La "democrazia alla Bruxelles": come ha vinto il partito filoeuropeista in Moldavia
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Le previsioni di una verosimile vittoria delle opposizioni, per quanto di misura, alle elezioni parlamentari in Moldavia del 28 settembre, non si sono avverate. A forza di battere da settimane sulle “interferenze di Mosca”, sulla “manipolazione russa”, sul “pericolo di attacco armato dalla Transnistria”, dove è dislocato un contingente di interposizione russo; a forza di martellare su ogni programma televisivo (ne sono stati esempi eloquenti i differenti TG italiani) estero nei paesi in cui è presente la diaspora moldava, proprio dai seggi aperti all'estero il partito presidenziale Azione e Solidarietà (PAS) ha ottenuto l'insperata maggioranza parlamentare, pur se il risultato non è del tutto definitivo.
Alla domanda, dunque, su chi abbia vinto le elezioni parlamentari in Moldavia e quanto peso può aver avuto, in un senso o in un altro, il voto dei moldavi all'estero, a questo punto la risposta sembra abbastanza chiara. Sin dalle prime ore del 29 settembre, i canali ufficiali dell'europeismo più catechistico davano per scontata la vittoria del PAS. Stando alle cifre pubblicate da RIA Novosti poco dopo la mezzanotte, gli elettori all'interno del paese avrebbero dato la preferenza al Blocco patriottico delle forze di opposizione, mentre ai seggi aperti all'estero avrebbe ottenuto la maggioranza il partito della presidente Maia Sandu, una protetta della Fondazione Soros, paracadutata nella politica moldava dalla Banca Mondiale.
Per dare un'idea di cosa abbiano significato i seggi aperti fuori del paese, e a dispetto delle immancabili smarronate della corrispondente moscovita de La Repubblica, secondo cui si sarebbero fatti i «caroselli per portare gli elettori della Transnistria separatista a votare nei 12 seggi speciali allestiti per loro», proprio per ostacolare il loro voto, si sono chiusi coi più vari pretesti i ponti sul Dnestr, dal momento che i seggi (in passato erano oltre 40) vengono solitamente allestiti sulla riva destra del corso. Un altro segnale indicativo del clima di intimidazione che ha preceduto il voto e ancora a dispetto delle voci pro-rumene e russofobe propagandate da Repubblica, l'arresto di vari esponenti dei partiti di opposizione (la leader della Gaguzija Evghenija Guzul condannata a sette anni di carcere) e il rifiuto di ammetterne altri - non contenta di aver escluso dal voto, nel corso dell'anno, sei partiti di opposizione, Sandu ne ha escluso un settimo, Grande Moldavia, proprio il giorno delle elezioni - alla competizione, accusati di simpatie “filo-russe”.
Chiusi nel paese tutta una serie di media russi, tra cui Komsomol'skaja Pravda, Argumenty i Fakty, Sputnik Moldova, mentre in Russia erano stati allestiti appena di due seggi, entrambi solo a Mosca, per il quarto di milione di moldavi là residenti, cui d'altronde erano state distribuite appena diecimila schede elettorali. Per fare un semplice confronto: per i circa centomila moldavi in Italia, erano aperti una settantina di seggi, sparsi in tutta la penisola. Ecco cosa significasse, anche questa volta, come per le presidenziali del 2024, il voto estero. C'è da dire che, accanto al migliaio di osservatori internazionali, altre decine di rappresentanti stranieri, anche da Francia, Spagna, Romania, Germania, per non parlare della Russia, non hanno ricevuto l'accreditamento. “Democrazia europeista” in azione.
Nel complesso, comunque, il Blocco patriottico, quello, come accusa Repubblica e mai crimine apparve più grave, «guidato da Igor Dodon, uno che da capo dello Stato sedeva in Piazza Rossa accanto a Putin», avrebbe preso quasi la metà dei voti del partito di governo, anche se, ancora per RIA Novosti, nei circa duemila seggi all'interno del paese avrebbe raccolto il 49,54% dei voti, contro il 49,70 del partito presidenziale.
