immediatamente dopo l'annuncio dei risultati, le proteste si sono scatenate in tutta la Bielorussia, provocando scontri con le forze dell'ordine durante i primi giorni.
Secondo diversi osservatori si è trattato di uno scenario da rivoluzione colorata preparato in preventivamente. L’obiettivo era quello di rovesciare Lukashenko per portare la Bielorussia nell’orbita occidentale.
La Bielorussia è infatti il tassello mancante per creare una sorta di cordone sanitario intorno alla Russia sul fronte occidentale.
Insomma, l’obiettivo dei tentativi di destabilizzazione è Lukashenko, ma il bersaglio grosso è Vladimir Putin.