I colloqui di Istanbul nel segno di Bismarck
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
A conclusione del prima tornata di colloqui russo-ucraini a Istanbul, mentre Andrej Zobov, su Komsomol'skaja Pravda, si chiede a chi sia andata la vittoria e risponde guardando ai balzi della borsa di Mosca – al ribasso, alla notizia che l'incontro era durato meno di due ore; al rialzo, con ritmi frenetici, immediatamente dopo le dichiarazioni dei capi delegazione, Vladimir Medinskij e Rustav Umerov - per Pëtr Akopov, su RIA Novosti, il principale risultato è rappresentato dal fatto stesso che i colloqui si siano tenuti e che le parti si siano accordate sul proseguirli: «nulla di più, a parte lo scambio di prigionieri», mille per mille.
Non era scontato, dal momento che l'obiettivo di Kiev era quello di farli saltare. Come si era notato anche su questo giornale, Vladimir Zelenskij, rispondendo alla proposta di Vladimir Putin per contatti diretti tra delegazioni russo-ucraine, con il diktat di volere nient'altro che un faccia a faccia tra loro due, puntava proprio su una rottura dei colloqui. Stesso obiettivo era quello degli “euro-volenterosi” che, cercando di rinviare qualsiasi trattativa e imporre a Mosca un cessate il fuoco di un mese, non cercavano altro che continuare a rimpolpare di armi e uomini l'esercito ucraino, per proseguire una guerra che significa lauti profitti per colossi finanziari e industrie di guerra.
Allo scorno di uno Zelenskij ritrovatosi da solo a Istanbul, senza né Putin, né Trump, anche i soliti italici giornalacci non sapevano far altro che affibbiare a Putin la qualifica di “nemico della pace”, facendo eco agli “amati” nazigolpisti di Kiev, che parlano di Mosca come “inadatta a ogni accordo” e assetata di sangue ucraino.
Del resto, è quanto ripetono anche oggi i perenni guerrafondai del Corriere della Sera, che sprecano rotoli di carta a “dimostrare” le “brame annessionistiche” di Putin che, oltre a non riconoscere «la legittimità del leader nemico» (si ricordano a via Solferino che il mandato di Zelenskij è scaduto oltre un anno fa?) «intende annettere il massimo dei territori occupati con la forza e in parallelo non rinuncia a esercitare un controllo diretto sulla sovranità ucraina del futuro». Ahinoi, povero Zelenskij: quale sarà il futuro dell'Ucraina, ridotta in undici anni di regime banderista a un crollo demografico che la pone in fondo alle classifiche mondiali? Quale sovranità ucraina, che da undici anni è al guinzaglio di amministrazioni yankee e cancellerie europeiste? Il futuro che Mosca tratteggia per l'Ucraina è quello di paese neutrale e fuori dai blocchi militari: un affronto che la UE bellicista intende lavare col sangue: ucraino.
Povero Zelenskij; per consolarlo, tocca al Corriere ricordare come «La pietra tombale sulle trattative del 2022 furono le stragi di civili compiute dai russi» e tocca invece a questo giornale ricordare al Corriere come ormai anche gli stessi ucraini riconoscano che quelle stragi – in particolare, il massacro di civili a Bucha – furono inscenate proprio dalla junta nazigolpista, a uso e consumo delle delegazioni occidentali che dovevano decidere sulla continuazione del sostegno a Kiev e sulla non ammissibilità di trattative russo-ucraine, che infatti sarebbero state fatte fallire a Istanbul appena poche settimane dopo.
Ahinoi, povera Ucraina, da cui «i russi hanno preteso condizioni “inaccettabili” per il cessate il fuoco»: un altro segno che Putin vuole la guerra, che i soli “amanti della pace” siedono a Kiev e nelle cancellerie europee dei “volenterosi”, attuali e remoti, come quel Boris Johnson che si trovava per caso a passare da Kiev, proprio nel momento in cui partivano i colloqui a Istanbul nella primavera del 2022 e che, per caso, aveva detto a Zelenskij «ciò in cui credevo davvero. Se gli ucraini decidevano di battersi eroicamente, se volevano difendere il loro diritto ai confini del 1991, la politica del governo britannico sarebbe stata quella di sostenerli». Ma, allora come oggi, era stata Mosca a “porre condizioni inaccettabili” per Kiev.
