LA LEZIONE POLITICA DALLE INTERCETTAZIONI
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di Michelangelo Severgnini
All'interno del pezzo odierno de La Verità dedicato alle mirabolanti intercettazioni del duo Casarini-Caccia, quest'ultimo prova a ottenere dei migranti dal governo di Bengasi.
Strano, un anno fa mi aveva accusato di aver stretto le loro mani sporche di sangue. Forse era invidia, allora.
Ad ogni modo, l'emissario del governo di Bengasi con il quale Caccia è in contatto, in sostanza, gli risponde: 1) la nave Nivin è bloccata nel porto di Misurata e quella è una parte della Libia fuori dal nostro controllo, cioè dal controllo dell'Esercito Nazionale Libico, e controllata dalle milizie sostenute dal governo usurpatore di Tripoli sostenuto dall'Italia (il fatto che il funzionario lo debba spiegare lascia intendere che il Caccia di come funzioni la Libia ci abbia capito ben poco); 2) il governo di Bengasi non è un governo di tagliagole come quello di Tripoli e noi non vendiamo esseri umani.
L'articolista spiritoso alla fine chiosa: "come (intenda cambiare la situazione) non è dato sapere".
Cosa non si sa?
Si sa tutto benissimo.
Si sa come il governo legittimo libico costretto ad un esilio interno a Bengasi pensa di cambiare le cose: tenendo elezioni.
Quelle che l'occidente impedisce in Libia da 2 anni per mantenere a Tripoli e Tripolitania un governo illegittimo e fantoccio.
Pertanto la risposta data dal funzionario di Bengasi al Caccia non è "infelice", è la cruda realtà, è una lezione politica. Sarà infelice forse per chi in Italia pervicacemente la nasconde.
E in questo La Verità e Mediterranea stanno dalla stessa parte.
Per questo motivo, mi sento equidistante in questa disputa, cioè a debita distanza.
Si guardino piuttosto il documentario "Il cielo sopra Bengasi", sia il Giacomo Amadori sia il Caccia. Almeno saprebbero di cosa parlano.
"Il cielo sopra Bengasi" (50', 2022):