Agli Stati Uniti, invadere il Venezuela costerebbe caro

Intervista a Blanca Eekhout, presidenta dell'Istituto Simón Bolívar

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Agli Stati Uniti, invadere il Venezuela costerebbe caro

Blanca Rosa Eekhout, figura storica della rivoluzione bolivariana, ha ricoperto diversi incarichi di governo, tra cui quello di ministra della Comunicazione e dell'Informazione, della Donna e dell'uguaglianza di genere, e delle Comunità. Attualmente, presiede la Commissione permanente per lo sviluppo delle Comunas dell'Assemblea Nazionale e la Commissione speciale per la trasformazione delle leggi del potere popolare. È anche presidenta dell'Istituto Simón Bolívar.

Con Blanca, gradita ospite del nostro programma settimanale, Abre Brecha Venezuela, abbiamo parlato delle minacce che incombono sul suo paese e dell'importante attività internazionalista che organizza l’Istituto Simón Bolívar.

 

di Carlos Aznárez e Geraldina Colotti

 

Crede sia possibile che Trump attacchi militarmente il Venezuela? Il piano degli Stati Uniti contro l’indipendenza latinoamericana viene da lontano. Pensiamo a Monroe, ma anche a Jefferson e Adams, a tutti i padri fondatori di quella nascente repubblica del nord che aveva già ambizioni imperiali.

Il piano degli Stati uniti contro l'America Latina non è un'idea recente, ma una strategia storica e sistematica. Già i padri fondatori di quella nascente repubblica nel nord consideravano le nazioni del sud come "frutti maturi" che sarebbero caduti nelle loro mani. A causa della forza degli eserciti liberatori di Bolívar, non sono riusciti a occupare militarmente la regione, ma hanno perseguito i loro obiettivi attraverso l'ingerenza, il tradimento e la corruzione. È quanto accaduto con Santander, che ha impedito la realizzazione del sogno di integrazione di Bolívar.

Questo disegno si è manifestato con il Piano Condor, l'invasione di Panama e le aggressioni contro paesi come il Nicaragua e El Salvador. In Venezuela, la lotta per la sovranità è stata costante. Con l'arrivo della Rivoluzione Bolivariana, il piano di dominazione si è intensificato con il colpo di Stato del 2002, il sequestro del comandante Chávez e i tentativi di magnicidio che sono venuti dopo.

Un momento cruciale è stata la scomparsa fisica di Chávez, causata da una malattia inoculata per un atto di magnicidio. I nemici hanno creduto che sarebbe stata la fine, ma si sono sbagliati. La rivoluzione non è un caudillo, ma la storia del Venezuela in cammino.

L'aggressione statunitense è motivata dalla necessità di controllare le nostre risorse strategiche. Il loro piano era l'Alca, l’Accordo di libero commercio per le Americhe, che avrebbe sciolto gli eserciti nazionali per crearne uno solo sotto il loro controllo, garantendogli il dominio sul commercio e sulle rotte energetiche globali. Quando il comandante Chávez si oppose a quel piano nel vertice del 2000, riuscì a farlo retrocedere. Tuttavia, la loro offensiva attuale dimostra che l'obiettivo rimane lo stesso: non solo contro il Venezuela, ma contro tutta l'America Latina, e in particolare contro le più grandi riserve di petrolio del mondo e la posizione strategica del nostro paese.

Nonostante la minaccia, il costo di un'invasione militare sarebbe immenso per loro. Il popolo latinoamericano, forte della propria moralità e delle proprie ragioni, si unirebbe per difendere la propria sovranità. La brutalità e il razzismo contro i migranti dimostrano che l'obiettivo è la criminalizzazione dell'esistenza e dell’identità latinoamericana, ma questo sta risvegliando i nostri popoli, spingendoli verso un'unità che non si vedeva da secoli.

Il presidente Maduro ha reso nuovamente omaggio ad Haiti per il suo contributo fondamentale all'indipendenza del Venezuela. Nell'ultimo incontro internazionale "Per l'equilibrio dell’universo", organizzato dall'Istituto Simón Bolívar, abbiamo visto un'importante presenza di marxisti africani. A 100 anni dalla nascita di Franz Fanon, Malcolm X e Patrice Lumumba, il cui nipote viene spesso in Venezuela, un nuovo "cimarronaje" – una nuova ribellione dalla schiavitù del neocolonialismo - sta nascendo in Africa per difendere la rivoluzione bolivariana?

R: Il “cimarronaje” non sta per nascere, perché è sempre stato vivo. L'indipendenza stessa è stata raggiunta grazie a questo spirito di resistenza. Il processo della Rivoluzione Bolivariana si basa proprio sulla condizione di un popolo irriverente, “cimarrone” e libertario, che ha spezzato le catene della schiavitù per costruire le comunità di schiavi liberi. La connessione con l'Africa è fondamentale e assolutamente invincibile. Ricordo di aver accompagnato il comandante Chávez nel 2009 al vertice ASA (Sud America - Africa), dove per la prima volta questi due continenti si sono uniti di nuovo. Chávez sottolineò l'ironia che non ci fossero rotte aeree dirette, costringendoci a viaggiare a nord per poterci incontrare.

L'unione di questi continenti, il "sud globale", è una forza gigantesca per tutta l'umanità. Per noi, il “cimarronaje” non è solo un'esperienza storica, ma è parte della nostra identità. Siamo un popolo con profonde radici indigene e africane. Coloro che sono stati schiavizzati non accetteranno mai più la schiavitù. Lottare contro il razzismo e il colonialismo fa parte della nostra identità. La costruzione di un mondo di uguali non è un progetto futuro, ma una realtà viva.

La solidarietà del Venezuela con la Palestina, come quella di Cuba, è sempre stata attiva. Ciò premesso, come vedi l'insolito avanzamento, almeno per questo secolo, del sionismo in America Latina?

Il sionismo è penetrato in America Latina in modo ipocrita e sottile, usando il cristianesimo. False chiese, che non hanno nulla a che vedere con il Cristo socialista dei poveri, sono legate a un intero movimento sionista. Questo piano, che nasconde una strategia di guerra e violenza, è penetrato in settori importanti attraverso la manipolazione della religione.

È estremamente delicato che tocchino le basi del popolo, seminando divisione e odio sotto la maschera della fede. Nel caso del Venezuela, il blocco e le misure coercitive hanno aperto delle "fenditure" che vengono sfruttate da ONG, gruppi paramilitari e anche da queste chiese, che offrono una falsa speranza. Si tratta di una guerra culturale e psicologica.

Il sionismo è una forma di fascismo, uno strumento dell'imperialismo per ottenere la dominazione. La sfida è che i nostri popoli acquisiscano una coscienza critica e una spiritualità legata alla vita e non alla morte, all'amore e non all'odio. La sinistra ha il compito, in sospeso e molto importante, di connettersi con la spiritualità del suo popolo, affinché la religione non venga usata come una forma di dominio e di divisione.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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