Fulvio Grimaldi - Usa, Venezuela, Palestina. JOKER IN AZIONE

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Fulvio Grimaldi - Usa, Venezuela,  Palestina. JOKER IN AZIONE

 

di Fulvio Grimaldi per l'AntiDiplomatico

Basato sulla figura del pagliaccio malefico, Joker è uno dei supercriminali più famosi della storia dei fumetti, nonché la nemesi del Cavaliere Oscuro[5]. Presentato come uno psicopatico con un senso dell'umorismo contorto e sadico. Così la presentazione del personaggio su Wikipedia. E’ la personificazione di Donald Trump.

Da ragazzini uscivamo dai film di grandi personaggi positivi, di eroi medievali, immaginandoci tali anche noi. Eravamo, a seconda dei gusti, dei Robin Hood, dei Cavallo Pazzo, dei D’Artagnan, dei Sandokan. Personalmente mi rifacevo a Widukind, o Vitichindo, re dei Sassoni pagani e per questo genocidati da Carlo Magno, un altro che ammazzava in onore del suo dio. Queste fantasticherie duravano finchè, all’urto con la realtà, non venivano drasticamente demensionate a livello di impiegato di banca, operatore ecologico, vigile urbano, medico della mutua, operaio alla catena, start up con IVA.

Con Donald Trump, personaggio eccessivo in senso fisico e metafisico, dall’onda gialla in capo, votato al disdegno di ogni minima regola del vivere civile in omaggio al principio Forza su Diritto, il copia e incolla è stato immediato. Qui, tra supereroi e supermalfattori, che nella supercultura del superuomo hanno dominato l’immaginario americano, dal generale Custer a Jesse James e ad Al Capone, l’adolescente The Donald si è immediatamente riconosciuto nel più affine: Joker.

E se la Nuova Frontiera di Bibi Netaniahu è quel Grande Israel le cui fondamenta si reggono su strati multipli di ossa cementate dall’IDF, come non poteva non accorrere in suo soccorso The Donald-Joker? Soccorso alla disperata, vista la sorte che allo Stato ebraico stava approntando lo tsunami della rabbia e della sollevazione di tante genti in Gotham City. Soccorso just in time di uno che, anche da Joker, si porta dentro e impone fuori morale, metodi, strumenti e valori di quell’altro genocidio, quello dei “palestinesi” delle Americhe, detti indiani e indios. Esattamente ciò che è previsto per Gaza e per tutti i luoghi dove formicolino quei non umani che si ostinano a brucare la dove dal dio degli ebrei la terra e i suoi frutti sono stati riservati al popolo eletto e ai suoi armenti e greggi.

Joker contro USA

Non è che il Joker dai capelli a pannocchia tratti i suoi concittadini – sudditi che osano manifestare contro il sovrano sotto lo slogan “No kings!”, nessun re – molto diversamente dei non umani di Gaza. Qualche settimana fa aveva rivolto ad alcune centinaia di suoi generali e ammiragli un tonante appello a prepararsi a occupare decine di città statunitensi, ricorrendo a migliaia di soldati, per “neutralizzare i nemici domestici”. Che sarebbero non umani, pari ai gazawi, perché come quelli si oppongono ai suoi ordini esecutivi. Detto fatto. Resta una leggera sproporzione nel confronto tra Joker e i cittadini di Gotham City: Sabato scorso ben 7 milioni di quest’ultimi hanno ribadito “No Kings”. Per risposta, l’intelligenza artificiale di Joker, timbratili tutti di “Antifa”, li ha bombardati con tonnellate di merda. Chi ha fatto la figura migliore?