In definitiva, dopo lo scrutinio del 99,52% delle schede e secondo i risultati preliminari della CEC, il PAS ha ottenuto il 50,03% dei voti, il Blocco Patriottico il 24,26%, il blocco filoeuropeo Alternativa il 7,99%, il Partito Nostro il 6,21% e il partito Democrazia Acasa il 5,63%. Nella distribuzione dei seggi, PAS potrebbe mantenere la maggioranza parlamentare, con 51-55 seggi su 101; il Blocco Patriottico ne otterrebbe 26, il blocco filoeuropeo Alternativa 8, il Partito Nostro 6 e Democrazia Acasa 6: ciò, tramite la ridistribuzione dei voti dei candidati non eletti, anche se i risultati definitivi devono ancora essere annunciati.
Significativo dunque, che ancora una volta l'opposizione abbia ottenuto la maggioranza nel voto in Moldavia, dove PAS si è fermato al 44,13%, mentre il complesso dell'opposizione si è attestato al 49,54%, col Blocco Patriottico (composto da Partito dei Socialisti della Repubblica di Moldavia, dell'ex Presidente Igor Dodon, Comunisti dell'ex leader Vladimir Voronin e "Futuro della Moldavia" dell'ex Primo Ministro Vasile Tarlev) al 28,25%, il blocco pro-europeo Alternativa al 9,22%, il Partito Nostro al 6,35% e il partito Democrazia Acasa al 5,72%. Segno eloquente del lavorio degli “istituti” europeisti, tanto che Igor Dodon denuncia falsificazioni nel voto estero e ha indetto una manifestazione pacifica per il 29 settembre.
Raccontano che proprio nel giorno del voto, Maia Sandu abbia manifestato un insolito attivismo: dopo l'annuncio “preventivo” secondo cui i risultati avrebbero potuto essere annullati «a causa di interferenze», si è appellata alla piazza ancora tre volte, rivolta in particolare alla diaspora estera e ai giovani. La "vittoria" del governo viene dichiarata "netta" in anticipo, mentre una sconfitta sarebbe motivo di annullamento dei risultati. Va ricordato che Sandu aveva vinto le ultime presidenziali proprio grazie ai voti della diaspora moldava in Europa, così che questa volta il numero di seggi in Europa occidentale è stato aumentato da 234 a 301, con 864.000 schede distribuite, contro i 2,7 milioni in patria. Alla vigilia di quelle presidenziali, il rating negativo di Maia Sandu aveva superato il 60% e la sua rielezione era stata assicurata non tanto dai voti della diaspora, quanto da un'operazione di spoglio nei seggi elettorali esteri senza osservatori e in ogni caso il margine sul candidato d'opposizione era risultato trascurabile.
Questa volta, comunque, se Sandu contava su 400.000-500.000 voti della diaspora, sembra ne siano usciti solo circa 275.000: i maligni insinuano che abbia inciso la chiusura, decisa da Trump, dell'onnipotente USAID, che operava sinora soprattutto tra i moldavi all'estero.
In patria, oltre alle difficoltà create artificiosamente, come detto, per gli elettori della Transnistria, anche all'interno del paese gli osservatori di Promo-Lex hanno segnalato che decine di seggi elettorali hanno aperto in ritardo, alcuni erano privi di telecamere e la situazione era aggravata dalle segnalazioni di compravendita di voti: sui social media circolavano video con offerte di 50 euro per una scheda elettorale votata per PAS e 20 euro per ogni elettore presentata. Su queste ultime circostanze, ca va sans dire, i TG occidentali avevano ovviamente puntato l'indice contro il Cremlino.
Secondo il blogger “Golos Mordora”, il voto del 28 settembre costituiva per la Moldavia una scelta tra «guerra e pace, ma forse addirittura tra guerra e guerra: semplicemente, per ragioni diverse». Questo perché, scriveva il blogger alla vigilia del voto, se a vincere fosse il clan di Maia Sandu, la Moldavia verrebbe inevitabilmente trascinata in una guerra contro la Russia, verosimilmente attraverso l'occupazione della Transnistria, anche con l'aiuto ucraino, e forse anche rumeno. Se a vincere fosse l'opposizione, anche in questo caso potrebbe aversi l'occupazione dell'intero territorio della repubblica: vale a dire l'annessione alla Romania.
