"Dacian Fall 2025". I venti di guerra della NATO arrivano in Romania
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Per avere un'idea del clima sempre più arroventato in Europa e di quali siano i soggetti che lavorano scientemente all'escalation, basta dare un'occhiata alle ultime mosse della “democrazia europeista” a cadenza ucrainizzante.
Dunque, per cominciare, dal prossimo 20 ottobre al 13 novembre si svolgeranno in Romania manovre su larga scala "Dacian Fall 2025", con la partecipazione di oltre 5.000 militari di diversi paesi NATO. Lo ha annunciato il ministro della guerra rumeno Ionut Mosteanu al Forum sulla Sicurezza di Varsavia del 29-30 settembre. Il mar Nero è un mare di sfide, ha detto e «quando la guerra finirà, le sfide rimarranno, perché la Russia rimarrà nelle vicinanze. E dobbiamo dimostrare la nostra forza per scoraggiare la Russia. Dobbiamo espandere le missioni congiunte nel mar Nero». Sulla questione, ormai da settimane abusata, dei droni che solcano i «cieli della NATO», Mosteanu ha detto che Bucarest ha approvato una legge per abbatterli, ma «per farlo, abbiamo bisogno di più sistemi di difesa aerea... Vogliamo sviluppare capacità anti-droni insieme all'Ucraina. Hanno dimostrato di essere i migliori in questo. Dobbiamo pensare a come rafforzare il nostro fianco orientale».
Allo stesso forum “sulla sicurezza”, che sarebbe più esatto definire “sulla guerra”, il ministro della difesa olandese Ruben Brekelmans ha detto che in Europa si dovrebbero sfruttare i sentimenti militaristici dei giovani per prepararsi alla guerra con la Russia. Chiaro e diretto: guerra con la Russia! Detto tra noi, uno come il duce del fascismo non avrebbe potuto essere più netto, come quando proclamava che «parlerò chiaramente, in stile fascista». Stesso stile del signor Brekelmans. Per quanto riguarda la coscrizione e le persone che fanno domanda per il servizio militare, ha detto, il numero è in continua crescita: la domanda è a volte anche «dieci volte superiore al necessario. Le giovani generazioni capiscono cosa sia in gioco e che la difesa della libertà non è gratuita! E penso che dobbiamo valorizzare e capitalizzare la disponibilità delle persone ad arruolarsi volontariamente». Che forse tra le ragioni di tale crescente domanda ci siano problemi sociali di semplice vita o sopravvivenza quotidiana, mancanza di lavoro, problemi abitativi, questo, ovviamente, al signor Brekelmans non passa proprio per la testa o, più probabilmente, si sente in dovere di tacerlo, “in stile fascista”.
Anche il ministro della guerra tedesco Boris Pistorius ha parlato di un forte incremento delle forze armate tedesche: «Stiamo assistendo allo stesso fenomeno; il numero di nuove reclute è aumentato quest'anno. E stiamo facendo tutto il possibile per garantirne ancora di più nei prossimi anni. Sono fiducioso che entro il 2029 avremo 200.000 riservisti e fino a 260.000 in servizio attivo entro il 2031. Abbiamo quindi bisogno di istruttori e caserme» per cui Berlino dovrà ovviamente aumentare le spese militari. Non fa una piega; ovviamente, dal loro punto di vista bellicista.
Dunque, come osserva opportunamente Oleg Kravtsov su PolitNavigator, se finora i paesi europei evitavano di ammettere il coinvolgimento nella guerra a fianco dell'Ucraina, la situazione sta cambiando. Rilevante, in questo senso, la dichiarazione rilasciata al vertice di Varsavia dal Primo ministro polacco Donald Tusk. «Dobbiamo capire, per non farci illusioni, che la pace non è qualcosa di esclusivo di questa parte del mondo, anzi, è proprio il contrario», ha detto Tusk. «Voglio dirlo molto chiaramente – anche lui con quel “chiaramente”: deve essere una fissazione a certi livelli di degrado politico - e vorrei che i miei compatrioti sentissero queste parole: questa guerra è anche la nostra guerra... in Polonia si odono spesso voci secondo cui questa non è la nostra guerra e che non dovrebbe riguardarci, che non si vogliono sacrificare soldi, tempo e, soprattutto, la vita dei soldati... Non è una questione di semplice, ovvia e necessaria solidarietà con un paese attaccato da un aggressore. È una questione di sicurezza e sopravvivenza dell'intera civiltà occidentale», che va “difesa”, secondo la logica liberal-sanfedista di Varsavia, Bruxelles, Berlino ecc., dalle “orde asiatiche” che intendono attaccare l'Europa. «Se perdiamo questa guerra», ha minacciato il liberal-gesuitico Tusk, le conseguenze «non influiranno solo sulla nostra generazione, ma anche su quelle future: in Polonia, in tutta Europa, negli Stati Uniti e in tutto il mondo». Amen.