Le città statunitensi, soprattutto quelle a governo dei Democratici, definiti “radicali di estrema sinistra”, si sono viste invadere e occupare da truppe federali e dalla Guardia Nazionale, senza che le relative autorità statali l’avessero richiesto, o consentito. Si parla di Chicago, Los Angeles, New York, Portland o San Francisco. Poi scontri protofisici con magistrati che denunciavano queste offese alla Costituzione, tumulti da rastrellamenti di manifestanti pro-Palestina e di qualunque persona che desse l’’idea di essere un immigraton nè anglosassone, né bianco. Postilla di Joker: “Dovremmo utilizzare alcune di queste pericolose città, sotto assedio degli Antifa e di altri terroristi interni, come campi di addestramento dei nostri militari”.

Dopo che un Giudice Federale aveva proibito l’uso della Guardia Nazionale nell’Oregon, Joker gli mandò contro la Guardia Nazionale della California e del Texas. Di fronte al rinnovato divieto del magistrato, Joker-Trump minacciò di ricorrere alla Legge Anti-Insurrezione del 1807, legge impolverata ma che consente al presidente di proclamare un’emergenza e impiegare truppe sul suolo degli Stati Uniti. Legge che ha permesso al nostro campione di democrazia alla Gotham City di militarizzare zone del paese con oltre 35.000 soldati federali, dell’aeronautica, della marina e dell’esercito.

Commento di Hina Shamsi, direttrice del Progetto di Sicurezza Nazionale nell’Unione Americana delle Libertà Civili: “Quando forze militari impongono misure di polizia ai cittadini, ci troviamo di fronte a un’intollerabile minaccia alle nostre libertà individuali e ai valori fondamentali di questo paese. Sarebbe dittatura”.

Tutto questo non ha impedito al Pentagono, recentemente rinominato, con consapevole coerenza, Ministero della Guerra e al suo neoministro, l’impomatato Pete Hegseth di catechizzare il fior fiore dei comandi USA, perché adotti uno spirito più muscolarmente guerresco. Spirito con cui affrontare anche il nemico interno, quella nebulosa di variopinti oppositori che Trump ha battezzato “Antifa”.

Dell’attacco al Primo Emendamento, al diritto di cittadinanza per nascita e alla libertà di parola, danno poi testimonianze le più prestigiose Università americane, da Harvard a Columbia. Scuole e atenei sollecitati a non accettare studenti e contributi stranieri, redarguiti e puniti, quando non privati dei dovuti finanziamenti, per non aver soppresso manifestazioni, o attività di informazione sulle stragi israeliane in Palestina.

Puntando l’indice contro l’ennesimo nemico terrorista – categoria inventata da Bush dopo l’11 settembre e adottata come viatico al genocidio da Netanyahu in occasione del 7 ottobre – questa volta individuato nel Venezuela (ne parliamo qualche riga più giù), il nostro Joker ha dato via libera alla CIA e a tutte le 14 agenzie dell’intelligence statunitense per “azioni segrete esterne al quadro della legalità”. Cioè ha ufficializzato ciò che questi aggregati hanno sempre fatto, ma con meno clamore e senza il sigillo dell’investitura formale.

E qui si ribadisce quanto la nostra “Donna, madre, cristiana” abbia in comune con colui che ispira moltissime delle azioni sue e del suo regimetto. Pensate al recente Decreto Sicurezza. Un provvedimento che, tra le altre facezie alla Joker, consente ai servizi segreti (quelli spuntati in ognuna delle stragi che sono costate all’Italia centinaia di morti e regressioni spaventose) di “organizzare e perfino dirigere organizzazioni criminali e terroristiche…”.

Non vogliamo chiamarli Stati di polizia? Guardate che gli assomigliano molto.

Joker contro il Venezuela

Avete presente Catwoman, la donna gatto, quella che, al pari di Joker, imperversa a Gotham City rubando, truffando, picchiando, scassinando, rapinando e, soprattutto, travestendosi nell’opposto: onesta, democratica, rispettosa della legge? Proprio come Maria Corina Machado, la quale, da Catwoman in associazione con Joker, sta provvedendo, dopo decenni di tentativi andati a vuoto, a preparare il terreno al compare-padrino per lo scasso del suo paese, il Venezuela. Anch’essa travestita e da noi riconosciuta combattente della libertà e della democrazia. E ha dunque per prediletti riferimenti politici Benjamin Netaniahu e Javier Milei, ai quali riserva complimenti e auguri e dai quali trae suggerimenti.

