La miracolosa vittoria dei portuali Usa

1012
La miracolosa vittoria dei portuali Usa

 

di ControPiano

Lo sciopero dei lavoratori portuali che aveva messo a rischio la filiera di approvvigionamento degli Stati Uniti si è concluso giovedì sera. Il sindacato che rappresenta decine di migliaia di lavoratori portuali della costa orientale e l’industria delle spedizioni ha annunciato giovedì sera di aver raggiunto un accordo provvisorio sui salari e di aver esteso il contratto scaduto fino al 15 gennaio.

Sul piano strettamente salariale l’accordo sembra essere decisamente vantaggioso, visto che prevede aumenti nell’ordine del 60% – spalmati su più anni – per una categoria che già oggi vanta stipendi tra i più alti d’America. I lavoratori caricano e scaricano container nei porti lungo la costa orientale (quella atlantica) e il Golfo del Messico, un canale fondamentale per merci di larghissimo consumo, tra cui automobili e banane.

I loro colleghi della costa del Pacifico, lo scorso anno, erano riusciti sì a rinnovare il contratto, ma con conquiste assai inferiori.

La rapida conclusione della vertenza ha messo in luce diversi fattori decisivi che la rendono probabilmente unica e ben poco replicabile. L’aspetto fondamentale è la tempistica: in particolare la vicepresidente Kamala Harris, impegnata contro Trump nelle presidenziali Usa da qui ad un mese, aveva bisogno di tutto il sostegno sindacale possibile ma non poteva permettersi uno sciopero prolungato che avrebbe preoccupato troppo gli elettori.

Questo ha fatto sì che Biden si attivasse per fare pressione sulle compagnie di navigazione affinché raggiungessero un accordo. Anche questo intervento risulta piuttosto straordinario, vista la storica impostazione della politica Usa – compresa quella “democratica” – totalmente a favore delle imprese.

Non a caso anche Trump era intervenuto “a fianco dei lavoratori” accusando le compagnie di “scarso patriottismo”, visto che in questi giorni tutta l’area era sotto stress per gli uragani (Helene e non solo).

Ma anche qui ha giocato un fattore straordinario e inconsueto: le compagnie interessate sono quasi tutte di proprietà straniera, “grazie” alle delocalizzazioni contrattuali favorite per un trentennio al fine di contenere i costi delle importazioni (lo scarico e avvio delle merci sul mercato interno incidono ovviamente sul prezzo finale).

Dunque le compagnie non hanno modo di muovere proprie leve politiche, come avviene invece nei comparti dove “i padroni” sono quasi tutti di nazionalità statunitense.

C’entra qualcosa anche la discussa e discutibile figura di Harold Daggett leader del sindacato ILA, descritto come personaggio sicuramente fumantino e dalla retorica “populista”, che aveva minacciato interruzioni della catena di fornitura per oltre un anno e attaccato le compagnie di navigazione con sede in Europa e Asia.

Peccato che il suo stipendio sindacale sia decisamente alto, ed i suoi hobby gusti altrettanto decisamente costosi, al punto da scatenare l’invidia addirittura di Eleon Musk che su X ha scritto “Questo tizio ha più yacht di me”. Inutile dire che più volte, in tempi recenti, dietro di lui è comparsa l’ombra lunga della mafia, spesso “interessata” a giocare un ruolo anche nelle vertenze sindacali.

Insomma, questa non sembra una vertenza – per quanto vittoriosa – destinata a innescare un nuovo ciclo di lotte sindacati negli Usa, al contrario di quel che ha significato il rinnovo del contratto nelle principali fabbriche di automobili.

 - © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: 

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri di Loretta Napoleoni La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La silenziosa disfatta dell'industria militare francese di Giuseppe Masala La silenziosa disfatta dell'industria militare francese

La silenziosa disfatta dell'industria militare francese

I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google di Francesco Santoianni I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google

I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google

Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America? di Raffaella Milandri Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America?

Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America?

Papa "americano"? di Francesco Erspamer  Papa "americano"?

Papa "americano"?

Il 25 aprile e la sovranità di Paolo Desogus Il 25 aprile e la sovranità

Il 25 aprile e la sovranità

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi di Geraldina Colotti Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Lavoro e vita di Giuseppe Giannini Lavoro e vita

Lavoro e vita

La Festa ai Lavoratori di Gilberto Trombetta La Festa ai Lavoratori

La Festa ai Lavoratori

Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace di