Il disastro economico e strategico dell’Ue: dall’accordo sui dazi ad Anchorage

4151
Il disastro economico e strategico dell’Ue: dall’accordo sui dazi ad Anchorage


di Fabio Massimo Parenti

In vista di un accordo formale più completo, che prevedrà il coinvolgimento del Parlamento europeo e degli Stati membri per la sua implementazione, il 21 agosto scorso Usa e Ue hanno emesso una dichiarazione congiunta per confermare i punti principali dell’accordo economico non vincolante del 27 luglio scorso. Questo accordo rappresenta, purtroppo, un ulteriore capitolo del difficile rapporto transatlantico. Il bilancio reale pende nettamente a favore di Washington, mentre l’Europa raccoglie le briciole e concede aperture significative su numerosi fronti strategici. Il quadro si complica se guardiamo al vertice di Anchorage tra Usa e Russia sull’Ucraina, che ha certificato la marginalità dell’Ue, divenuta sempre di più un vaso di coccio tra vasi di ferro.

L’Ue si è impegnata all’acquisto di 750 miliardi di dollari in energia Usa (gas liquefatto, petrolio, combustibili nucleari) in tre anni e un investimento di 600 miliardi di dollari da parte di aziende europee negli USA entro il 2029. Gli esperti dubitano della fattibilità pratica del target di 750 miliardi, sostenendo che triplicare gli acquisti energetici statunitensi è logisticamente e commercialmente non plausibile. Tuttavia, il fatto che questi impegni europei siano così sbilanciati — con l’Ue che acquista massicciamente energia e investe negli USA, mentre riceve riduzioni tariffarie al 15% solo su alcuni settori merceologici (come automobili, farmaci e semiconduttori) — rafforza le critiche radicali nella condotta della Von der Leyen con gli Usa. In sostanza si realizza sotto i nostri occhi una crescente dipendenza dell’Ue dagli Usa, nonché un rafforzamento del suo status di “vassallo” americano incapace di perseguire i propri interessi e di sviluppare una reale autonomia strategica.

Oltre al massiccio trasferimento di capitali dall’Ue verso gli Usa, proprio quando l’Ue dovrebbe favorire investimenti al proprio interno e creare condizione di attrazione dall’estero, ci sono due punti dell’accordo da sottolineare: uno riguarda la questione dei dazi sull’acciaio e sull’alluminio, che sono stati confermati, seppure con qualche ritocco, dalla Casa Bianca. Il secondo punto interviene invece sull’apertura del mercato europeo all’importazione di prodotti agricoli statunitensi, tra cui carne suina e di bisonte e prodotti lattiero caseari. Un’apertura inedita quest’ultima, nonché pericolosa per i produttori locali e per la messa in discussione degli standard di sicurezza europei.

Nel primo caso, Bruxelles sperava in un’abolizione dei dazi su alluminio e acciaio, così da alleggerire il peso sulle proprie industrie manifatturiere e siderurgiche. La realtà, però, è stata diversa: i dazi restano sostanzialmente inalterati e l’Europa si deve accontentare di qualche quota esentata, insufficiente a garantire una reale competitività. Mentre gli Stati Uniti proteggono settori strategici per la loro industria nazionale, l’Ue continua a subire gli effetti di politiche commerciali punitive che ne frenano la capacità di esportazione e ne indeboliscono la filiera industriale.

Nel secondo caso, analogamente, ci troviamo di fronte un’ulteriore concessione agli Usa. Per decenni Bruxelles aveva mantenuto rigide barriere fondate sul principio di precauzione, in particolare riguardo a metodi di allevamento e trattamenti sanitari non in linea con gli standard europei. Con il nuovo accordo, invece, l’Europa accetta un aumento significativo delle importazioni di carne americana, sacrificando una parte della propria produzione agricola e aprendo un varco che in futuro potrà allargarsi ulteriormente. Per Washington si tratta di un successo non da poco. Un settore tradizionalmente ostico viene finalmente penetrato, mentre i consumatori e i produttori europei rischiano di pagare il prezzo di standard meno rigorosi e di una concorrenza più aggressiva. Alla luce di questo disastroso esito negoziale, sono emerse critiche sempre più severe alla Von der Leyen: i premier di Ungheria, Germania e Francia, politici di altri paesi, quotidiani europei ed americani, nonché numerosi esperti e tecnici delle istituzioni europee hanno duramente criticato l’operato della Von der Leyen, sottolineando la perdita di autorevolezza della presidente, i danni per l’economia europea e l’assenza di una vera strategia a favore degli interessi europei.

