Israele sta fornendo armi al regime di Kiev?

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Israele sta fornendo armi al regime di Kiev?


Il trasferimento a Kiev di armi di fabbricazione russa catturate dall'esercito israeliano a Hezbollah in Libano e Siria è un “telefono senza fili”, ha dichiarato a Radio Svoboda l'ambasciatore di Israele in Ucraina Mikhael Brodskij (ca va sans dire: ebreo, nativo di Leningrado), intendendo con ciò una distorsione (forse) involontaria delle informazioni e ha affermato trattarsi solo di una passata proposta legislativa, che però, dice, non aveva avuto seguito.

La conduttrice dell'emittente, da sempre al servizio della CIA, aveva infatti ricordato a Brodskij che, nei giorni scorsi, l'ambasciatore ucraino Evgenij Korneichuk aveva incontrato la vice Ministro degli esteri israeliana Sharren Haskel, ringraziandola per l'iniziativa sulla consegna delle armi.

«Non si tratta di una iniziativa di Israele» ha risposto Brodskij, ma di «un “telefono guasto”. Qualcuno non ha capito qualcosa. Haskel, quando era ancora membro del parlamento, aveva avanzato un'iniziativa legislativa personale con cui Israele avrebbe trasferito all'Ucraina armi di fabbricazione russa catturate. L'iniziativa non era però riuscita a passare alla Knesset». Inoltre, ha detto l'ambasciatore, dopo esser diventata «vice Ministro degli esteri, quale membro del governo non può più presentare iniziative legislative personali; possiamo dunque mettere un punto alla questione. Tali temi sono interamente di competenza dell'esercito e del Ministero della difesa, che non hanno preso alcuna decisione in merito».

In compenso, il solerte rappresentante di uno stato che pratica il massacro quotidiano di un intero popolo, assicura i degni portavoce dei “valori democratici”, quale “Radio Svoboda” che, nonostante sia «ambasciatore in Ucraina da più di tre anni, non ho visto né neonazismo né antisemitismo a livello statale, quindi non si può parlare di una politica finalizzata ucraina, basata su principi neonazisti o sull'antisemitismo; è una completa assurdità», ha detto, tacendo da par suo sulla glorificazione, a livello statale, di Stepan Bandera e OUN, che collaborarono con i nazisti nei massacri, anche degli ebrei.

A proposito dei rapporti don la Russia, Brodskij ha detto che la politica di Tel Aviv si differenzia da quella occidentale solo per l'assenza di sanzioni e, appunto, di aiuti militari all'Ucraina. Le relazioni sono «piuttosto complesse, tenendo conto della posizione della Russia sulla nostra situazione in Medio Oriente e Hamas. All'ONU, la Russia vota quasi sempre contro Israele».

Allo stesso tempo, è un «paese influente in Medio Oriente e anche se oggi la sua influenza in Siria diminuisce, non significa che Mosca abbia perso le sue leve di influenza. Nel coltivare le nostre relazioni con la Russia, non possiamo ignorarne il ruolo svolto sin dai tempi dell'URSS. Un'altra questione, è quella della numerosa comunità ebraica in Russia: sono questi i momenti principali su cui basiamo la nostra politica nei rapporti con Mosca. Israele agisce esclusivamente nel proprio interesse ed è nel nostro interesse mantenere un canale di comunicazione con la Russia, senza violare le norme internazionali».

Riguardo alle sanzioni, Brodskij ha detto che, formalmente, Israele non vi ha aderito, ma «non stiamo aggirando le sanzioni, ci assicuriamo scrupolosamente che nessuna istituzione statale le violi. In generale, nei confronti della Russia e riguardo la guerra in Ucraina, agiamo in accordo con la politica generale dell'Occidente, ad eccezione del fatto che non forniamo aiuti militari a Kiev». 

L'ex concittadino di Vladimir Putin ha anche detto che Israele è in disaccordo con Mosca su una serie di questioni: «principalmente a proposito dell'Iran e del programma nucleare iraniano. Per noi questa è la sfida più importante, la minaccia più importante... I rapporti e il riavvicinamento tra Russia e Iran, soprattutto in campo militare, non possono non preoccuparci. La Russia è una potenza nucleare che, volendo, può aiutare l'Iran a dotarsi di armi nucleari. Faremo di tutto per impedirlo. Ci sono diversi modi, c'è la via diplomatica, che è preferibile, ma se non porta a un risultato, ci sono altri modi», ha detto l'ebreo ex-sovietico, confermando una volta di più lo “stile” cui il sionismo si attiene sin dalla propria apparizione e che ha ribadito da oltre un anno a oggi nei confronti del popolo palestinese.

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