Il Venezuela accusa la Guyana di "Operazione di falsa bandiera"
Il governo venezuelano ha categoricamente respinto le accuse di presunti attacchi contro truppe guyanesi nella regione di confine del fiume Cuyuní, definendole una “nuova operazione di falsa bandiera” orchestrata per destabilizzare l’area e giustificare interferenze esterne. La polemica riaccende la storica disputa territoriale sull’Esequibo, ricco di petrolio, mentre Caracas si prepara per le elezioni del 25 maggio.
In un comunicato diffuso sul canale Telegram del ministro degli Esteri Yván Gil, il Venezuela ha rigettato le dichiarazioni della Forza di Difesa della Guyana del 15 maggio, che attribuiva a Caracas la responsabilità di tre attacchi armati contro militari guyanesi durante pattugliamenti notturni nel Cuyuní. Secondo Caracas, i dati raccolti dalle Forze Armate nazionali dimostrerebbero l’inesistenza degli episodi, definiti invece una “strategia mediatica” per “presentare come vittima la Guyana e creare tensioni artificiali”.
Il comunicato venezuelano punta il dito contro i “laboratori del Comando Sud degli Stati Uniti”, accusati di aver architettato una “propaganda economica” per perpetuare il “saccheggio transnazionale” delle risorse nell’Esequibo. “Nulla fermerà il dovere sacro dello Stato venezuelano di avanzare verso le elezioni del 25 maggio”, si legge nel documento, riferendosi alla consultazione che designerà le autorità dello Stato di Guayana Esequiba, basandosi sul referendum del 3 dicembre 2023 in cui il 95% dei venezuelani ha sostenuto l’incorporazione del territorio conteso.
Dal canto suo, la Guyana ha condannato “con energia” gli attacchi del 14-15 maggio, descritti come azioni coordinate da civili armati provenienti dal versante venezuelano. Georgetown insiste nel rivendicare la sovranità sull’Esequibo, un’area di 160.000 km² contesa da quasi due secoli ma tornata centrale dopo la scoperta di vasti giacimenti petroliferi offshore nel 2018. La decisione della Guyana di affidare - in maniera unilaterale - alla statunitense ExxonMobil lo sfruttamento delle risorse ha ulteriormente inasprito i rapporti, con Caracas che considera, secondo i precedenti accordi sulla questione, la mossa come un’illegittima intrusione in territorio rivendicato.
Il Venezuela basa le sue rivendicazioni sul Trattato di Ginevra del 1966, che riconosce la disputa e invita a una soluzione negoziata, disconoscendo invece il ricorso della Guyana alla Corte Internazionale di Giustizia nel 2018. “Il Sole del Venezuela sorge nell’Esequibo!”, ha ribadito il governo bolivariano di Nicolás Maduro, sottolineando un’eredità storica che risale ai “padri liberatori” della patria.
Il comunicato di Caracas denuncia una “regia esterna” volta a legittimare lo sfruttamento delle risorse tramite attori stranieri, in un’area considerata strategica per gli interessi energetici globali. Secondo diversi analisti, la retorica anti-statunitense ribadisce la volontà del Venezuela di posizionarsi come baluardo della sovranità latinoamericana, contrastando l’influenza di Washington in un contesto di crescenti rivalità geopolitiche.
Nonostante le tensioni, il governo venezuelano assicura di privilegiare la via diplomatica e legale, respingendo ogni “provocazione o menzogna” che possa distogliere l’attenzione dalle imminenti elezioni. Tuttavia, il clima resta teso, con la comunità internazionale in allerta per possibili escalation in una delle zone più calde del continente.
Le elezioni per lo Stato di Guayana Esequiba rappresentano un passaggio simbolico cruciale per Caracas, che intende rafforzare la propria legittimità sul territorio attraverso un atto democratico.