Il contesto macro è ancora più preoccupante se consideriamo, come scritto in apertura, la variabile militare nella contesa con la Russia e i rapporti con gli Usa. Per sintetizzare al massimo, si tratta a nostro avviso di una totale subordinazione geopolitica ed economica dell’Ue agli Usa. L’accordo economico si inserisce infatti in una cornice più ampia in cui gli Stati Uniti spingono gli alleati europei a incrementare le spese per la difesa e ad orientare i propri acquisti verso sistemi d’arma di fabbricazione americana. In altre parole, mentre l’Europa non ottiene riduzioni sostanziali dei dazi o aperture di mercato significative, viene incentivata — e in parte costretta — a rafforzare anche la propria dipendenza militare e tecnologica dagli Stati Uniti (si vedano il ReArm Europe, marzo 2025, e gli accordi di giugno scorso sull’aumento delle spese per la Nato – 5% del Pil entro il 2035 – una chiara combinazione di strumenti interni per obiettivi definiti da Washington in ambito Nato).

Guardando anche al vertice di Anchorage tra Stati Uniti e Russia, tenutosi il 15 agosto scorso, possiamo notare come il vertice non abbia prodotto un accordo formale sulla pace in Ucraina, ma abbia segnato un parziale riavvicinamento tra Usa e Russia, non solo sulla questione del conflitto in corso, ma anche su futuri accordi di cooperazione economica. In sostanza, mentre gli Stati Uniti mostrano apertura verso la Russia, l’Europa appare più aggressiva nel voler gestire la guerra, e parallelamente si impegna economicamente col patto con gli Usa senza ottenere nulla, o pochissimo, in cambio.

L’accordo economico tra Ue e Stati Uniti conferma dunque un trend ormai consolidato: ogni passo verso la cooperazione transatlantica sembra tradursi in un guadagno netto per Washington e in un sacrificio per l’Europa. La speranza di un riequilibrio appare sempre più lontana. Il rischio, per l’Unione, è duplice: perdere terreno competitivo nei settori industriali chiave e rafforzare la propria dipendenza politica e strategica dagli Stati Uniti. Una dinamica che, nel lungo periodo, rischia di ridurre l’Europa a una semplice pedina nello scacchiere globale. Tra dazi ancora alti, aperture agricole rischiose, fuga di investimenti e spese militari crescenti, il bilancio per Bruxelles è tutt’altro che positivo.

Fabio Massimo  Parenti

Fabio Massimo Parenti

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali, Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia e membro di Earth Charter International China.
Le sue ultime pubblicazioni sono: La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, Meltemi, 2023; Chinese Way: Overcoming Challenges for a Shared Future (English Edition), 2024

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

La Gaza di Blair di Loretta Napoleoni La Gaza di Blair

La Gaza di Blair

I segreti del tè Longjing del Lago Occidentale di Hangzhou   Una finestra aperta I segreti del tè Longjing del Lago Occidentale di Hangzhou

I segreti del tè Longjing del Lago Occidentale di Hangzhou

"Bar di lusso" e "bella vita": le vergognose fake news su Gaza di Francesco Santoianni "Bar di lusso" e "bella vita": le vergognose fake news su Gaza

"Bar di lusso" e "bella vita": le vergognose fake news su Gaza

Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana di Raffaella Milandri Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana

Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana

Care "celebrity" che (ora) vi vergognate di Israele e dell'occidente di Francesco Erspamer  Care "celebrity" che (ora) vi vergognate di Israele e dell'occidente

Care "celebrity" che (ora) vi vergognate di Israele e dell'occidente

Ponte sullo stretto e questione meridionale di Paolo Desogus Ponte sullo stretto e questione meridionale

Ponte sullo stretto e questione meridionale

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino di Gao Jian Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Situazione grave (ma non seria) a quota 8000 di Alessandro Mariani Situazione grave (ma non seria) a quota 8000

Situazione grave (ma non seria) a quota 8000

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

"Bufera" su Woody Allen. Ma avete ascoltato le sue parole? di Marinella Mondaini "Bufera" su Woody Allen. Ma avete ascoltato le sue parole?

"Bufera" su Woody Allen. Ma avete ascoltato le sue parole?

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Una necessità  irrinunciabile: nuovi partiti  socialisti di Michele Blanco Una necessità  irrinunciabile: nuovi partiti  socialisti

Una necessità irrinunciabile: nuovi partiti socialisti

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti