LA GERMANIA STA RINASCENDO COME POTENZA MILITARE?

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LA GERMANIA STA RINASCENDO COME POTENZA MILITARE?

 

di Domenico Moro

 

Recentemente in Germania il governo di coalizione tra democristiani (CDU) e socialdemocratici (SPD), guidato dal cancelliere Friedrich Merz, ha preso alcune decisioni che portano a un massiccio riarmo e rafforzamento militare. Si tratta di un fatto che non può non destare preoccupazione, perché il riarmo e il militarismo della Germania nel secolo scorso sono stati precursori delle due guerre mondiali.

Proprio per prevenire la minaccia della rinascita della potenza militare della Germania, questa, dopo la Seconda guerra mondiale, era stata divisa in due Stati, la Repubblica democratica tedesca a est e la Repubblica Federale a ovest. Dal 1990, però, il paese è di nuovo riunito in un solo Stato. La preoccupazione per la rinascita militare tedesca deriva oggi anche dall’enorme potenza industriale della Germania, che è la terza economia mondiale per Pil nominale e di gran lunga la prima in Europa anche per popolazione.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale fino ad oggi, però, la Germania è stata un gigante economico ma un nano politico e soprattutto militare, tanto che l’esercito tedesco è stato definito “un gruppo di boy scout particolarmente aggressivo”. Merz, invece, ha dichiarato che intende fare delle Forze armate tedesche quelle più forti in Europa e, per questo, ha abolito, in riferimento alle spese militari, quello che era un tabù, il vincolo al debito, permettendo finanziamenti illimitati al settore militare. La Germania, in Europa, è, del resto, l’unico grande paese che, secondo il credo neoliberista, può permettersi ingenti finanziamenti statali, perché ha un debito pubblico pari al 63% del Pil, mentre la Francia ha un debito del 116% e l’Italia del 137%.

Ad ogni modo, l’aumento della spesa militare era stato già impresso dal precedente governo del socialdemocratico Olaf Scholtz. Secondo il Sipri, tra 2020 e 2024 la spesa militare pro capite tedesca era passata da 637,52 a 1044,42 dollari, un aumento molto più sostenuto di quelli avvenuti in Francia, passata da 811,69 a 972,62 dollari, e in Italia, passata da 548,44 a 638,76 dollari.

Il cambio di passo non si riscontra soltanto sul piano della spesa militare ma anche sul lato delle risorse umane e della base industriale, destinate alla ricostituzione della potenza militare tedesca. Merz, infatti, ha programmato di aumentare il numero dei soldati dagli attuali 180mila attivi e 50 mila riservisti a 260mila attivi e 100mila riservisti. Un’altra novità significativa è che, se non si riuscirà a raggiungere tale livelli, verrà reintrodotta la leva militare obbligatoria, che fu sospesa nel 2011, come del resto è accaduto anche in Italia e in altri paesi europei. Per attrarre più giovani verso le Forze Armate il governo ha deciso di aumentare incentivi e paga, che sarà portata a 2.300 euro netti al mese.

Per quanto riguarda la base industriale, è notizia recente che Rheinmetall, impresa bellica tedesca, ha inaugurato in Bassa Sassonia un nuovo stabilimento per la produzione di munizioni di artiglieria che è il più grande d’Europa e, secondo l’azienda, del mondo. Lo stabilimento consentirà di evadere la commessa record da 8,5 miliardi di euro, firmata nel luglio 2024 dall’esercito tedesco, e destinare una parte della produzione all’Ucraina. Secondo l’amministratore delegato di Rheinmetall, lo stabilimento ha una importanza strategica non solo per Rheinmetall, ma per la Germania e per l’Europa, aggiungendo che il gruppo potrebbe costruire altri stabilimenti in paesi Nato. Infatti, sempre in questi giorni l’impresa ha firmato un contratto con la Romania per la costruzione di un nuovo stabilimento di produzione di polvere da sparo[i].

L’industria tedesca ha dimostrato una notevole capacità di adattamento all’aumento della domanda bellica, dovuta alla guerra tra Ucraina e Russia e alla volontà di riarmo della Ue. Infatti, la Germania è il quinto esportatore mondiale di armi con il 5,6% del totale mondiale (2020-2024). Nel 2024 il governo tedesco ha approvato esportazioni di armi per un valore record di 12,8 miliardi di euro, trainate dalla domanda dell’Ucraina, verso la quale va il 65% del totale dell’export tedesco e della quale è il secondo fornitore di armi, dopo gli Usa[ii].

La ricostruzione della potenza militare tedesca e le somiglianze con quanto avvenuto prima della Prima guerra mondiale, rimandano alla riflessione teorica di Rosa Luxemburg, rivoluzionaria polacca naturalizzata tedesca, che, negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale, si oppose all’imperialismo tedesco[iii]. Luxemburg fu la tra i primi economisti, se non la prima, a ricollegare il militarismo e la guerra all’imperialismo, inteso non come scelta politica di pochi governanti ma come fase del capitalismo. In L’accumulazione del capitale, pubblicata nel 1913, Luxemburg individua due fattori caratteristici che il capitalismo usa per superare le sue crisi e che rappresentano la base dell’imperialismo.

Il primo è rappresentato da quella che successivamente sarà definita accumulazione per espropriazione[iv], cioè lo sfruttamento e la sottomissione alla produzione di profitto di aree geografiche e settori non capitalistici da parte delle potenze capitalistiche. Il secondo è rappresentato dalla creazione di una nuova domanda solvibile, rappresentata dalle commesse militari dello Stato, “una domanda accentrata in una grande, unitaria, compatta potenza”. In questo modo, “il potere d’acquisto...viene sottratto all’arbitrio, alle fluttuazioni soggettive del consumo personale, per assumere una regolarità quasi automatica, un ritmo di sviluppo. (…) Questo campo specifico della accumulazione del capitale [il settore militare] sembrerebbe godere di possibilità di espansione illimitata. Mentre ogni altro allargamento del campo di smercio e della base di operazione del capitale dipende in larga misura da fattori…esulanti dalla volontà del capitale, la produzione per il militarismo rappresenta un campo la cui regolare e impetuosa espansione sembra radicata nella stessa volontà determinante del capitalismo”[v]. È questo, afferma Luxemburg, che sta alla base della politica estera, della lotta per le sfere d’influenze, per i prestiti, le costruzioni ferroviarie, ecc.

Ritornando all’oggi, la descrizione di Rosa Luxemburg del rapporto tra militarismo, guerra e capitale si adatta perfettamente a quanto avviene dalla fine della Seconda guerra mondiale nell’economia statunitense, dipendente strategicamente dalla enorme spesa militare, come fu spiegato già da Sweezy e Baran[vi]. Ma si adatta anche a quanto sta accadendo in Europa e soprattutto in Germania, afflitta da una recessione economica preoccupante e ora interessata da un forte aumento della spesa militare. La Germania aveva fondato la sua fortuna economica sulla crescita delle esportazioni, grazie alla Ue e all’euro, moneta svalutata rispetto al marco. Oggi, penalizzate dai dazi di Trump e dalla concorrenza cinese anche in settori tecnologicamente avanzati, l’Europa e soprattutto la Germania trovano nella spesa militare uno stimolante alternativo.

Ma le similitudini tra l’oggi e il periodo che ha portato alla Prima guerra mondiale non sono solo queste. Per capirlo si può fare riferimento a una pietra miliare degli studi di storia tedesca del Novecento, Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918 di Fritz Fisher (1961). Secondo questo storico, c’è una continuità di fondo tra la Prima guerra mondiale e la Seconda e tra Bethmann Holwegg, il cancelliere tedesco durante la Prima guerra mondiale, e Hitler. Questa continuità può essere fatta risalire alla volontà di crearsi una base economica e etnica più larga in Europa in modo da poter competere con le potenze mondiali dell’epoca, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Russia. Questa base consisteva, oltre che nella realizzazione di un’Africa centrale tedesca, soprattutto nel progetto della Mitteleuropa. La Francia, in questo progetto del 1914, doveva essere eliminata come potenza autonoma e annessa alla Germania, come in effetti accadrà all’inizio della Seconda guerra mondiale, mentre l’Italia doveva essere associata. Se guardiamo alla mappa di questa Mitteleuropa vediamo che coincide in gran parte con quella che oggi è la Ue e l’area euro[vii]. In pratica, la Germania con la Ue e con l’euro è riuscita lì dove non era riuscita con la violenza diretta nella Prima e nella Seconda guerra mondiale.

