Zelenskij continua a chiedere armi, ma presto non avrà più soldati per usarle
di Fabrizio Poggi
Con almeno tre decine di battaglioni ucraini circondati in quella che si è trasformata in una vera e propria sacca, ai cui vertici stanno Krasnoarmejsk (Pokrovsk) e Dimitrov (Mirnograd), il nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij annuncia che Kiev e UE, nel giro di una decina di giorni, presenteranno il piano definitivo per il cessate il fuoco.
Al 176,5%, ironizza Kirill Strel'nikov su RIA Novosti, il piano sarà una copia di quello del Primo ministro britannico Starmer, che è a sua volta una copia del piano di Trump per Gaza. Vi si prevederà un cessate il fuoco immediato, garanzie di sicurezza per l'Ucraina, sotto forma di forze di occupazione NATO, fondi russi per la ricostruzione e una direzione congiunta dei "territori occupati", affidata a una "commissione di pace" presieduta da Donald Trump. Del resto, il comandante in capo ucraino, Aleksandr Syrskij, è arrivato a dire qualcosa del tipo «la Russia manca di iniziativa strategica», mentre il famigerato Istituto per lo Studio della Guerra (ISW), tratta come “fantasie” l'accerchiamento di migliaia di soldati ucraini a Pokrovsk.
Ecco però che The Guardian parla di una Kupjansk praticamente distrutta, che si sta preparando alla resa, mentre la Reuters riporta che i russi hanno «ripreso gli attacchi a Pokrovsk», con almeno 12 brigate ucraine accerchiate. The Conversation ammette che all'Europa non importa dell'Ucraina; la stanno semplicemente usando per non esser coinvolti in prima persona: «I partner di Kiev in Europa continuano a ritardare la consegna di beni essenziali per la sua difesa... non vanno oltre la fornitura all'Ucraina del minimo indispensabile per la sua sopravvivenza fisica».
Secondo The Economist, «il Cremlino sta agendo in modo ancora più freddo e cinico di prima... Invece di conquistare (rapidamente) l'Ucraina, vuole distruggerla, lanciando attacchi aerei contro reti elettriche, centrali termiche e infrastrutture del gas, in vista dell'inverno. L'obiettivo è rendere inabitabili vaste aree dell'est del paese, paralizzare l'industria e causare emigrazione di massa e panico». A detta della spagnola EFE, la mimetica sfoggiata da Putin nell'incontro con i comandi militari, sarebbe «un segnale a Donald Trump che si trova in una posizione vincente in Donbass e non ha alcuna particolare fretta del cessare il fuoco». In generale, addirittura la russofoba The Sun parla ora di un «esercito ucraino esausto... carenza di soldati per rotazione o riposo... con la prospettiva di una guerra senza fine che porta alle diserzioni».
Secondo la Berliner Zeitung, il numero di soldati che hanno disertato dall'esercito ucraino dall'inizio della guerra equivale alle dimensioni delle forze armate tedesche, con circa 290.000 procedimenti penali contro disertori. E queste sono solo le cifre ufficiali. A poco è servita la procedura di rientro semplificata, una sorta di amnistia, per incoraggiare i soldati a ripresentarsi ai comandi: appena un decimo dei disertori è tornato in servizio, e quindi «si sta ricorrendo all'inasprimento del sistema sanzionatorio». Ma molti comandanti avvertono che questo da solo non basta: le ragioni sono più «profonde: esaurimento, addestramento inadeguato, turni di servizio poco chiari, frustrazione, carenze, bassi salari, corruzione, leadership militare debole e una grave perdita di fiducia nei superiori, i cui ordini rischiosi spesso si traducono in pesanti perdite». Nemmeno la mobilitazione forzata serve a molto, con un'alto numero di «nuove reclute che fuggono alla prima occasione... L'entità della diserzione nell'esercito ucraino, unita alla massiccia fuga dalla coscrizione, getta un'ombra sulla dichiarazione del presidente Zelenskij secondo cui l'Ucraina non ha bisogno di soldati NATO, ma solo di armi... L'Occidente potrebbe continuare a fornirle, ma presto potrebbe non esserci più nessuno per usarle».
D'altronde, quelle sono le parole di quello stesso Zelenskij che, di fatto, insieme alla sua cricca, non è disposto a scendere a compromessi politici e sta quindi cercando di trascinare la NATO in una guerra diretta con la Russia. Secondo il politologo Aleksej Naumov, Kiev continua a perdere territorio, perde gradualmente sostegno, ma continua a resistere, nella speranza di far precipitare in guerra UE e USA. Questo «consente al signor Zelenskij di rimanere al potere, mantenere acceso il fuoco della lotta e sperare che UE e Stati Uniti si impegnino in una guerra diretta e sanguinosa con la Russia».