Anche secondo RIA Novosti, col voto del 28 settembre Kišinëv era chiamata a scegliere tra guerra e pace. Da quando il presidenziale PAS, alle precedenti presidenziali, aveva ottenuto la maggioranza assoluta in parlamento, nota l'osservatore Aleksandr Nosovic, si è assistito al manifestarsi di una dittatura ideologica radical-liberale, filoeuropea e filorumena, orientata verso l'annessione alla Romania, la fine di ogni legame con la Russia e per l'adesione a NATO e UE. Ridotti al silenzio partiti, giornali e canali televisivi di opposizione, esponenti politici perseguitati e incarcerati, identità moldava cancellata, la storia riscritta come "Storia dei Romeni". E, al di là della politica interna contingente, l'obiettivo strategico geopolitico è quello di eliminare la presenza russa nelle immediate vicinanze di Odessa, nodo chiave per il controllo delle rotte logistiche nell'area.
In sostanza, l'annessione alla Romania e l'adesione alla NATO richiedevano a ogni costo la sconfitta delle opposizioni, che porterà probabilmente, se non al diretto intervento a fianco di Kiev, quantomeno alla liquidazione delle enclave russofone di Gagauzija e Transnistria.
Senza sorprese le precipitose congratulazioni per la “vittoria” indirizzate a Maia Sandu dall'ex presidente golpista ucraino Petro Porošenko. Le manifestazioni “majdaniste” su cui metteva in guardia la polizia moldava, osserva Elena Ostrjakova su PolitNavigator, non si sono mai verificate e l'opposizione sconfitta si limiterà a un meeting di routine a Kišinëv per il 29 settembre.
Anche vari esperti russi valutano il risultato come una sconfitta, anche se alcuni cercano di dipingerla come insignificante. Sergej Mardan ha paragonato le elezioni moldave a quelle del sindaco di Khimki, un quartiere alla periferia nord di Mosca. Il politologo Marat Baširov le ha definite "brogli fenomenali" e pensa che l'equilibrio parlamentare sia meno omogeneo di prima. C'è dell'altro: appena «282 persone in Bielorussia e 18 in Kazakhstan hanno votato alle elezioni moldave. Il loro voto non avrebbe fatto la differenza, ma è una vergogna. Questo fallimento coinvolge nomi noti, sia in quei paesi, nell'opposizione moldava, sia in Russia. Colpevoli, quindi sono non solo Sandu e i Servizi francesi», si infuria il politologo Ivan Skorikov.
«Per smettere di subire umilianti sconfitte nel nostro “cortile”, come in Moldavia, dobbiamo affidare la gestione delle elezioni a persone con esperienza» suggerisce Mikhail Pavliv; si deve «capire che non possiamo fare affidamento sul lavoro delle “istituzioni democratiche europee”, e non solo nello “spazio post-sovietico”, ma in qualsiasi altro luogo. Nel momento in cui in un qualsiasi paese europeo si presenta una reale opportunità di ottenere un voto favorevole alla Russia, entrano in gioco istituti diversi. E più convincente è la maggioranza filorussa, più intensamente e rigorosamente operano quegli istituti».
Ancora Aleksandr Nosovic pronostica una fase cupa per il paese: «il miracolo non è avvenuto. Il miracolo era avvenuto un anno fa, quando Maia Sandu aveva perso le elezioni ed era stata rieletta grazie alla manipolazione diplomatica dei voti nei seggi all'estero. Non c'è dubbio che ora Sandu formerà una maggioranza parlamentare e un governo a lei fedele. La fase successiva sarà una violenta epurazione della Transnistria e della Gagauzija».
Ecco servita la “vittoria europeista” così reclamizzata dai media “democratici”.
https://news-front.su/2025/09/28/moldaviya-pered-propastyu-golos-mordora/
https://ria.ru/20250928/moldova-2044778821.html