Con l’assegnazione del Premio Nobel della Pace, il Comitato NATO norvegese, mimetizzato da Comitato del Nobel per la Pace, ha messo in mano a Joker-Trump una carta che si spera decisiva. Mezzo mondo, quello amerikkkano, lo ha festeggiato come l’asso per vincere una partita che Gotham City-Washington sta giocando e perdendo dal 1998, quando Ugo Chavez vinse democraticamente le elezioni presidenziali e pose fine a secoli di colonialismo spagnolo e yankee.

Ci siamo sfiorati, Catwoman e io, a Caracas nel 2002, giorni del primo golpe a cui diede il suo contributo una giovane donna scaturita dall’oligarchia spodestata. Il golpista Pedro Carmona, presidente della Confindustria venezuelana, si era autoproclamato presidente del Venezuela ed aveva emanato il famigerato “Decreto Carmona”. Un decreto con il quale  si instaurava la dittatura tramite lo scioglimento di tutte le istituzioni democratiche venezuelane, come codificate nella nuova Costituzione bolivariana votata dopo la vittoria di Chavez.

Chavez era stato sequestrato da un gruppo di ufficiali che, minoranza infima delle forze armate, avevano aderito al golpe ed era stato rinchiuso in una base dell’esercito. Immediata è stata la mobilitazione della popolazione. Sul grande vialone che dal centro di Caracas porta a Palazzo Miraflores, sede della presidenza, decine di migliaia di cittadini da tutto il paese si muovevano per cacciare l’usurpatore e imporre il ritorno del presidente legittimo. Nelle immediate vicinanze del palazzo, un cavalcavia sovrastava questa strada. Ero lìssù con la telecamera a filmare lo sconfinato fluire di gente incazzata che invocava “Chavez presidente”. Ma sullo stesso cavalcavia, affacciati sul percorso dei manifestanti, si erano riuniti sostenitori del golpe. Erano armati di pistole e sparavano sulla folla in basso. Tra loro, ad animarli e incitarli, una menade scatenata: Maria Corina Machado. Lo si può rivedere nel mio docufilm “Americas Reaparecidas”.

Tutto finì molto presto. Nel giro di poche ore, in un paese paralizzato dai sostenitori della rivoluzione bolivariana, militari fedeli alla Costituzione avevano liberato e riportato a Miraflores Ugo Chavez. La rivoluzione bolivariana sarebbe continuata. Alla faccia dei tentativi di sabotarla con altri colpi di Stato, rivoluzioni colorate, sanzioni micidiali, sabotaggi, attentati, incursioni di mercenari dalla vicina Colombia, allora sotto il regime del proconsole USA, Alvaro Uribe e delle sue bande paramilitari AUC.

Per il suo ruolo nel golpe del 2002, la Machado venne condannata a 28 anni e privata dei diritti politici. Un’amnistia concessa da Chavez la rimise a piede libero, ma non le spense l’impegno controrivoluzionario e gli stretti rapporti, anche finanziari, con le centrali del regime change di Washington, dalla CIA alla NED (National Endowment for Democracy) e a USAID.

La Catwoman-Premio Nobel dovrebbe aver fornito agli USA, dopo tanti tentativi andati a vuoto grazie alla coesione sociale e politica del popolo venezuelano, impegnato a difendere il proprio riscatto e la propria autodeterminazione, l’assist per trasformare le recenti provocazioni militari in azione diretta sul territorio venezuelano.

