Il sonno della memoria genera mostri: la RPC celebra l'anniversario della vittoria nella 2° Guerra Mondiale
di Stefania Fusero*
La Seconda Guerra Mondiale ha dato forma al mondo geopolitico in cui viviamo oggi, alle istituzioni che regolano le relazioni internazionali, persino al nostro modo di comprendere concetti fondamentali quali il bene e il male.
Non stupisce quindi che nel contesto attuale di guerra ibrida in cui siamo immersi, della quale la propaganda è parte essenziale, la memoria della Seconda Guerra Mondiale sia diventata essa stessa un campo di battaglia in cui la manipolazione dei fatti storici avviene attraverso l'enfasi selettiva su determinati eventi, il silenzio su altri e la riformulazione degli eventi per adattarli all'agenda del potere.
Il prossimo 3 settembre la Repubblica Popolare Cinese celebrerà solennemente l'80° anniversario della vittoria nella guerra di resistenza del popolo cinese contro l'aggressione giapponese e nella guerra mondiale antifascista.
Durante la seconda guerra mondiale la Cina combattè a fianco di Unione Sovietica, Gran Bretagna e Stati Uniti, e pagò un prezzo altissimo in termini di morti con un totale di 20 milioni di vittime, eppure il suo ruolo resta poco conosciuto in Occidente.
L'inizio della guerra fra l'impero giapponese e la giovane repubblica cinese viene convenzionalmente fatto risalire al cosiddetto incidente del 7 luglio 1937 nei pressi del ponte Lúg?u Qiáo o Marco Polo, a sud-ovest di Beijing, ma il Giappone aveva formalmente occupato la regione della Manciuria già dal 1931, espandendo quindi gradualmente il suo controllo su parti della Cina settentrionale.
L'occupazione giapponese venne strenuamente contrastata dalla resistenza del popolo cinese, nonostante la preponderante forza militare nipponica, a cui bastarono due anni per prendere possesso di gran parte dei porti, delle ferrovie e delle maggiori città, comprese Beijing,Tianjin e Shanghai.
In particolare la caduta di Nanchino (Nanjing), la capitale nazionalista, divenne nota come il Massacro di Nanchino (dicembre 1937-gennaio 1938), nel corso del quale 300.000 civili e soldati arresi furono massacrati e decine di migliaia di donne violentate.
E tuttavia i cinesi non cedettero e la guerra si prolungò ben oltre le aspettative del Giappone, che manteneva il controllo delle principali città ma non riusciva ad avere la meglio della resistenza nel resto della Cina occupata.
Per il popolo cinese la guerra iniziò dunque nel 1931 e finì nel 1945, quando l'imperatore Hirohito annunciò la resa incondizionata il 15 agosto, per firmarla ufficialmente il 2 settembre. Se l'Europa fa coincidere l'inizio della seconda guerra mondiale con l'invasione della Polonia il 1° settembre 1939, per la Cina invece essa iniziò nel 1931 e durò per ben quattordici anni.
Rana Mitter, storico britannico autore del libro Forgotten Ally: China's World War II, 1937-1945 afferma che "molti non si rendono neppure conto che la Cina abbia avuto qualche ruolo nella Seconda Guerra Mondiale...Chi è a conoscenza del coinvolgimento della Cina spesso lo liquida come un teatro secondario... non meritevole dell'analisi approfondita che spetta alle principali potenze coinvolte".
"Il periodo dal 1937 al 1939 è uno dei più importanti per la resistenza cinese in tempo di guerra... In effetti... il momento cruciale arrivò nel 1938, quando la Cina si sarebbe potuta arrendere ai giapponesi e ottenere un qualche tipo di accordo, ma ciò avrebbe significato che l'intera guerra sarebbe stata diversa".
Eppure all'epoca la leadership delle forze alleate era pienamente consapevole del ruolo fondamentale svolto dai cinesi nella vittoria finale.
- Churchill: Se la Cina fosse caduta, almeno 15 o 20 divisioni giapponesi sarebbero state libere di invadere l'India. Un attacco del genere sarebbe diventato una possibilità concreta.
- Stalin: Solo quando il Giappone venne legato mani e piedi in Cina, l'Unione Sovietica potè evitare di combattere su due fronti in caso di attacco tedesco.
F.D. Roosevelt: Se la Cina fosse crollata, pensate a quante divisioni il Giappone avrebbe potuto spostare altrove. Avrebbe potuto invadere Australia e India senza molta resistenza e unirsi alla Germania in Medio Oriente, isolando l'Unione Sovietica, invadendo l'Egitto e interrompendo tutte le linee di comunicazione attraverso il Mediterraneo.
Oggi, nell'anniversario della resa giapponese, il portavoce del Dipartimento di Stato USA ha dichiarato – commento ripubblicato dall'Ambasciata statunitense in Cina- che 80 anni fa, Stati Uniti e Giappone posero fine ad una guerra devastante nel Pacifico. Da 80 anni, Stati Uniti e Giappone sono schierati fianco a fianco per salvaguardare la pace e la prosperità nel Pacifico.
Una guerra devastante nel Pacifico combattuta da chi contro chi?
