La cena dei miracoli e il segreto di Pulcinella libico

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La cena dei miracoli e il segreto di Pulcinella libico



di Michelangelo Severgnini per l'AntiDiplomatico

 

Esattamente una settimana fa sui giornali italiani era apparsa (un po’ di sfuggita) una storia sconcertante: la presenza in Italia di un altro criminale di guerra libico, pari grado di quell’Al Masri di cui si era tanto parlato a inizio anno, prima arrestato, poi liberato e infine riaccompagnato sano e salvo a Tripoli da un volo di Stato italiano.

Quest’altra volta non c’è stato nemmeno l’arresto. E il PD non ha lanciato nessuna campagna contro il governo, forse troppo impegnato ad organizzare la scampagnata a Ventotene per scandalizzarsi questa volta.

Oppure, come ampiamente raccontato, semplicemente perché il PD è stato in questi ultimi 10 anni il perno del patto scellerato stabilito tra lo Stato italiano e il governo illegittimo e criminale di Tripoli, a cominciare dal Memorandum siglato dall’allora ministro Minniti.

In quest’ultimo caso (vedi articolo: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-altri_criminali_libici_in_italia_con_tanto_di_selfie_di_gruppo/41939_59814/), è stato Abdul Ghani Al-Kikli a comparire in un selfie scattato al capezzale di Adel Juma, ministro di Tripoli, ricoverato presso l’Ospedale Europeo di Roma all’EUR.

Ma è emerso nel frattempo che Al-Kikli, come molti altri criminali libici, possiede addirittura un visto “Schengen” rilasciato da Malta e, con la connivenza degli altri Paesi europei, può pertanto viaggiare in lungo e in largo per l’UE senza che nessuno intervenga, nonostante i capi d’accusa depositati al Tribunale dell’Aja, tra i quali crimini di guerra, tortura e sequestro.

Alcuni media libici hanno denunciato in questi giorni per esempio che Al-Kikli fosse a Roma lo scorso luglio per assistere alle finali della Coppa delle Nazioni Africane in accordo con il governo italiano e il Ministero dello Sport.

Al capezzale del ministero tripolino c’erano però altri personaggi, tra questi Ibrahim Ali Al-Dabaiba, figlio di quel Abdul Hamid Dabaiba che è niente di meno che il primo ministro del governo illegittimo di Tripoli, nominato truffaldinamente nel marzo del 2021 con l’unico compito di condurre la Libia alle elezioni e da allora garante del fatto che quelle elezioni non si tengano, così da poter restare, con la complicità dell’Occidente, al potere a tempo indeterminato.

Qualche giorno fa si è tenuta una cena privata a Tripoli, al termine di una giornata di digiuno così come prescritto dall’Islam nel mese di Ramadan in corso. Seduti sui divani, a consumare l’Iftar, una carrellata di criminali libici in presenza dello stesso Ibrahim Dabaiba e di Abdul Ghani Al-Kikli appena rientrati dall’Italia e di Emad Trabelsi, ministro degli interni del governo di Tripoli (a sua volta criminale di guerra). 

Tra i criminali presenti possiamo citare: Muhammad Bahron, conosciuto come “Alfar" e Bashir Khalfullah, conosciuto anche come “Al-Baqara”, Abdul Basit Al-Badri, Mahmoud bin Rajab, Moamer Al-Dawy e Omar Baghdad. Insomma, la cupola dei criminali più temibili sulla piazza a Tripoli.

Qual era il motivo di tale sontuosa riunione?

La campagna di arresti appena avviata da Ibrahim Dabaiba, figlio del primo ministro, condotta dal Servizio di Sicurezza Interna guidato da Latfi Al-Harari, contro un certo numero di candidati alle elezioni comunali.

Lo scorso novembre si erano infatti tenute elezioni comunali in moltissime municipalità libiche. I risultati non sono mai stati comunicati, ma l’elevata partecipazione e alcuni sondaggi (nonché la chiara percezione che ormai tutti hanno in Libia) avevano dato la certezza che il vero vincitore fosse stato Saif al-Islam Gheddafi, figlio del colonnello, attraverso diverse liste a lui legate.

Quelle elezioni ora vanno rifatte, perché i risultati evidentemente non sono piaciuti alle milizie di Tripoli sostenute dall’Italia.

Dunque è stato lo stesso Al-Harari ad aver informato alcuni agenti del servizio di sicurezza interna di aver ricevuto da Ibrahim Al-Dabaiba l’ordine di lanciare questa campagna, in qualità di consigliere per la sicurezza del Primo Ministro (cioè di suo padre).

In questi giorni si è messa dunque in moto la fabbrica di accuse illegali contro alcuni candidati, in particolare quelli legati a Saif Gheddafi. Elementi di sicurezza interna hanno costretto alcuni candidati a non candidarsi, sostituendoli con altri candidati nelle liste presentate alla commissione elettorale alta. Diversi altri sono stati arrestati.

Le milizie hanno avuto l’incarico ufficiale di eseguire questa campagna di arresti. Ecco a cosa serve la protezione italiana ad Al-Masri, ad Al-Kikli e a tutti gli altri: a sopprimere con la violenza delle armi la democrazia in Libia, quella che dicevamo di aver lì esportato con le bombe nel 2011.

Qualche giorno fa Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli, da noi intervistato di recente (vedi intervista: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-litalia_scherza_con_il_fuoco_in_libia_intervista_al_presidente_di_federpetroli_michele_marsiglia/5496_59255/) ha dichiarato al quotidiano egiziano Al-Shorouk: “Alcune forze politiche in Libia non sostengono lo svolgimento di elezioni per timore del ritorno del dottor Saif al-Islam Muammar Gheddafi”.

E’ il segreto di Pulcinella che il governo italiano (ma dovremmo dire lo Stato italiano tutto) non vuole ammettere, schiacciato su un sostegno incondizionato a criminali di guerra responsabili della caduta di Gheddafi e del conseguente saccheggio della Libia, così come previsto dall’agenda Nato ai giorni nostri.

Quell’aggressione non è ancora finita. Anzi, continua fino ai giorni nostri.

Ma siamo sicuri che l’Italia stia facendo i propri interessi? Essersi resi complici dei peggiori criminali libici al fine di espropriare il diritto di voto dei Libici, può in alcun modo favorire le relazioni diplomatiche tra i due Paesi? In una fase in cui il petrolio libico è sfuggito dalle mani delle milizie (che ormai controllano solo Tripoli e dintorni e per questo sono particolarmente nervose), che senso ha macchiarsi ad oltranza del sostegno a gruppi armati ormai sempre piùscaduté e feroci?

Il PD pensa ai diritti umani. La Meloni al suo Piano Mattei.

Mentre il teatro italiano va in scena, la Libia che verrà sarà necessariamente meno italiana che mai.

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Il suo film “L'Urlo" è stato oggetto di una censura senza precedenti in Italia.

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