Un altro aspetto odierno che richiama quanto accaduto con lo scoppio della Prima guerra mondiale è la dichiarazione del carattere difensivo allora della guerra e oggi del riarmo e della ricostruzione di un potente esercito. Il cancelliere Bethmann Holwegg e tutta l’élite capitalistica tedesca mascherarono gli obiettivi aggressivi e annessionistici con la necessità di ottenere garanzie per la sicurezza della Germania. Per questa ragione il cancelliere si rifiutò di discutere pubblicamente gli obiettivi della guerra. Tale mascheramento fu anche necessario per condurre nel fronte unito delle varie forze politiche a sostegno della guerra anche la SPD, che aveva all’origine una posizione contro la guerra e il militarismo, e che, insieme ai sindacati socialisti, era allora la maggiore organizzazione di massa della Germania. La socialdemocrazia tedesca votò nel 1914 a favore delle spese militari e con ciò diede il suo benestare alla guerra. Solo più tardi, nel 1915, alcuni deputati cominciarono a votare contro la guerra e, nel 1916, si verificò una scissione nella SPD. Mentre una parte continuò a sostenere lo sforzo bellico fino alla fine, un’altra parte diede vita alla USPD, contraria la guerra.

Anche oggi, il governo tedesco cela gli interessi che sono la causa del riarmo e della ricostruzione della potenza militare tedesca dietro la necessità di difendersi dalla Russia, tacendo la continua pressione esercitata sulle frontiere russe con l’espansione della Nato a est e la decennale aggressione da parte dell’Ucraina delle popolazioni russofone del Donbass. Il ministro della difesa tedesco, Boris Pistorius, socialdemocratico, ha affermato: “Non si tratta di mandare nessuno in prima linea, anzi, è tutto il contrario. Una Bundeswehr [il nome dell’esercito tedesco] forte all’interno della Nato contribuisce a una deterrenza efficace, in modo che nessuno debba andare in guerra. Si tratta di scoraggiare chiunque possa attaccarci”[viii]

Un'altra similitudine con la Prima guerra mondiale è l’uso del sentimento anti-russo, che all’epoca venne giocato soprattutto nei confronti della SPD. Infatti, per i socialisti europei la Russia zarista era storicamente il bastione della reazione. Allora c’era il dispotismo zarista, oggi vengono evocati l’autoritarismo e l’autocrazia di Putin a giustificare le scelte socialdemocratiche. Non a caso la Luxemburg nel Juniusbroschüre, scritto nel 1915 mentre era reclusa in carcere per la sua attività contro la guerra, attaccò la retorica della guerra contro il dispotismo russo, ribadendo che era la Germania ad essere diventata il nuovo bastione europeo della reazione[ix]. Uno degli obiettivi della Germania nella Prima guerra mondiale, in effetti, era la compressione della Russia nei suoi confini e l’annessione o la subordinazione dei paesi dell’Europa dell’est nella nuova Mitteleuropa. 

Esiste, quindi, una linea di continuità tra il progetto di Mitteleuropa del 1914, il Lebensraum (spazio vitale) nazista e il comportamento della Germania degli ultimi decenni. Cambiano i mascheramenti ideologici e il tipo di regime politico, ma rimane intatto il contenuto economico e sociale, cioè la volontà di espansione del capitale tedesco in Europa occidentale e orientale e la realizzazione di una base economica che permetta alla Germania di confrontarsi alla pari con le altre potenze mondiali, nel passato la Gran Bretagna, gli Usa e la Russia, oggi gli Usa e la Cina. Questo tentativo, come ha dimostrato la storia del XX secolo, è fallito per due volte.

