Gli Usa hanno scelto il sostituto di Zelenskij

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Gli Usa hanno scelto il sostituto di Zelenskij


di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

Tornano a circolare le voci sulla insoddisfazione yankee per Vladimir Zelenskij e, in particolare, sulla ricerca di un suo sostituto che, a parte la “qualità” di nazigolpista legato ai circoli nazionalisti, sia più malleabile e ligio agli ordini di Washington, ma soprattutto meno propenso alle avventure tipiche di un clown in vena di far soldi.

Vari esperti ne avevano già parlato a inizio luglio. Ora è addirittura l'Intelligence estera russa che interviene nella questione e fa direttamente il nome dell'ex Ministro degli interni, dal 2014 al 2021, Arsen Avakov, quale figura gradita agli USA per prendere il posto di Zelenskij.

La nota dell'Intelligence estera russa (SVR: Služba Vnešnej Razvedki) parte dalla constatazione che Vladimir Zelenskij non sia più, in alcun modo, “presidente” dell'Ucraina, dal momento che i suoi poterei sono decaduti lo scorso 20 maggio e lo stesso Zelenskij aveva annullato le elezioni che avrebbero dovuto eleggere il nuovo presidente, motivando il passo con lo stato di guerra: una clausola non prevista dalla Costituzione ucraina.

Secondo il SVR, Washington sarebbe propenso alla sostituzione, in modo da «meglio prepararsi al possibile inizio di trattative con la Russia per regolare il conflitto».

E, come detto, il candidato preferito dagli USA sarebbe Arsen Avakov, “ucraino” di origini metà armene e metà ossetine. Allo scopo di preparare il ricambio, gli yankee starebbero già sponsorizzando lo scenario della sua presa di comando, attivizzando il lavoro di organizzazioni no-profit che ne promuovano la figura.

Dunque, nessun ricambio di “orientamenti politici” ai vertici majdanisti: nazionalismo estremo e bramosie naziste erano e rimangono tra le “qualità” richieste dalla Casa Bianca per dirigere un'Ucraina eternamente orientata contro la Russia. E infatti, tra i "punti di forza" di Avakov, Washington vede i suoi stretti legami con le formazioni nazionaliste ucraine e i suoi contatti con vari leader europei.

A parere del SVR, gli USA si stanno muovendo affinché la candidatura di Avakov sia sostenuta dall'opposizione parlamentare ucraina, in particolare dai partiti “Patria” e “Solidarietà Europea”, i cui leader, Julija Timošenko (la “martire” occidentale del gas, che nel 2014 voleva sganciare una bomba atomica sul Donbass) e Petro Poroshenko, l'ex presidente battuto da Zelenskij alle elezioni del 2019 con la promessa – fatta da Zelenskij – di por fine al conflitto in Donbass. Entrambi i leader sarebbero già stati opportunamente consultati dagli americani, insieme anche ad alcuni deputati della Rada facenti parte della frazione presidenziale “Servo del popolo”.

L'influenza di Avakov nella politica ucraina è stata (e, evidentemente, continua a essere così forte) che è appena il caso di ricordare che lo stesso Zelenskij, divenuto presidente nel 2019, non si decise a togliergli la carica di Ministro che nel 2021, dopo un lavorio sotterraneo di discredito della sua figura, anche con accuse di complicità in omicidi, in particolare quello del giornalista Pavel Šeremet, nel 2016.

Ora, la scelta di Avakov da parte yankee, commenta Pavel Kotov su Ukraina.ru, non sorprende particolarmente, essendo stato l'ex Ministro degli interni responsabile della riforma del sistema giudiziario ucraino, attuata sotto dettatura USA. E, a quanto pare, Avakov è tuttora legato ai supervisori d'oltreoceano, tanto che lo scorso febbraio si era incontrato a Kiev con gli ex ambasciatori americani in Ucraina.

Ma, elemento più significativo per la scelta che ricade su di lui, sono i suoi stretti legami con le formazioni nazionaliste e naziste. Proprio a lui si deve la formazione, già prima del 2014, di molti battaglioni nazisti, coperti direttamente dal Ministero degli interni e responsabili di crimini in Donbass, quindi “legalizzati” quali formazioni del Ministero.

Tra l'altro, gli stessi squadristi “Azov”, un tempo curati proprio da Avakov, sono insoddisfatti dei sistemi di conduzione della guerra da parte di Zelenskij.

Così, in vista di di possibili colloqui di pace, a Washington ritengono che proprio Avakov potrebbe essere in grado di tenere sotto controllo gli “irrequieti” nazionalisti e spegnere i probabili sentimenti di "tradimento" che, con le trattative, potrebbero serpeggiare tra i neonazisti. Tanto più che, anche negli ultimi due anni, Avakov non è stato avaro di sostegno, anche finanziario, alle formazioni armate e all'esercito ucraino.

L'unico punto non del tutto chiaro, commentano gli esperti, è quello su come Washington possa sponsorizzare Avakov in qualità di negoziatore agli occhi di Mosca. Ufficialmente, in Russia rimangono aperti procedimenti penali contro di lui, per uso di mezzi e metodi di guerra proibiti, rapimento di persone da parte di gruppi organizzati, assassinio di due o più persone, incitamento all'odio, umiliazione della dignità umana. Avakov figura nelle liste dei ricercati in Russia.

E, a dire il vero, se il suo nome manca nei corrispondenti elenchi ucraini, è solo perché i suoi agganci sono sempre stati tali da tenerlo al coperto da troppo indiscrete investigazioni; il suo curriculum da vero e proprio gangster però, “vanta” corruzioni a vari livelli, possedimenti miliardari qua e là per il mondo, arresti (anche in Italia, diversi anni fa, pur se, ovviamente, il suo status di “perseguitato” dal “regime filorusso” di Viktor Janukovic gli aveva evitato l'estradizione), intrighi affaristico-politici, fino a eliminazioni fisiche di soci d'affari. Una “carriera”, quella di Avakov, iniziata come minimo nei primi anni '90: quelli della “nezaležnosti”, dell'indipendenza, proclamata, con tanto di bandiere USA, dopo la fine dell'URSS decretata a tavolino nel 1991.

Ecco dunque che, come opportunamente nota Vladimir Skachko, ancora su Ukraina.ru, non appare troppo forte l'argomento secondo cui Washington cercherebbe una figura meno corruttibile e corrotta rispetto a Vladimir Zelenskij. Quello che cercano gli USA, è semplicemente qualcuno da presentare a Mosca in sostituzione dello screditato Zelenskij e, essendo quantomeno improbabile che la Casa Bianca sia all'oscuro di cosa pensi Mosca nei riguardi della nuova “candidatura”, c'è solo da ritenere che, per l'ennesima volta, gli yankee tentino l'ormai stantio gioco di guadagnare tempo e dare respiro al complesso militare-industriale occidentale e all'ormai dissanguato esercito di Kiev. Nient'altro. 

In ogni caso, dopo l'incursione ukronazista nella regione di Kursk e l'uccisione di civili, Vladimir Putin ha dichiarato senza mezzi termini che, a questo punto, ogni colloquio con Kiev è da escludere.

Ma, poi, a Washington, vogliono davvero colloqui di pace? E che tipo di colloqui. E con quali obiettivi?


Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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