Preceduta da un indurimento delle sanzioni che, dalla prima vittoria di Chavez, hanno vessato la popolazione provocando profonde crisi economiche e sociali (si parla di 40.000 morti dovuti all’embargo) e da un’ininterrotta serie di quasi golpe, con Joker -Trump e Catwoman - Machado, pare si voglia arrivare alla resa dei conti. Come insegnano Iraq, Libia, Siria, Gaza, neanche in Latinoamerica deve esistere un paese che custodisca e gestisca a favore dei propri cittadini una della più grandi ricchezze di idrocarburi del mondo. Sottraendole al monopolio dell’energia e delle relative forniture che Washington spera di condividere con i suoi clientes del Golfo. E fornendo al subcontinente un intollerabile modello di vera giustizia sociale e sovranità.

La Machado si è adoperata instancabilmente perché questo assunto si realizasse. A tutte le elezioni in Venezuela, che osservatori indipendenti regolarmente definivano “le più corrette e trasparenti del mondo”, seguivano le “guarimbas”, tumulti, violenze con la specialità democratica dei cavi stesi attraverso la strada per decapitare poliziotti in moto. Il tutto accompagnato da alti lai internazionali del giro NATO sulla repressione dello Stato autocratico e a glorificazione della Machado. Alla quale, tuttavia, non è mai stata vietata la libera circolazione, a dispetto di violazioni della legge e della Costituzione quali l’invocazione di interventi militari statunitensi contro i propri concittadini, di sanzioni che colpisseero in modo letale la popolazione.

Nel 2019 fu la sostenitrice più in vista del colpo di Stato commissionato da Washington al presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidò. Un golpe presto tramutatosi in patetica farsa e spreco di centinaia di milioni di dollari arrivati a sostegno, indovinate da chi: dal nostro Joker, al suo primo mandato. Una mobilitazione di controrivoluzionari al confine con la Colombia, con grande spreco di altoparlanti e carrozzoni di teppisti, si spense da sola. Il tentativo di innescare una sedizione militare si risolse nel penoso spettacolo di Guaidò che arringava una cinquantina di militari di truppa..

Trump sta minacciando Caracas di sfracelli. Ha proclamato il presidente Maduro boss di un inesistente “Cartel de los soles” e il Venezuela Primo Narcostato dell’America Latina, responsabile degli stupefacenti che, sotto gli occhi della DEA, inondano il mercato USA e i caveau delle sue banche. Il dato che l’ONU e il suo stesso ex-vicepresidente e responsabile del capitolo droga, Pino Arlacchi, affermano che nessuna coltivazione e nessun traffico di droga esistono in Venezuela, non hanno impedito al Joker di Washington di lanciare una vera e propria apertura di ostilità. E’ la concentrazione, al largo della costa caraibica del Venezuela, di una flotta cosiddetta anti-narcotraffico, composta di incrociatori, sommergibili nucleari, corvette e navi da sbarco con sopra qualche centinaio di Marines. Apparato che si è subito reso responsabile dell’affondamento di cinque imbarcazioni civili e di 11 vittime assolutamente estranee al narcotraffico.

Adesso si tratta di vedere se anche il Nobel assegnato a Catwoman porterà a risultati come quelli conseguiti dai suoi predecessori, tipo Kissinger (1973, Pinochet), Obama (7 guerre), Begin (terrorista Irgun) e agevolerà un’aggressione vera e propria. Il Nobel allo strumento della CIA lo farebbe temere. Ma invasione e occupazione risultano problematiche dati un territorio immenso e una popolazione mobilitata e addestrato alla difesa in sinergia con il suo esercito. Il Joker in questione potrebbe limitarsi alla creazione del caos mediante bombardamenti e infiltrazione di mercenari.

Joker contro la Palestina

Qui Joker sé messo a fare il gioco delle tre carte. Carta perde, carta vince, dov’è la carta della pace? E tu provi, riprovi, provi ancora e sbagli sempre e la carta della pace non la scopri mai. Che non ci sia? Che il tappetaro di Gotham City l’abbia inventata per gabbare lo santo e i suoi fedeli? Ma no, e come se esiste!  Non c’è forse il compare, finto passante, quello con la kippa, che ci scommette che c’è e, infatti, la scopre e vince i soldi? Sempre solo lui, però.