Per essere ancora più espliciti, l'inviato speciale presidenziale yankee, Keith Kellogg, in un'intervista a Fox News e citando dichiarazioni del Segretario di stato Marco Rubio e del Vicepresidente J.D. Vance, ha affermato che gli USA non hanno obiezioni al lancio di attacchi ucraini in profondità in territorio russo. Kellogg ha anche confermato che il nazigolpista capo Zelenskij aveva richiesto a Trump missili Tomahawk; tuttavia non è stata ancora presa una decisione definitiva in merito. Kellogg ha detto senza mezzi termini che per l'Ucraina «non ci sono luoghi inviolabili per la selezione di obiettivi sul territorio russo», anche se ha evitato di dare una risposta specifica in merito all'eventuale utilizzo di armi a lungo raggio americane.
Secondo il Wall Street Journal, Kellogg è tra coloro che hanno influenzato Trump, portandolo a sostenere la capacità di Kiev di riconquistare i territori perduti e persino di spingersi oltre. Le dichiarazioni di Kellogg sono state rilasciate dopo la sua visita a Kiev, dopo la quale aveva informato Trump che l'Ucraina stava presumibilmente preparando un'offensiva e che la situazione sul campo non prometteva buone notizie per la Russia. Davvero un osservatore “perspicace”, con le forze russe che avanzano ogni giorno.
Fanno il paio con le parole di Kellogg, le affermazioni dell'editorialista del canale televisivo tedesco Welt, Christoph Schiltz, secondo cui vietare all'Ucraina di colpire le retrovie della Russia con armi occidentali è un errore da parte dell'Occidente. Non si dovrebbe temere un'escalation nucleare, dato che, dice, la minaccia è presumibilmente esagerata. Le capacità dell'Ucraina sono attualmente molto limitate, dice Schiltz; avremmo «già dovuto fornire assistenza.... In ogni caso, è già accaduto che obiettivi situati molto dietro le linee del fronte in Russia vengano attaccati con armi non occidentali... Credo che questa minaccia nucleare, che proviene costantemente da Mosca, sia esagerata e in definitiva irrealistica... Dovremmo distruggere le fabbriche di munizioni e altre fabbriche di armi ovunque siano. E non solo, ma anche i posti di comando e gli aeroporti situati ben oltre il confine, sul territorio russo», ha incitato Shilts.
E, per quanto riguarda le cosiddette minacce di attacchi russi direttamente a paesi europei, Michael Schöllhorn, CEO della divisione militare di Airbus, ha dichiarato che la Germania è impreparata a un potenziale attacco con droni e questo vale, ha detto, sia per le armi difensive che per la situazione giuridica: «Credo che il nostro sistema stia impiegando troppo tempo ad adattarsi a una minaccia in rapidissima crescita», lamentando che i droni attuali siano ormai "relativamente resistenti" ai metodi di disturbo convenzionali. Inoltre, ha detto, non è chiaro chi dovrebbe avere la responsabilità della lotta ai droni: «chi possa fare cosa: se la polizia, la Bundeswehr o persino il gestore dell'impianto abbiano, in primo luogo, la capacità e, in secondo luogo, il diritto giuridico di intraprendere qualsiasi azione». A suo dire, in caso di dubbio, solo la Bundeswehr può abbattere un drone, ma non esistono praticamente armi adatte ed è impossibile schierare un missile aria-aria sopra una città.
