Dalla difesa al contrattacco: Israele nella morsa iraniana
Dopo il proditorio attacco israeliano ai danni della Repubblica Islamica dell’Iran, Teheran ha risposto con un’operazione che ha cambiato radicalmente le dinamiche regionali. Con oltre 400 missili e 600 droni lanciati contro obiettivi militari e strategici nei territori occupati, l’Iran ha mostrato solo una frazione della sua reale potenza, colpendo con precisione e devastazione.
Secondo Mohsen Rezaei, membro del Consiglio per il Discernimento dell’Iran, l’attacco ha causato 50 morti e oltre 2.000 feriti. Ma il dato più sconvolgente riguarda la tecnologia militare: i missili iraniani sono riusciti a penetrare anche le strutture fortificate con quattro strati di cemento armato, mettendo a nudo la fragilità del tanto osannato Iron Dome e delle difese multilivello israeliane.
Rezaei ha dichiarato che Teheran ha impiegato meno del 30% della propria capacità effettiva e meno del 5% del potenziale latente. Nessun utilizzo, per ora, delle forze navali e terrestri o del peso strategico nello Stretto di Hormuz. È un chiaro messaggio: la vera forza iraniana è ancora tutta da mostrare. Israele, che sperava di indebolire Teheran colpendo i suoi comandanti, si ritrova ora in una crisi militare e politica profonda, costretta sulla difensiva e impreparata a gestire una risposta tanto articolata quanto devastante.
L’operazione iraniana, denominata “True Promise III”, segna un punto di svolta nella guerra a distanza tra Iran e Israele, evidenziando l’inefficacia delle strategie israeliane e la crescente influenza iraniana nel nuovo equilibrio multipolare del Medio Oriente. E la risposta di Teheran, avverte Rezaei, non è ancora finita.
Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati