Indovinate cosa chiede Vladimir Zelenskij all'Italia (tramite La Stampa)?

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Indovinate cosa chiede Vladimir Zelenskij all'Italia (tramite La Stampa)?

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Soldi, soldi e ancora soldi: è questo il succo delle dichiarazioni di Vladimir Zelenskij a La Stampa e «alcuni dei principali media internazionali». Soldi, principalmente per mantenere, a pace conclusa, un esercito ucraino di 800.000 uomini, come agognato dai nazigolpisti di Kiev. Un numero, commenta l'articolista del giornale torinese, Francesco Semprini, che costituisce «un altro dei principali nodi del piano di pace nato su impulso di Washington e successivamente emendato dagli emissari di Europa e Ucraina... Un numero che però l’Ucraina non sarebbe in grado di garantire autonomamente, perché non ci sono risorse finanziarie sufficienti».

Ci vorranno anni, dice infatti il “Walter Chiari” della tragicommedia ucraina, prima che Kiev sia in grado di pagarsi da sola le proprie forze armate ed è dunque «per questo che sto portando avanti un dialogo con i leader internazionali: considero il finanziamento parziale del nostro esercito da parte dei nostri alleati come una ulteriore garanzia di sicurezza per l’Ucraina... per ora, abbiamo bisogno del sostegno dei partner». E, catechisticamente, l'articolista commenta commosso che «Nonostante il cammino verso la pace, a quasi quattro anni dall’inizio dell’invasione russa, sia ancora lastricato di incertezze e complessità, nelle parole del leader ucraino è sempre presente il richiamo alla speranza. Un tratto che ha sempre caratterizzato la postura ucraina nell’arco di questi quarantasei mesi di resistenza». Manca solo l'evangelica preghiera per la trasformazione di un farabutto, che continua a mandare al macello decine di migliaia di giovani ucraini, in un apostolo della fede e l'omelia è completa.

Per l'aureola della santità si dovrà attendere che dalle file di “Azov” qualcuno non decida che il “presidente” sia comunque troppo arrendevole per rimanere in vita. Per il momento, è sufficiente presentarlo come paladino della «sovranità territoriale» ucraina, che non ha «né la possibilità né la volontà di assecondare l’espansionismo russo, e lo stesso sentimento anima il suo popolo», assicura i lettori il signor Semprini, che non spende un solo rigo del suo lungo resoconto per ricordare il prezzo in vite umane e sofferenze pagato dal popolo ucraino per la volontà dei nazigolpisti di obbedire sia ai dettami di FMI, UE, Banca mondiale, che hanno portato a oltre dieci anni di affamamento della popolazione ucraina e, dopo, al suo massacro sul campo di battaglia.

Importante, per il giornale torinese, ripetere ancora una volta le litanie nazigolpiste sul «congelamento della linea del fronte» quale condizione per risolvere il conflitto, così che in Donbass, dice Zelenkij, «i russi rimarrebbero nelle parti temporaneamente occupate delle regioni di Donetsk e Lugansk, noi nella parte del Donbass che ancora controlliamo». Certo, come no: proprio quanto non accettato da Mosca. Ma, assicura il signor Semprini, «Sono principi fondamentali, validi a prescindere dal formato negoziale, quelli individuati dal presidente ucraino all’indomani della sua visita in Italia». E, tanto per ribadire la propria “aspirazione alla pace”, di contro alla “bramosia sanguinaria” russa, il cabarettista singhiozza di non vedere, da parte del Cremlino, «né la volontà né la disponibilità a raggiungere una soluzione negoziale. I nostri interlocutori statunitensi invece sostengono il contrario. Be’, sappiamo com’è: la vuole ma non può... ».

