Il dramma dei prigionieri palestinesi ed il silenzio dei "democratici" occidentali

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Il dramma dei prigionieri palestinesi ed il silenzio dei "democratici" occidentali

 

di Vincenzo Brandi

Torrenti di parole sono stati spesi dai “democratici” italiani ed occidentali (come il noto giornalista Enrico Mentana che dirige il TG7) sul caso dello studente egiziano Zaki in prigione e sotto processo per aver denunciato presunte persecuzioni nei confronti dei Cristiani egiziani (i cosiddetti Copti, trasformazione dell’antica parola greca “Aigupti”, che significa semplicemente Egiziani).  Non siamo in grado di dire se queste accuse siano avanzate a torto o a ragione. I Copti in linea di massima dovrebbero essere alleati del governo laico egiziano, i cui principali nemici sono invece i “Fratelli Musulmani”, che vorrebbero islamizzare le società dell’Egitto e di altri paesi a maggioranza musulmana (come ad esempio la Turchia, dove opera il “fratello musulmano” Erdogan). Però certo non si può mai dire. Qualche funzionario musulmano, ignorante ed intollerante, potrebbe aver calcato la mano.

Tuttavia il caso Zaki fa risaltare il silenzio di Mentana e di tanti giornalisti “democratici” su un drammatico contemporaneo episodio avvenuto in Palestina dove sei prigionieri politici, condannati a pesantissime pene, erano riusciti a fuggire da un carcere di massima sicurezza israeliano. Quattro di questi sono stati ripresi dall’esercito israeliano che occupa i territori palestinesi dove si erano rifugiati. Il più noto di questi, Zakaria Al Zubaida, uno dei capi della Seconda Intifada palestinese (quando i Palestinesi scesero in piazza per protestare contro l’occupazione), dopo la cattura è stato sottoposto a torture con la corrente elettrica e picchiato selvaggiamente: Ciò è testimoniato dal suo avvocato, Avigdor Feldman, che è un cittadino israeliano ebreo. Fonti palestinesi, per ora non confermate, dicono che Al Zubaida sarebbe finito in un reparto di rianimazione dell’ospedale.

L’episodio riapre una finestra sul dramma di migliaia di prigionieri palestinesi, tra cui molte donne e minori, rinchiusi nelle carceri israeliane, spesso senza processo (cosiddetta “detenzione amministrativa”. Si tratta di persone che hanno protestato contro l’occupazione militare israeliana, a volte in modo violento (ma il diritto ad esercitare la violenza contro un’occupazione militare ingiusta e oppressiva che dura da oltre 50 anni è riconosciuta persino dall’ONU), a volte in modo pacifico e civile. Si ricordano i casi di numerosi bambini imprigionati e condannati a lunghe pene detentive solo per aver scagliato una pietra. Si calcola che nel corso degli ultimi 70 anni un Palestinese ogni 5 sia passato nelle carceri israeliane.

Il dramma del popolo palestinese dura da oltre 70 anni, da quando nel 1978 quasi i tre quarti della popolazione furono cacciati dalle proprie case e terre dagli occupanti israeliani, entrando nella condizione di “profughi”. La situazione si è aggravata nel 1967 quando anche i territori palestinesi della Cisgiordania e Gaza sono stati occupati dall’esercito israeliano. Il governo israeliano non ha di fatto mai riconosciuto il diritto dei Palestinesi ad avere un proprio stato, né il diritto dei profughi a tornare alle loro case. 20 anni di trattative sono stati del tutto inutili. Le proteste palestinesi sono state sempre represse con i bombardamenti (come a Gaza) e la prigione. Si è parlato di questo anche nel Festival Palestinese tenutosi recentemente a Roma dal 16 al 19 settembre a Roma, con larga partecipazione di cittadini italiani.

La maggior parte dei media italiani ha steso un velo di silenzio sugli ultimi avvenimenti. Per molti cittadini italiani, ingannati dalla nostra stampa, sono i Palestinesi ad essere terroristi e non gli Israeliani ad essere gli oppressori. L’unico giornalista a parlare diffusamente degli avvenimenti recenti è stato il giurista Fabio Marcelli sul “Fatto Quotidiano”. Molti intellettuali ebrei hanno invece in varie occasioni denunciato l’occupazione e la repressione, come lo storico israeliano Ilan Pappe (costretto ad emigrare in Inghilterra), gli Ebrei americani Noam Chomski e Finkelstein, ed anche i coraggiosi Ebrei italiani raccolti nell’organizzazione “Ebrei contro l’occupazione”. Finché la questione palestinese non sarà risolta rispettando i diritti di tutti (cosa difficile, ma non impossibile), questi orrori continueranno.

 

Roma 20 settembre 2021

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