In risposta a tale dichiarazione il portavoce della Difesa cinese ha sottolineato che durante la Seconda Guerra Mondiale, i fascisti giapponesi commisero crimini efferati e inflissero sofferenze indicibili ai popoli di tutto il mondo, compresi gli americani. Tuttavia, gli Stati Uniti sembrano soffrire di amnesia.
L'impero giapponese commise incommensurabili atti di distruzione ed atrocità, quali quelli di cui si macchiò l'Unità 731, che condusse esperimenti medici così disumani da fare impallidire persino famigerati criminali quali il dottor Mengele. Nessuno dei leader dell'Unità 731, incluso il suo responsabile, il generale Shir? Ishii, venne processato per crimini di guerra su insistenza degli Stati Uniti, in cambio della completa divulgazione da parte del Giappone agli Stati Uniti delle scoperte e dei risultati dei suoi esperimenti di guerra biologica.
Da parte sua Nobusuke Kishi, primo ministro del Giappone dal 1957 al 1960, che aveva gestito lo stato fantoccio del Manchukuo in Cina negli anni '30, dopo essere stato incriminato come criminale di guerra fu liberato dagli Stati Uniti, che lo avevano selezionato come leader politico atto a contrastare l'influenza dei partiti socialista e comunista giapponesi. Kishi fu determinante nella fondazione del Partito Liberal Democratico e fondò la dinastia Sat?–Kishi–Abe, comprendente il fratello minore Eisaku Sat? e il nipote Shinzo Abe, che in seguito ricoprirono entrambi la carica di primo ministro.
Il 15 agosto scorso, anniversario della resa incondizionata del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale, alcuni membri del governo giapponese e legislatori del Partito Liberal Democratico hanno scelto di ricordare la ricorrenza con una visita al Santuario Yasukuni, dove sono sepolti i criminali di guerra di Classe A, dando un chiaro segnale che il Giappone non riconosce la sua storia di aggressione, assecondato in questo dal trattamento di favore riservato ai criminali di guerra giapponesi.
Il revisionismo storico che ha caratterizzato l'aggressione giapponese nei confronti della Cina consente di raffigurare il Giappone esclusivamente come vittima della guerra, sottolineando i bombardamenti di Hiroshima, Nagasaki e Tokyo e minimizzando o omettendo eventi come il massacro di Nanchino, la storia della famigerata Unità 731 o l'uso forzato delle cosiddette 'donne di conforto'.
Questa memoria selettiva è frutto della distorsione e negazione della storia, e sta alimentando un nuovo militarismo e una pericolosa politica estera. Il libro bianco "Defense of Japan 2025" enfatizza la cosiddetta "minaccia cinese", usandola come pretesto per aumentare drasticamente la spesa per la difesa e sviluppare armi offensive, tanto che l'impegno di spesa porterà la forza militare giapponese al terzo posto nel mondo entro il 2027.
Il ministro degli Esteri Wang Yi ha ammonito il Giappone: "Solo affrontando la storia con franchezza si può guadagnare rispetto; solo traendo lezioni dalla storia si può esplorare un futuro migliore; solo ricordando il passato si può evitare di deviare di nuovo sulla strada sbagliata".
Sono molte le iniziative intraprese dalla Cina in vista delle celebrazioni dell'80° anniversario della vittoria e anche il mondo del cinema ha dato il suo contributo. “Dead to Rights” è ambientato durante il Massacro di Nanchino; “Dongji Rescue”, basato sul documentario “The Sinking of the Lisbon Maru”, racconta il salvataggio di centinaia di prigionieri di guerra alleati sotto il fuoco nemico giapponese ad opera dei pescatori cinesi; “731 Biochemical Revelations”, in uscita il 18 settembre, denuncia gli efferati crimini di guerra batterica commessi dall'esercito giapponese.
L'evento centrale delle celebrazioni, però, è costituito da un'imponente parata militare in piazza Tiananmen, Beijing, la mattina del prossimo 3 settembre, che sottolineerà il ruolo storico della Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese (1931-45) come principale teatro orientale della Guerra Mondiale Antifascista e il suo significativo contributo alla vittoria in quest'ultima.
Perchè proprio una parata militare rappresenterà il punto più alto delle celebrazioni?
La parata mira a dimostrare la ferma determinazione della Cina a salvaguardare i risultati della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale sostenendo e promuovendo la corretta visione storica della seconda guerra mondiale, è quindi un passo importante per ripristinare la verità storica in onore di chi nel passato ha scelto di combattere per liberare il Paese ed il mondo intero dall'oppressione dell'imperialismo e del fascismo.
La parata, però, attraverso un impressionante dispiegamento di forze e di armamenti di nuova generazione, dimostrerà al contempo la forte capacità dell'esercito cinese di salvaguardare la sovranità e sicurezza nazionali, nonché di sostenere la pace nel mondo.
In altre parole, mentre si addensano nuvole sempre più minacciose all'orizzonte, la parata del 3 settembre invierà un messaggio inequivocabile: 80 anni fa, quando eravamo deboli e poverissimi, siamo riusciti a sconfiggere le forze dell'imperialismo fascista, a maggior ragione ci riusciremo oggi se verremo aggrediti.
*Stefania Fusero, Friends of Socialist China