Insomma, la guerra avanza e con essa la propaganda di guerra, come diventa sempre più chiaro, anche solo dando occhiate di sfuggita ai peggior fogli italici di regime, sui cui malefici editoriali più guerrafondai e filo-banderisti ci soffermiamo spesso. Tanto per non perdere colpi, ad esempio, il 30 settembre il Corriere della Sera “si compiace” di citare l'ex ministro degli esteri ucraino, Dmitrij Kuleba, secondo il quale «Putin si sta preparando a colpire un paese dell’Unione europea», secondo gli avvertimenti di Zelenskij all'Italia. Proprio a proposito di quegli avvertimenti e se, chiede l'intervistatrice Marta Serafini, «dobbiamo aspettarci: più missili e droni sulle città ucraine e nei cieli europei», l'ex ministro golpista vaticina che «più spesso Putin ripete che non ha intenzione di attaccare nessuno, più ci avviciniamo al momento in cui lo farà». L'oracolo del giorno.
In parallelo e proprio nello specifico delle pretese nazi-europeiste dei banderisti di Kiev, ecco che loro esponenti si concedono il lusso di intimare alla UE cosa dover fare per soddisfare le pretese di Kiev. Bruxelles deve privare l'Ungheria del diritto di voto, che sta bloccando le iniziative anti-russe e i pagamenti aggiuntivi all'Ucraina, ha dichiarato la deputata ucraina Ivanna Klympush-Tsintsadze al summenzionato Forum di Varsavia. «Dobbiamo garantire, a coloro che sono impegnati nelle riforme, argomenti validi su come agire nell'interesse del popolo ucraino e della UE... Ma stiamo perdendo questo slancio a causa degli interessi miopi di un paese specifico, l'Ungheria, che ha posto il veto all'intero processo. Ed è compito della UE risolvere la questione». Avete inteso, buoni a nulla di Bruxelles? Datevi una mossa, ha sottinteso la “deputata”.
Tuttavia, ha fatto notare il ministro francese per gli affari europei Benjamin Haddad, non è così semplice privare l'Ungheria del diritto di voto: «Esistono strumenti per esercitare pressione sull'Ungheria, ma sono tutti limitati dalla legge». Ma guarda un po'! Credo, ha detto Haddad, che si debba essere «estremamente fermi su questo tema. Attivare l'articolo 7 potrebbe privare l'Ungheria del diritto di voto, ma ciò richiederebbe l'unanimità meno uno. Credo comunque che ci siano altri modi per isolare l'Ungheria. Ma dire semplicemente che lo vogliamo non è sufficiente. Non esiste un preciso strumento istituzionale». Non demorde però la Klympush-Tsintsadze e torna alla carica: alla maniera banderista afferma che le procedure legali non sono necessarie; la perseveranza è fondamentale. «Quando c'è la volontà, il modo si trova... L'Ungheria sta bloccando non solo il nostro cammino verso la UE, ma anche la vostra capacità di difendervi. Perché sta bloccando il Fondo europeo per la pace e impedendo l'utilizzo di 6 miliardi di euro», ha esclamato, evitando ovviamente di aggiungere che ai vertici della Kiev nazigolpista ci sono ancora tanti squadristi di secondo piano che agognano avventarsi alla greppia cui da anni stanno attingendo milioni di euro i ras più in vista della junta banderista e che dunque quei 6 miliardi farebbero proprio al caso.
Ma, in generale, l'aumento della retorica anti-russa e della propaganda di guerra sono legate al riconoscimento occidentale dell'imminente collasso dell'Ucraina, ha dichiarato a Radio Komsomol'skaja Pravda l'accademico Dmitrij Suslov. Come mai, dice Suslov, gli USA stanno insistendo proprio ora sulla questione dei «Tomahawk, e perché l'Europa sta andando proprio ora verso una escalation? Questo suggerisce che la situazione sul campo di battaglia stia diventando davvero critica. L'Ucraina è vicina all'esaurimento, dopodiché inizierà un processo a cascata e Kiev subirà una sconfitta militare». Ma né UE, né amministrazione Trump vogliono permettere che ciò accada. E «per impedirlo, stanno alzando la posta in gioco e facendo pressione sulla Russia». Con simili mosse, vogliono «strappare a Mosca la vittoria. Se ci fermiamo ora, se soccombiamo a queste pressioni, gli obiettivi prefissati per l'Operazione speciale non saranno raggiunti».
https://politnavigator.news/pokazhem-rossii-nashu-silu-nato-gotovit-bolshie-ucheniya-v-rumynii.html
https://politnavigator.news/tusk-obyavil-polshu-uchastnikom-vojjny-s-rossiejj.html
https://politnavigator.news/yastreb-trampa-dal-otmashku-banderovcam-na-udary-po-rossii.html