La domanda, quindi, è la seguente: la Germania è riuscita a raggiungere questo obiettivo oggi? La risposta è che vi è riuscita solo in parte. La costruzione del mercato unico e della moneta unica ha permesso finalmente alla Germania di realizzare quella area economica europea che doveva costituire la base della sua espansione mondiale, così come il crollo dell’Urss ha permesso la sua espansione in Europa orientale. Tuttavia, il modello neo-mercantilista tedesco, basato sulle esportazioni, sta fallendo di fronte ai dazi statunitensi e alla concorrenza cinese. Ma c’è un altro problema. La Ue è soltanto una unione mercantile e non una unione politica e militare, come invece la Mitteleuropa e il Lebensraum erano o avrebbero potuto essere. La Germania è egemone economicamente ma politicamente e militarmente no. La Ue è composta di Stati relativamente autonomi e indipendenti, a partire dalla Francia.

Quello che emerge è il tentativo del capitale e dell’imperialismo non solo tedesco ma europeo occidentale di costruire una unità economico-politica-militare che gli permetta di competere alla pari con Usa e Cina. Questa tendenza trova l’espressione più chiara in personalità come Mario Draghi, che recentemente, al Meeting di Rimini, ha paventato l’irrilevanza europea se non si realizza una più stretta unificazione politica e militare. Ma tale unione è ancora molto lontana. Infatti, in Europa convivono in modo contraddittorio spinte all’unità e all’autonomia nazionale. Attualmente, l’unità manca anche all’interno dell’asse franco-tedesco, che pure aveva guidato la Ue per tanti anni. Tale difficoltà si vede più chiaramente nella questione della difesa e del riarmo. Infatti, il riarmo europeo è, in realtà, un riarmo delle singole nazioni, che rischia di produrre nuovi squilibri, visto che la disponibilità di bilancio per la spesa militare sono molto differenti da un paese all’altro.

A questo punto sorge una seconda domanda: la Germania può ridiventare la potenza militare che è stata nel passato? Se, da una parte, ci sono le condizioni economiche e industriali (almeno per il momento), dall’altra parte mancano le condizioni soggettive. La società tedesca di oggi è molto diversa da quella tra le due guerre mondiali. In primo luogo, la Germania, come molta parte dell’Europa occidentale, sconta un tasso di natalità molto basso che si traduce in un invecchiamento e in una riduzione della popolazione. I demografi prevedono per il futuro meno tedeschi in età da lavoro e anche in età militare.

Ma non solo ci sono e ci saranno meno giovani. Le ambizioni di Merz si scontrano con lo scarso interesse manifestato dai giovani per la carriera militare. Proprio i giovani in età di servizio militare hanno votato in massa per partiti molto critici verso l’establishment tedesco: il 26% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha votato per Die Linke e il 21% per Alternative für Deutschland, solo il 13% ha scelto la CDU e appena l’11% la SPD. La eventuale reintroduzione della leva militare obbligatoria rischia di ridurre ulteriormente la popolarità del governo. I consensi per Merz si sono andati riducendo in questi mesi fino al 30% e nei sondaggi sulle intenzioni di voto la CDU è incalzata e, in qualche caso, superata da Alternative für Deutschland[x].

Un altro aspetto che rende difficile la ricostruzione della potenza militare tedesca è il fatto che la Germania, in quanto paese sconfitto della Seconda guerra mondiale, è dipendente sul piano militare dagli Usa, che conservano nel paese molte basi militari. La dichiarata volontà di Trump di smarcarsi da un impegno militare in Europa, non significa che gli Usa rinuncino alla loro egemonia sul continente. A questo si ricollega il fatto che la Germania manca del tutto di armi nucleari proprie, tanto che Merz parla di costruire l’esercito “convenzionale” più forte dell’Europa. Ma senza armi nucleari oggi non c’è potenza che tenga. Se la reintroduzione della leva rischia di far sprofondare il governo nella impopolarità, una politica di riarmo nucleare lo farebbe ancora di più. Si potrebbe pensare che la Germania possa fare affidamento sulle armi nucleari francesi. Ma, oltre al fatto che la Francia ha un deterrente nucleare molto inferiore a quello russo[xi], c’è da rilevare che i transalpini tengono ben stretto il controllo e la decisione di utilizzare queste armi.