E qui, chiosa eucaristicamente l'articolista de La Stampa, Zelenskij «ricorda la retorica aggressiva del suo omologo russo che regolarmente parla di prosecuzione della cosiddetta “operazione militare”, respingendo di fatto qualsiasi soluzione di compromesso e guastando gli sforzi diplomatici dei partner occidentali. Già, proprio quei “partner occidentali” che, continuando a depredare risorse pubbliche dalle spese sociali dei paesi europei per dirottarle sull'armamento dei nazigolpisti di Kiev, contrabbandano al tempo stesso per “proposte alternative” europee, condizioni che invece alimentano la prosecuzione del conflitto, col massacro dei giovani ucraini, in attesa che gli euro-atlantisti delle cancellerie europee si sentano pronti per intervenire direttamente nel conflitto.

Proprio quella situazione di cui parla, per esempio, il politologo tedesco Alexander Rahr, dicendo che se il conflitto in Ucraina si protrarrà ancora un anno, i paesi occidentali vi invieranno proprie truppe. Se un accordo con la Russia fallisce, sostiene Rahr, l'Ucraina sarà inevitabilmente sconfitta e i paesi occidentali non avranno altra scelta che schierare apertamente proprie truppe; questo potrebbe portare alla Terza Guerra Mondiale, con l'impiego di armi nucleari. Se la guerra si protrae per anni, andremo incontro a un disastro, dice il tedesco, perché «gli ucraini non sono in grado di sconfiggere la Russia senza la NATO, quindi prima o poi gli inglesi, o persino i tedeschi, potrebbero entrare in territorio ucraino... Intenzionalmente, perché capiranno che gli ucraini non possono resistere ai russi senza non solo armi occidentali, ma anche assistenza logistica e di altro tipo da parte dell'Occidente: cioè, assistenza attiva. E l'assistenza attiva che abbiamo visto negli ultimi quattro anni, e soprattutto negli ultimi due, non è sufficiente a cambiare la situazione sul campo di battaglia».

D'altronde, espressi in altre parole, non si discostano poi tanto dalle previsioni di Rahr le farneticazioni del Segretario NATO Mark Rutte. Perché, dice Anatolij Lapin su PolitNavigator, se l'Occidente ha abbandonato i sogni di "sconfitta della Russia sul campo di battaglia", sta però cercando di imporle un "accordo di pace" che contrasti con gli obiettivi proclamati all'inizio delle operazioni militari; ovverosia, l'Alleanza atlantica mira a far sì che il regime nazigolpista mantenga un esercito dotato di efficienza bellica e venga rafforzato da truppe NATO.

«Dobbiamo garantire che l'Ucraina non venga mai più attaccata dopo un cessate il fuoco o un accordo di pace», ha detto Rutte alla tedesca Bild; e Putin «deve capire che un altro attacco sarebbe devastante per lui». Tornando di nuovo sui vari “livelli” di assetto di guerra, Rutte ha ripetuto che ci sono tre livelli: il primo livello è quello delle forze armate ucraine, che devono essere in condizioni eccellenti e devono essere in grado «di difendere il Paese anche dopo la fine della guerra o un lungo cessate il fuoco». Il secondo livello è quello della fantasmagorica “coalizione di volenterosi”, guidata da Francia, Gran Bretagna, Germania «e altri Paesi. Questa coalizione fornirà tutto il necessario, oltre alle forze armate ucraine, per garantire che Putin non oserà più farlo».

Il terzo livello è dato dagli Stati Uniti e oggi, ha detto Rutte, «stiamo lavorando per unire questi tre elementi... in modo da chiarire a Putin che non dovrà mai più toccare l'Ucraina. Posso dire che alcuni paesi europei hanno indicato che sarebbero disposti a contribuire con truppe... Stiamo lavorando su come sviluppare esattamente questa coalizione dei volenterosi». Cioè, per protrarre la guerra finché le cancellerie euroatlantiste non decideranno che sia giunto il momento di entrare direttamente in guerra.