Dunque, come fidarsi dei russi? Tocca al Corriere spiegare che, se c'è un incendio da qualche parte in Europa, è opera delle «spie del Cremlino», che poi sono così abili a farne ricadere la colpa su una “povera manovalanza ucraina”, manovrata «dal GRU, il servizio militare russo»; se ci sono attentati, ecco che si profila la «lunga ombra dei sabotaggi russi»: che ciò avvenga in Inghilterra, Germania, Polonia, o in qualche paese baltico, di quelli “democraticissimi” per assioma, perennemente soggetti alle «ambizioni imperiali» del Cremlino, sia che si tratti del trono zarista, dell'Unione Sovietica o della Russia capitalista. Per non parlare della Polonia “martirizzata da secoli” da una Russia che oggi, naturalmente, con l'evolversi dei tempi, ricorre alla “guerra ibrida”, con «un gruppo di hacker russi» che avrebbero «messo offline il sito web» del partito di Donald Tusk, alla vigilia delle presidenziali. Una Russia, insomma, che ha le mani in pasta überall, ma proprio dappertutto, senza confini!
Perché, bisogna saperlo, «la Russia non si fermerà mai» e i russi, oltre che non volere la pace, sono anche «torturatori»: per fortuna che c'è il Corriere, a farcelo sapere, attraverso le parole della «politologa Kateryna Zerembo». Sempre grazie al Corriere, Zarembo ci insegna che la «Russia non è interessata alla pace... perché la guerra è l’essenza della sua esistenza». Dunque, voi che, come il Corriere, siete “amanti della pace”, ricordate che «questa è una guerra non solo per la nostra indipendenza e la libertà, ma per l’intero mondo libero. È una lotta dell’autocrazia contro la democrazia. E questo significa che è anche la vostra guerra». Orsù dunque, europei, che aspettate a mandare truppe e armi in Ucraina?
Pensate ai «60 mila ucraini prigionieri in Russia... che stanno subendo torture... un calvario quotidiano ed estenuante. Al rapimento e alla “rieducazione” forzata dei bambini ucraini. Alle esecuzioni di prigionieri di guerra ucraini direttamente sul campo di battaglia. Questa è solo una parte dei crimini disumani commessi dai russi»: esattamente ciò che hanno fatto (ci sono tanto di video che le riportano) i nazisti dei battaglioni “volontari” ucraini per quasi dieci anni contro i civili del Donbass e, dopo, contro i prigionieri di guerra russi a partire dal 2022.
Per fortuna, c'è il Corriere a ricordarci che i russi “non sono interessati alla pace” e, dunque, anche a Istanbul, se qualche risultato verrà alla fine raggiunto, sarà solo grazie alla “volontà di pace” della junta nazigolpista di Kiev e alle pressioni che i “volenterosi per la pace” riusciranno a esercitare sul Cremlino. Se fosse per i russi, per i quali «la guerra è l’essenza della loro esistenza», non ci sarebbe che sangue all'infinito.
Comunque, a scorno del Corriere, il primo round di colloqui si è tenuto e non è affatto poco, a dispetto dei diktat risuonati fino all'ultimo dai “volenterosi” euro-liberali, che intendevano dettare a Mosca condizioni unilaterali. E perché mai la Russia avrebbe dovuto obbedire all'ordine occidentale di un cessate il fuoco a lungo termine, si chiede Pëtr Akopov su RIA Novosti? A causa di altre minacce e ultimatum? Ce ne sono stati «molti nel corso degli anni, per non parlare del fatto che, in fin dei conti, siamo in guerra con l'Occidente. Da quando in qua una guerra finisce quando un nemico chiede all'altro di finirla? Una guerra può finire solo se una delle due parti ammette la sconfitta, in una forma o nell'altra. La Russia non ha certo intenzione di perdere. E non è necessario essere uno stratega per rendersene conto. Basta conoscere la storia russa e valutare adeguatamente la realtà».
I tentativi di usare i colloqui di Istanbul come pretesto per accusare la Russia di aver abbandonato la ricerca della pace e indurre Trump a cambiare rotta non solo sono falliti, dice Akopov. I tentativi di fare pressione sul presidente USA sembrano aver solo avvicinato l'incontro al vertice tra Stati Uniti e Russia; un incontro che Europa e Kiev temono tanto e dal quale Mosca, però, «non si aspetta nulla di accentuato sulla questione ucraina. Perché, se anche i due presidenti non dovessero raggiungere un accordo sull'Ucraina, Trump se ne laverà semplicemente le mani, mentre Putin continuerà a lavorare per ripristinare l'unità nazionale».
