Caro Roberto Saviano, sulla Libia ti manca solo un piccolo passo...

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Caro Roberto Saviano, sulla Libia ti manca solo un piccolo passo...


Il 9 gennaio scorso è apparsa sulle pagine del quotidiano “La Stampa” un’intervista a Roberto Saviano nella quale lo scrittore risponde a diverse domande sui fatti che stanno accadendo in Iran e sulle cui risposte non vogliamo qui commentare.

Tuttavia tra le varie domande ne spunta una sulla Libia e la risposta di Saviano questa volta ci piace abbastanza, anche se manca dell’ultimo passaggio.

Ecco quanto dichiarato: “La Libia è uno Stato fallito. L’Italia sostiene il finanziamento formale della Guardia Costiera libica per la gestione dei migranti. In realtà sono dazi per le milizie, per tutelare gli interessi energetici in Libia. Si forniscono motovedette, divise e soldi per formare personale, ma sono tutte tangenti dei governi per ottenere il petrolio libico”.

Cosa ci piace di questa risposta è del tutto evidente. Il senso di queste parole richiamano la tesi “schiavi in cambio di petrolio”, sottotitolo del libro “L’Urlo”, tesi presente anche all’interno del film.

Più che una tesi, in realtà, ormai si dovrebbe parlare di fatto provato, così come documentato all’interno del libro.

E dunque, Saviano la pensa come noi?

Non è un mistero, Roberto Saviano segue e cita il mio lavoro da diverso tempo (una sua citazione  del mio lavoro in prima pagina del Corriere della sera è riportata in quarta di copertina del libro “L’Urlo”).

Evidentemente le prove che la mia ricerca mette a disposizione gli paiono convincenti.

E questo ci fa piacere.

Però manca un passo.

Un passo al di là dell’ideologia. 

Se i soldi inviati a Tripoli non servono per fermare i migranti ma per garantire gli interessi energetici dell’Italia (chiamiamoli così), allora perché i Libici fermano i migranti in mare e li riportano in Libia? Per fare un favore spassionato a noi Italiani?

Saviano dice che che l’Italia fornisce motovedette, divise e soldi per formare personale. Ma, precisamente, perché i Libici dovrebbero rallegrarsi di tutto questo se a parte i mezzi, i soldi inviati dal governo italiano sono per il petrolio?

Per farla semplice: l’Italia manda a Tripoli soldi per il petrolio e le milizie di Tripoli ci mandano il petrolio. Lo scambio è finito.

Perché i Libici di Tripoli dovrebbero impegnarsi nell’intercettare i migranti in mare? Chi paga i salari di questi straordinari?

Saviano qui non lo dice.

Lo dice “L’Urlo”.

I salari della Guardia Costiera di Tripoli sono pagati con i soldi estorti sulla pelle dei migranti, una volta ricondotti a terra e sottoposti a tortura.

Dunque le milizie fermano i migrati perché dà un vantaggio a loro, prima che a noi.

Perché quei migranti devono rimanere in buona parte in Libia ed essere spremuti impunemente dalle milizie attraverso schiavitù ed estorsioni.

C’è un intero popolo di Africani in trappola in Tripolitania da anni (700 mila), solo 30mila di loro hanno raggiunto l’Italia nel 2022 (gli altri 70mila sbarcati in Italia provenivano da Tunisia, Egitto ed altri Paesi).

Quindi?

Quindi bisogna fare un passo ulteriore quando si parla di Libia, quello che Saviano nelle sue parole ancora non fa.

Bisogna dire le cose come stanno: la Libia non è uno Stato fallito. E’ uno Stato diviso, dove il 20% (Tripoli e dintorni) è occupato da milizie da noi finanziate per il saccheggio del petrolio, in una classica occupazione coloniale sostenuta da Europa, Turchia e Stati Uniti. Sono queste stesse milizie poi le responsabili del traffico di esseri umani. 

E poi c’è il restante 80% di Paese ormai libero, pacificato da anni, dove è già tornato di fatto lo stato di diritto, dove non ci sono centri di detenzione e schiavitù, dove si aspetta solo nuove elezioni per spazzare via il governo usurpatore di Tripoli, elezioni che siamo noi a non voler concedere per non permettere a Saif Gheddafi di diventare presidente della Libia.

Anche per questi motivi, il finanziamento dell’Italia non è per la Guardia Costiera libica, è solo per quella di Tripoli, ossia per le milizie che spadroneggiano da quelle parti come se fossero le squadracce di una qualsiasi giunta militare coloniale.

Ancora un piccolo passo, caro Roberto, al di là dell’ideologia, al di là dell’incrollabile fede nella Nato e nei diritti a doppio standard. 

Ancora un piccolo passo e poi ti posso annoverare tra i miei più calorosi sostenitori.


PER APPRONDIRE:

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Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Il suo film “L'Urlo" è stato oggetto di una censura senza precedenti in Italia.

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