"Effetti collaterali" del Covid: dalla Sardegna due storie sconvolgenti in poche ore
24786
Dalla Sardegna due storie sconvolgenti in poche ore.
Sassari, una donna incinta si presenta al pronto soccorso ginecologico con perdite e forte mal di pancia. È vaccinata con doppia dose e in attesa della terza, ma senza tampone. Non la fanno entrare. Devono farle un molecolare ma non subito, prima del giorno successivo non si può. E così la rimandano a casa, praticamente in vigile attesa. Nemmeno il tempo di arrivare al parcheggio e la perdita diventa copiosa: aborto spontaneo. Magari sarebbe successo lo stesso, ma dov’è il servizio sanitario? Dove stracazzo è il diritto a essere prontamente assistiti e curati?
Olbia, una donna con un grave tumore deve imbarcarsi per “il continente” direzione ospedale Gemelli di Roma, dove dev’essere sottoposta a un urgente intervento chirurgico. È vaccinata con una dose quindi senza super greenpass. Non la fanno partire. Resta al porto.
I sardi quindi - esattamente come i siciliani e tutti gli altri isolani - sono stati condannati al sequestro permanente. A un confino che gli altri italiani, grazie al cielo, riescono ancora a eludere e mitigare per ragioni meramente geografiche. Vi sembra normale tutto questo?
Vi sembra moralmente ed eticamente accettabile?
Si fosse trattato di qualche migrante sulle coste del maghreb si sarebbe mobilitato un intero esercito di Mimmi Lucani, per chiedere a
qualche ong di disobbedire a una legge ingiusta in nome dei tanto sbandierati “diritti umani”. Ma in questo caso no. In tempo di pandemia le capitane coraggiose con le treccine si sono date alla macchia, tornando nelle loro borghesi e lussuose dimore. E diventa possibile tollerare che anche i più elementari e inalienabili diritti vengano impunemente conculcati, sentendosi, per giunta, dalla parte dei buoni. Ma potete raccontarlo a voi stessi e ai vostri amici da che parte credete di essere voi che appoggiate questo psicotico regime di brutale segregazione legalizzata. Per quanto riguarda me, mi fate semplicemente schifo.