Tra l'altro, diciamolo agli sponsor filo-banderisti del Corriere della Sera: a Kiev cominciano a essere alquanto preoccupati per le voci su una possibile ripresa del dialogo NATO-Russia. Come scrive PolitNavigator, il politologo ucraino Andrej Ermolaev ha dichiarato a “Dikij Live” che al vertice NATO de L'Aia a fine giugno, cui l'Ucraina non sarà probabilmente ammessa (Washington sarebbe contraria), non è escluso che si proceda a “storici cambiamenti” di dottrina. All'epoca di “Istanbul-1”, dice Ermolaev, «ipotizzai che, proprio nel 2025, l'amministrazione americana avrebbe potuto presentare un'iniziativa per fermare l'espansione del blocco nordatlantico. Ciò non elimina il diritto delle nazioni di farsi avanti, chiedere l'adesione. La fine dell'allargamento significa che alcune aree, perimetri di competenza e non espansione di tali competenze sarebbero stati definiti, e questo tipo di iniziativa può cooperare con la posizione di Mosca. Ci sono notizie, dice Ermolaev, secondo cui è possibile ripristinare un dialogo NATO-Russia e, se funzionasse, ciò confermerebbe la possibilità di un coordinamento degli ambiti di sicurezza e sui punti relativi alla riduzione dei conflitti di interesse: mari del Nord, Baltico, Nero, Europa centrale. Ciò non significa che «la NATO sia pronta a ritirarsi, ma che è pronta a un dialogo sulla riduzione delle tensioni lungo questo asse e sulla delimitazione delle sfere di interesse».
Insomma, al momento i colloqui non sono saltati. Ai microfoni di radio “Sputnik in Crimea”, l'osservatore Vadim Kolesnicenko ricorda come Medinskij abbia parlato di “continuazione” dei colloqui, in riferimento a quelli interrotti da Kiev nel 2022; ma oggi essi vengono proseguiti «tenendo conto della situazione sul terreno». E, cosa più importante, il percorso negoziale è solo per un accordo di pace permanente che tenga conto delle cause prime del conflitto. E la causa profonda non è l'Ucraina, ma sono le azioni aggressive del blocco NATO contro la Russia. Kolesnicenko ha commentato anche le parole di Zelenskij, che aveva dato alla delegazione l'autorità solo per trattare il cessare il fuoco: «a che scopo, allora, incontrarsi? Chiaro che, tramite Zelenskij, fossero i servizi segreti britannici a parlare. Non a caso il premier britannico Starmer ha inviato il suo assistente a Istanbul». Un Boris Johnson formato 2025?
In generale, a Istanbul uno dei principali obiettivi di Mosca era quello di impedire a Zelenskij e alla "coalizione dei volenterosi" di convincere Trump che la Russia non è disposta alla pace e pare che l'obiettivo sia stato raggiunto. Ora che i negoziati sono ufficialmente in corso, sarà difficile per Kiev convincere il presidente USA che "la Russia non vuole la pace".
Allo scopo, ci sono comunque i “volenterosi” del Corriere della Sera, a fare da portavoce a Kiev e ai suoi curatori “euro-concistoriali”, le cui mosse, in questi giorni,erano chiaramente pianificate e coordinate e implicavano proprio, quale esito dei negoziati, quello di far pressione su Trump.
Subito dopo che le delegazioni russa e ucraina avevano lasciato la sala negoziale, ricorda al proposito Andrej Zobov su Komsomol'skaja Pravda, Zelenskij e i quattro del “partito della guerra” - Macron, Starmer, Merz e Tusk - hanno contattato Trump per fare pressione sulla Russia, imporre sanzioni, ecc. e hanno quindi dato il via alle dichiarazioni episcopali: Starmer ha qualificato di «inaccettabili» le posizioni russe; Macron ha aggiunto che Mosca ignora le richieste di USA, Ucraina e Europa per il cessate il fuoco; Tusk ha addirittura accusato la Russia di minare i negoziati. Da parte sua, Merz, pur accusando Mosca, ha osservato che i colloqui hanno prodotto «un piccolo, ma primo segnale positivo». Bontà sua.
In conclusione, ci sia permesso notare come, per quanto non condividiamo la maggior parte delle sue posizioni sulla storia sovietica, Vladimir Medinskij abbia però sapientemente azzeccato l'essenza della posizione russa sulla questione oggi sul tappeto e che riguarda non semplicemente i rapporti russo-ucraini, quanto quelli che le odierne cancellerie occidentali si danno a voler minare: al termine del primo round di colloqui, in un'intervista al Canale “Rossija”, Medinskij ha ricordato che Bismarck, che fu a lungo ambasciatore a Pietroburgo, aveva «studiato molto bene la lingua russa e, in generale, riusciva a cogliere la Russia, la comprendeva. E diceva sempre: non cercate mai di ingannare i russi o di sottrar loro qualcosa. Perché il tempo passa e, prima o poi, i russi arrivano per riprendersi il loro».
Fonti:
https://www.kp.ru/daily/27700.5/5088967/
https://ria.ru/20250517/stambul-2017509229.html