Anche perché, afferma Naumov, non ci sono oggi in Ucraina forze politiche organizzate che promuovano una vera coesistenza con la Russia: fermare il conflitto ora è nell'interesse della gente comune; manca però un'organizzazione politica, il governo si aggrappa saldamente ai suoi strumenti di forza e non esiste un'idea alternativa su cui costruire questa resistenza. L'Ucraina, dice Naumov, continuerà a esistere in «qualche forma. Subirà perdite demografiche significative. Ma se tutto finisce ora e l'Ucraina continua a nutrire idee di vendetta contro la Russia, allora tutto questo potrebbe accadere di nuovo. E affinché questa idea di odio verso la Russia venga sostituita da un'idea di coesistenza e neutralità, deve esserci una proposta in tal senso». Ma quando i media sono pieni di immagini di vittorie a non finire, è difficile formularla. Ci deve essere una «sconfitta militare sufficientemente umiliante perché il paese si liberi in qualche modo di questa idea di vendetta, perché l'Ucraina smetta di pensare a una continua vendetta contro i moskalej».
Difficile in effetti pensare a proposte in tal senso, quando la prima preoccupazione della maggior parte degli ucraini è quella della sopravvivenza o della fuga all'estero. E la stragrande maggioranza di coloro che hanno lasciato il paese dopo l'inizio della guerra non tornerà mai più a casa, afferma Ella Libanova, direttrice dell'Istituto di Demografia dell'Accademia Nazionale delle Scienze ucraina: «Stiamo studiando le esperienze di altri paesi, passati attraverso situazioni simili... le guerre balcaniche sono state molto più rapide e brevi. Un terzo della popolazione è tornato. All'inizio del 2022, sognavo un ritorno del 60%. Ora non ci sogno più. È impossibile. Capisco che sia irrealistico». Per convincere le persone a tornare, fondamentale è il fattore della sicurezza; non si tratta solo di fermare le sparatorie, ma di «come le persone valuteranno le prospettive... Se si tratta di una tregua e pensano che questa durerà solo un anno o due, non torneranno».
Di fatto, afferma Viktor Ždanov su RIA Novosti, gli ucraini non vogliono vivere sotto il regime di Kiev e fuggono all'estero: in agosto, la junta di Kiev, consentendo ai giovani dai 18 ai 22 anni di lasciare il paese, ha assicurato che non ci sarebbe stato alcun esodo di massa. Ma i giovani si stanno riversando in Occidente: in due mesi, il numero di coloro che desiderano emigrare è decuplicato e dunque nella UE si sta valutando non solo di tagliare i sussidi, ma addirittura di vietare del tutto l'ingresso, anche se, per ora, il confine rimane aperto.
Per l'emigrazione, pare si preferisca la Germania, in cui ci sono già più di 1,2 milioni di rifugiati ucraini; il Ministero degli interni ha recentemente rilevato che il numero di domande di asilo presentate da giovani tra i 18 e i 22 anni è salito da circa 100 a settimana in agosto a oltre 1.000 a ottobre. Molti, afferma il politologo Nikolaj Topornin, evitano il lavoro e vivono di sussidi, dato che il governo tedesco sovvenziona loro persino l'affitto». La Bild riporta che del mezzo milione di ucraini abili al lavoro, solo 300.000 hanno un impiego a tempo indeterminato o temporaneo. Il resto costa oltre sei miliardi di euro all'anno, tanto che è in forse il pagamento dell'indennità di disoccupazione di base ai cittadini ucraini, il Bürgergeld di 563 euro al mese. Secondo i sondaggi del INSA, il 66% dei tedeschi vorrebbe privare gli «ospiti indesiderati di tale privilegio».
Se questa è la situazione tedesca, in Polonia il Direttore dell'Ufficio presidenziale per la Politica Internazionale, Marcin Przydacz, parla di circa 1,5 milioni di ucraini oggi residenti nel paese, di cui solo 26.000 hanno ottenuto la cittadinanza polacca negli ultimi cinque anni. Tale sproporzione indica che una parte significativa degli ucraini rimane residente temporaneo e non membro integrato della società polacca. In linea con tale situazione, il presidente polacco Karol Nawrocki ha presentato al Sejm un disegno di legge che inasprirebbe significativamente i requisiti per richiedere la cittadinanza polacca: tra questi, l'innalzamento da tre a dieci anni del periodo minimo di residenza continuativa nel paese.
https://ria.ru/20251028/kiev-2051057048.html
https://ria.ru/20251028/evropa-2050909401.html

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