Da Di Vittorio a Landini. Da "difendiamo il pane degli italiani" a difendiamo l'Europa: l'evoluzione del Primo Maggio della Cgil

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IL BELLISSIMO DISCORSO DI LANDINI ALLA MANIFESTAZIONE DEL PRIMO MAGGIO


«Noi abbiamo in Italia dei grandi bisogni che noi italiani sentiamo e che non possono sentire i capitalisti stranieri, i quali vanno naturalmente, come è nella legge stessa del sistema, a caccia dei più alti e dei più facili profitti possibili senza interessarsi dell’Italia. Noi siamo il paese che in Europa ha più di sette milioni di disoccupati permanenti e milioni di disoccupati parziali; abbiamo vaste zone, non soltanto nel Mezzogiorno, ma anche nel nord, che sono economicamente arretrate.

Noi non abbiamo che un solo mezzo per uscire da questa situazione, per dare un colpo alla disoccupazione: dobbiamo sviluppare noi, con i nostri mezzi, in Italia, una politica di piena occupazione, di utilizzazione di tutte le possibilità di lavoro che esistono e che non sono ancora utilizzate.

Ci si ribatte che abbiamo bisogno dell'Europa per svilupparci. Ma, signori, dato che tutte le decisioni importanti non dpendono da noi, ma da istituzioni sovranazionali sganciate da qualunque meccanismo democratico e che rispondono a interessi in contrasto con quelli italiani, perché dobbiamo illuderci che l'Europa ci permetterà di rilanciare la produzione e l'occupazione nel nostro paese?

Volete che il nostro paese dipenda dalla generosità, dalla comprensione, dalla solidarietà di stranieri, rinunciando invece ad usare tutti quegli strumenti - la sovranità monetaria, la politica industriale, la politica del cambio, ecc. - di cui si è spogliata senza nessuna contropartita?

E qui troviamo l'aspetto più assurdo e, se permettete, più immorale degli afflati europeisti che si sentono in giro: essi difendono il concetto della rinuncia ad una parte della sovranità nazionale per concorrere con altri paesi a realizzare la pace, la concordia e tante altre cose molto belle e molto elevate.

Ma l'Unione europea non ha nulla che vedere con tutto ciò: qui non si tratta di una lega di nazioni che assuma la tutela o la difesa di interessi pubblici di carattere collettivo di queste nazioni. No: l’assurdo e l’immoralità di questo trattato sta nel fatto che si è realizzata una coalizione di Stati, di governi, per garantire, per cristallizzare, per proteggere gli interessi privati delle grande industrie e della grande finanza privata.

Ci si ribatte allora che l'Unione europea ci offre una grande area di libero scambio e quindi grandi possibilità di sviluppo. Noi non ci crediamo, e non crediamo nemmeno alla liberalizzazione in senso assoluto come fattore di progresso. Il grosso dell'industria italiana, che ha rappresentato il motore dello sviluppo del nostro paese nel dopoguerra, è stata creato dall’Italia, e più specificatamente dallo Stato italiano, non dai privati e men che meno dagli stranieri.

Questa industria è stata costruita con i sacrifici del popolo italiano, solo per essere sacrificata sull'altare dell'unificazione europea e messa nelle mani di interessi privati e stranieri che non hanno alcun interesse allo sviluppo dell'Italia.

Oggi come ieri, dunque, l’interesse della nazione esige che lo Stato italiano si riservi l’autonomia, la possibilità, la libertà di ricorrere a tutti gli strumenti economici necessari per rilanciare l'economia italiana, anche con misure protettive, affinché l'economia torni a servire l'interesse e i bisogni del paese, e non l'interesse e i bisogni dei capitalisti stranieri».
 

[Ah no scusate questo è un discorso pronunciato da Giuseppe Di Vittorio, primo segretario della CGIL, alla Camera dei Deputati nel 1952, con qualche piccolo aggiornamento da parte mia; Landini ha dedicato il primo maggio all'Europa].

da un post Facebook di Thomas Fazi

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