Infine, c’è da tenere conto che, a differenza di quello russo, gli eserciti europei occidentali sono piccoli eserciti di professionisti, pensati e addestrati per missioni all’estero, in cui gli avversari sono guerriglieri e milizie prive di armi pesanti. I paesi europei occidentali sono disabituati a combattere guerre di attrito, cioè basate sul logoramento dell’avversario, come quella in corso tra Russia e Ucraina. Per formare Forze Armate adatte a questo tipo di guerra e trasformare la dottrina militare europea, ci vorrebbero diversi anni.

Da quanto siamo venuti dicendo fino ad ora, si può affermare che una rinascita della potenza militare tedesca, almeno nell’immediato e nella misura in cui l’abbiamo conosciuta tra fine Ottocento e la metà del Novecento, sarà difficile a raggiungersi. Ma questo non vuol dire che il riarmo tedesco non sia pericolosissimo. La ricostruzione di una potenza militare tedesca, per quanto limitata essa sia, può essere la base per l’ennesima delle avventure europee contro la Russia, che hanno avuto esiti disastrosi per le potenze che le avevano intraprese, da cavalieri teutonici nel medioevo, alla Svezia del XVIII secolo, alla Francia napoleonica e alla Germania nazista. Il contesto di crisi in cui versa l’imperialismo europeo, a partire da quello francese e tedesco, rappresenta il combustile che può alimentare una nuova e più devastante guerra con la Russia. Per questo è importante denunciare e combattere il riarmo e la volontà di potenza europea e tedesca come fattori di destabilizzazione, che avvicinano anziché allontanare la prospettiva di una guerra. 

  

[i] “Rheinmetall, in arrivo la fabbrica di munizioni più grande d’Europa”, il Sole24ore, 28 agosto 2025.

[ii] M. George, K. Djokic, Z. Hussain, P.D. Wezeman, S.T. Wezeman, Trends in International Arms Transfers, Sipri Fact Sheet, March 2025.

[iii] Rosa Luxemburg, nata in Polonia nel 1871, si trasferì in Germania nel 1898 dove aderì alla SPD. Fu tra i maggiori teorici marxisti della Seconda internazionale. Critica nei confronti della guerra e della SPD, che aveva votato per i crediti di guerra, fu incarcerata dal governo tedesco. Nel 1916 fondò la Lega di Spartaco, che sarà il nucleo del futuro Partito comunista tedesco. Nel 1919 fu uccisa dai Freikorps, milizie di estrema destra, con l’appoggio del governo socialdemocratico. 

[iv] Su questo concetto si veda David Harvey, The New Imperialism, Oxford University Press, Oxford 2003.

[v] Rosa Luxemburg, L’accumulazione, cit. in Lelio Basso, Introduzione a Rosa Luxemburg, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 57-58.

[vi] Paul A. Baran e Paul M. Sweezy, Il capitale monopolistico. Saggio sulla struttura economica e sociale americana, Giulio Einaudi Editore, Torino 1968.

[vii] Si veda la cartina a p. 109 di Fritz Fisher, Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918, Res Gestae, Milano 2021. Alla Mitteleuropa appartenevano, oltre alla Francia e all’Italia, anche l’Austria, la Scandinavia, i paesi baltici, quelli balcanici e il resto dei paesi dell’Europa orientale.

[viii] Gianluca Di Donfrancesco, “Berlino, riforma del servizio militare: più soldati volontari”, il Sole24ore, 28 agosto 2025.

[ix] Rosa Luxemburg, The Junius Pamphlet. https://www.marxists.org/archive/luxemburg/1915/junius/

[x] Gianluca Di Donfrancesco, “Berlino, riforma del servizio militare: più soldati volontari”, il Sole24ore, 28 agosto 2025.

[xi] La Francia, secondo il Sipri Yearbook 2025, dispone di 290 testate nucleari, mentre la Russia dispone di 5,459 testate.

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