Confermate accuse di Russia e Siria. Nel 2017, gli USA rischiarono di uccidere migliaia di civili
Ieri, in un articolo del New York Times (NYT), è stato rivelato che, nel 2017, dall'arsenale della US Air Force un bombardiere B-52 sganciò alcune delle armi più pesanti e micidiali, tra cui almeno una bomba BLU-109 per distruggere bunker fortificati, contro la diga dell'Eufrate, un'infrastruttura strategica nel nord est della Siria, nella provincia Raqqa, nonostante fosse inserito nella lista degli obiettivi da non attaccare.
Questa bomba è passata attraverso cinque piani in una delle torri della diga, ma non è immediatamente esplosa o distrutta. Tuttavia, i danni alla sua attrezzatura hanno lasciato la diga non operativa e a rischio di tracimazione.
Se la struttura in terra e cemento, colpita dalle bombe, fosse ceduta, decine di migliaia di persone che vivevano in una valle sottostante sarebbero probabilmente morte.
In precedenza, Washington aveva negato la responsabilità e il compimento dell'attacco, mentre Russia e Siria avevano già puntato il dito contro la sedicente coalizione anti-ISIS, guidata da Washington.
Oggi, il comando centrale degli Stati Uniti pur riconoscendo di aver sganciato tre bombe da 2.000 libbre, ha precisato che stavano prendendo di mira le torri, non la diga stessa.
Gli Stati Uniti sono accusati diverse volte di aver colpito le infrastrutture strategiche in Siria. Nel febbraio 2017, aerei statunitensi bombardarono il ponte Meqle, situato nella città di Maadan, 60 km a est di Raqqa. A seguito di questo attacco, il ponte che collegava le due sponde del fiume Eufrate cessò di essere attivo.
Gli Stati Uniti mantengono truppe in Siria contro la volontà di governo guidato da Bashar al Assad, in gran parte nei giacimenti petroliferi delle aree orientali, rubando ogni giorno migliaia di barili di petrolio che vengono spediti nelle loro basi in Iraq.