Aggressione al marito di Nancy Pelosi: tutti gli interrogativi ancora senza risposta

Aggressione al marito di Nancy Pelosi: tutti gli interrogativi ancora senza risposta

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L’aggressione del marito di Nancy Pelosi, Paul (qui sopra in foto insieme alla moglie) fortunatamente solo ferito, oltre che una brutta pagina di cronaca nera, rappresenta una brutta tegola per i repubblicani, dal momento che corrobora la narrativa che inquadra il trumpismo, ormai spina dorsale del partito, come un pericolo per la democrazia, mantra ripetuto a profusione dai media mainstream.

Di sciamani e QAnon

L’aggressore, infatti, ha tratti in comune con lo strano personaggio che diventò simbolo dell’assalto a Capitol Hill, lo sciamano cornuto che si fece immortalare sul seggio più alto della Camera, appannaggio della presidente Nancy Pelosi, la cui immagine fece il giro del mondo.

Infatti, David Depape, questo il nome dell’assalitore di Paul Pelosi, riassume in sé tutte le negatività attribuite dai media al movimento trumpiano: dall’antisemitismo al complottismo, declinato quest’ultimo contro il Russiagate, l’emergenza pandemica, la censura dei media, l’oscurità dello Stato profondo etc etc.

E, come il cornuto di cui sopra, la sua vis polemica si era abbeverata alle acque avvelenate dello strano movimento QAnon, che per gli avversari del trumpismo ha rappresentato una manna dal cielo, estremizzando fino al parossismo e alla perversione le idee circolanti tra i simpatizzanti dell’ex presidente.

Depape aveva anche un suo blog personale nel quale esponeva le sue teorie estreme, blog in cui gli investigatori hanno trovato materiale bastante per buttare le chiavi della cella in cui sarà ristretto.

Accessi facili

Restano le perplessità riguardo l’estrema facilità con cui il pazzo esaltato ha violato la casa della quarta carica istituzionale dell’Impero, che peraltro si trova nel Distretto della Columbia, l’area più vigilata degli Usa a motivo della tante sedi istituzionali che ospita (perplessità che non sono solo nostre, vedi Dagospia).

La spiegazione ufficiale, che la sicurezza segue e protegge la sola Nancy, risulta alquanto monca: possibile che l’Fbi non monitori un obiettivo tanto sensibile, che potrebbe essere oggetto di attentato o di intrusione a scopo spionistico? Le bombe e le microspie, infatti, come sanno bene quelli del Bureau, si piazzano in assenza.

Anche la dinamica dell’aggressione risulta alquanto bizzarra. Penetrato nella casa da un’ingresso posteriore, Depape avrebbe urlato: “Dov’è Nancy?”, riecheggiando, in una chiave di politica interna, l'”Allah Akbar” dei kamikaze di matrice islamista.

Poco si sa di quanto avvenuto in seguito, se non che il marito della Pelosi ha chiamato il numero delle emergenze lanciando l’allarme sull’intrusione, ma in maniera criptica; un codice però compreso dagli interlocutori che sono intervenuti con la dovuta urgenza, intuendo che non era una richiesta di aiuto come altre (in realtà, trattandosi del marito della speaker, l’urgenza avrebbe dovuto scattare egualmente, ma forse si tratta di un’aggiunta di colore).

Giunti alla casa violata, la polizia ha fatto irruzione e, come recitano le ricostruzioni, ha trovato il marito della Pelosi e l’aggressore alle prese con un martello, quindi, davanti agli agenti, il folle ha avuto la meglio sulla vittima, strappando l’oggetto contundente dalle mani dell’altro e colpendolo più volte, alle braccia e alla testa.

Ci si chiede chi abbiano mandato a fare le verifiche del caso, anche in considerazione del fatto che si trattava di un obiettivo tanto sensibile. La sicurezza americana ha fama di una certa efficienza, ma nel caso specifico sembra che sia rimasta ipnotizzata, lasciando che l’aggressore non solo strappasse dalle mani dell’altro il martello, ma che lo colpisse più e più volte.

Dov’è Nancy?

Della ricostruzione, infine, resta da capire da dove i giornali abbiano tratto l’informazione (si parla di un “anonimo”) sul fatto che l’assalitore abbia gridato “Dov’è Nancy”, dal momento che nel rapporto della polizia non si dice nulla di questo particolare.

Dai resoconti, infatti, non sembra che gli agenti abbiano interloquito con i due, peraltro sarebbe stato bizzarro avendoli trovati alle prese col martello. E sembra alquanto difficile che il marito della speaker abbia potuto raccontare qualcosa dopo l’accaduto, avendo riportato una “frattura al cranio”.

Resta la stranezza dell’aggressione, con il matto che ha evitato di infierire sulla vittima prima che chiamasse la polizia e lo ha assalito solo dopo il suo arrivo. Ma indagando sulla follia si rischia di finire in vicoli ciechi.

Sfortunata la Pelosi, che sembra catalizzatrice di disavventure familiari. Per rifarci al cornuto dell’assalto a Capitol Hill, tornano alla memoria le polemiche suscitate dal fatto che il genero della speaker fosse stato immortalato in mezzo ai manifestanti che gremivano il prato adiacente la sede istituzionale. E proprio accanto allo strano sciamano che poco dopo si sarebbe seduto sul suo nobile scranno.

L’aggressione subita dal povero Paul surriscalda il clima già rovente di questa campagna per le elezioni di midterm ormai vicine. Clima che diventerà  ancor più incendiato se, come sembra, Trump verrà incriminato per violazione della legge sulla Sicurezza nazionale, passo che appare prossimo se si sta a quanto riferisce il Washington Post. Vedremo.

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