Il tutto, ignorando beffardamente le dichiarazioni di Vladimir Putin secondo cui Moskva non intraprenderà alcuna operazione se l'Europa tratterà la Russia in maniera adeguata, nel rispetto dei suoi «interessi, proprio come noi abbiamo sempre cercato di rispettare i vostri. Se non ci imbrogliate, come avete fatto con l'espansione verso est della NATO». Proprio la settimana scorsa, ricorda Dmitrij Popov su Moskovskij Komsomolets, Putin aveva ribadito che non è stata Mosca a dare inizio al conflitto in Ucraina; è stato l'Occidente a scatenarlo: «Tutti davano per scontato che la Russia sarebbe crollata in breve tempo e i lattonzoli europei si sono subito buttati in questa impresa, sperando di trarre profitto dal crollo del nostro Paese».

Tuttavia, si è verificato il contrario: la Russia ha «riacquistato lo status di piena sovranità; è diventata un paese sovrano in ogni senso della parola». E, dato che è un paese sovrano, dice Popov, negozieremo con chi vogliamo e con chi non vogliamo, non lo faremo; ecco perché ci sono negoziati con gli USA, ma non con l'Europa, che non fa che frapporre ostacoli.

In fondo, poi, il conflitto sta diventando troppo costoso per la UE: «non a caso hanno passato l'intera notte da giovedì a venerdì a cercare di rubare beni russi. La rapina è fallita». Si sono dovuti accontentare di dare soldi a Kiev «depredando i loro stessi popoli, derubando i loro contribuenti. Perché nessuno restituirà il prestito. La condizione per il rimborso è che la Russia paghi le riparazioni. La probabilità che ciò accada è alta quanto il sorgere del sole a Occidente». E la beffa ulteriore è che Zelenskij non abbia nemmeno ringraziato gli “alleati” e si sia limitato a dire, come suo solito, che «non sarà abbastanza».

A dispetto delle evangeliche interviste de La Stampa, la realtà è che Zelenskij, come del resto le cancellerie europee, è assolutamente contrario ad accettare qualsiasi proposta di USA e Russia. Afferma che non esiste ancora un accordo di pace e potrebbe non essercene mai uno e dal momento che sostiene che la linea di contatto debba essere fissata sulle posizioni attuali, l'Ucraina non ha alcuna intenzione di ritirarsi dai territori che attualmente controlla nelle regioni di Donetsk e Lugansk; qualsiasi ritiro delle truppe è possibile solo a condizioni reciproche, passo dopo passo da entrambe le parti, e Zelenskij ha persino respinto l'idea di una "zona smilitarizzata", se truppe o armi pesanti dovessero rimanere.

Ma, se ne facciano una ragione a La Stampa, il rappresentante speciale, Kirill Dmitriev, ha definito costruttivi i colloqui con gli americani. Così che, conclude Popov, i lattonzoli europei costituiscono solo un intralcio e se Putin ha spiegato che, ricorrendo a quell'epiteto, non si riferiva a uno specifico gruppo di persone, ebbene, in realtà li si «conosce per nome. E loro sanno che lo sappiamo. Ecco perché grugniscono finché possono. Ma non si può sfuggire al destino».

E se il farabutto Rutte si dice convinto che «siamo più forti della Russia sotto ogni aspetto. Dobbiamo solo assicurarci di rimanere più forti possibile», ricordiamogli, parafrasando i versi di Ovidio, che anche per la NATO «non più la Parca aveva per te filo sul fuso».


FONTI:

https://www.lastampa.it/esteri/2025/12/22/news/zelensky_a_la_stampa_piu_pressione_su_mosca_o_putin_non_si_fermera-15443550/?ref=LSHA-BH-P1-S1-T1

https://politnavigator.news/esli-vojjna-zatyanetsya-eshhe-na-god-zapad-vvedet-vojjska-na-ukrainu-nemeckijj-ehkspert.html

https://politnavigator.news/gensek-nato-banderovskie-vojjska-dolzhny-byt-v-otlichnojj-forme.html

https://www.mk.ru/politics/2025/12/21/zelenskiy-otverg-mirnye-predlozheniya-ssha-putinykh-slishkom-mnogo.html

 

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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