Il responsabile del disastro italiano? Napolitano secondo il noto storico inglese Perry Anderson

Il responsabile del disastro italiano? Napolitano secondo il noto storico inglese Perry Anderson

"La corruzione negli affari, nella burocrazia e nella politica tipiche dell’Italia sono adesso aggravate dalla corruzione costituzionale”

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Il responsabile del disastro italiano? Non Berlusconi, ma Giorgio Napolitano secondo il noto storico inglese Perry Anderson  che analizza la crisi europea in un lungo saggio dal titolo: The Italian Disaster e dichiara: "Napolitano dovrebbe essere il guardiano imparziale dell’ordine parlamentare e non interferire con le sue decisioni. La corruzione negli affari, nella burocrazia e nella politica tipiche dell’Italia sono adesso aggravate dalla corruzione costituzionale”. Il saggio è stato pubblicato sull'ultimo numero della prestigiosa London Review of Books.
 
Così da studente aderisce al Gruppo Universitario Fascista, poi diventa comunista tutto d’un pezzo: nel 1956 plaude l’intervento sovietico in Ungheria, nel 1964 si felicita per l’espulsione di Solgenitsyn, sostenendo che “solo i folli e i faziosi possono davvero credere allo spettro dello stalinismo”. Fedele alla linea del più forte, vota sì all’espulsione del Gruppo del Manifesto per i fatti di Cecoslovacchia e negli anni Settanta diventa “il comunista favorito di Kissinger”, perché il nuovo potere da coltivare sono ora gli Stati Uniti.
Gli Usa e Craxi sono i nuovi fari di Napolitano e dei miglioristi (la corrente era finanziata con i soldi della Fininvest) e nel 1996 il nostro diventa ministro degli Interni (per la prima volta uno di sinistra), garantendo agli avversari che “non avrebbe tirato fuori scheletri dall’armadio”. Ma il meglio Napolitano lo dà da presidente della Repubblica: nel 2008 firma del lodo Alfano, che “garantisce a Berlusconi come primo ministro e a lui stesso come presidente l’immunità giudiziaria”, dichiarato poi incostituzionale e trasformato nel 2010 nel “legittimo impedimento”, anch’esso dichiarato incostituzionale nel 2011.
E poi una gragnuola di fatti: il mancato scioglimento delle Camere nel 2008, l’entrata in guerra contro la Libia del 2011 (scavalcando costituzione, senza voto parlamentare, violando un trattato di non aggressione), le trame con Monti e Passera per sostituire Berlusconi, modo – secondo Anderson – “completamente incostituzionale”.
Per non parlare della vicenda della ri-elezione al secondo mandato (“a 87 anni, battuto solo da Mugabe, Peres e dal moribondo re saudita”) e delle ultime vicende, con il siluramento del governo Letta. Napolitano, che dovrebbe essere “il guardiano imparziale dell’ordine parlamentare e non interferire con le sue decisione”, scrive lo storico britannico, rompe ogni regola. “La corruzione negli affari, nella burocrazia e nella politica tipiche dell’Italia sono adesso aggravate dalla corruzione costituzionale”.
E poi il caso Mancino e la richiesta di impeachment contro il presidente da parte di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, e l’invocazione della totale immunità nella trattativa Stato-mafia, che Anderson definisce “Nixon-style”, termine che evoca scandali come il Watergate. Ma gli esiti italiani sono stati diversi, come ben sappiamo.

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