E qui, cari amici, basta metafora. Al confronto con la coppia di malviventi in carne e ossa, il sadico eroe dei fumetti diventa un boyscout. La realtà ci dice che uno scaltro e squinternato yankee, pompato e tenuto in pugno dalla finanza ebraica. come impersonata dalla miliardaria ebrea Miriam Adelson (abbracciata e decorata alla Knesset), ha pagato pegno correndo in soccorso a Israele quando questa era rimasta in mutande a Gaza e del tutto nuda davanti alle genti del mondo (ricordate la favola di Andersen e il re scoperto nudo dal ragazzino?). Il suo finto piano di pace, che oblitera ogni prospettiva di un riconoscimento della Palestina, negandone la resistenza, il diritto alla statualità e al risarcimento degli immensi torti subiti (Il corrotto naziregime di Kiev viene ovviamente risarcito dei danni di guerra dai fondi russi congelati in Belgio) e ignorandone la stessa esistenza, non è che una fuga in avanti.

Fuga in avanti sostenuta, lungo la strada, da posti di ristoro che forniscono sostegno sotto forma di avallo mediatico alla megatruffa di una pace che lascia il 53% di Gaza in mano all’IDF, con licenza di sparare a chiunque si avvicini all’invisibile “Linea Gialla” (licenza che ultimamente ha permesso di seccare gli 11 membri di una famiglia che passava da lì in autobus). Fuga in avanti che lascia ai lati del percorso le sistematiche violazioni israeliane di ogni presunta tregua, con la prosecuzione dei massacri e dell’arma della fame fino all’ultimo palestinese. Che poi un Netanyahu, non più tanto lucido, ha provato a far passare per “violazione della tregua da parte di Hamas”. 

Gli ci è voluto un razzo finto-Hamas per rimettere a posto il cosiddetto Piano di Pace, come era facile aspettarsi dal ghigno con cui i dioscuri del genocidio fino all’ultimo palestinese, Ben Gvir e Smotrich, avevano accompagnato – e irriso - l’annuncio del Piano di Pace.  Piano di pace istantaneamente sostituito, come da programma, dalla ripresa del genocidio da parte di un IDF tornato ai suoi amori e fervori.

Fuga in avanti il cui effetto collaterale è l’abbandono, nel fosso lungo la strada, di una Palestina che consista almeno della Cisgiordania. Fuga in avanti che prova a scampare dall’inseguimento di un’umanità che, con Flotille e sollevazioni di popolo, costringendo i propri governanti a fare atto di riconoscimento, ha dimostrato di avere un passo più lungo di ogni cospirazione colonialista.

E fuga in avanti a ostacoli che la sfiancheranno perché sono l’esplosione di contraddizioni irrimediabili, insite nella dialettica tra forza e diritto, tra colonialismo e libertà. Tra i pochi e i tanti. Tra umanità e anti-umanità. Chi ha marciato nelle colonne in stracci con addosso fagotti contenenti i resti di casa e vita, armate solo di consapevolezza, volontà e fiducia, che ritornavano alla terra sotto le macerie di Gaza City, lo sa. Sono la postguardia dei marciatori ripartiti un secolo fa da una terra loro da millenni e che nessuno riuscirà mai a fermare. Neanche Joker, neanche con quel fedifrago antropofago di massa che gli fa da gendarme della “pace” continuando a uccidere con il pretesto che non gli ridanno subito dei corpi polverizzati dalle sue stesse bombe (ma è prodigo di restituzioni di centinaia corpi insaccati senza nomi, bastonati a morte, torturati, giustiziati a freddo con colpi tra gli occhi, e privati di organi utili per trapianti. Come piace a Joker).

 

 

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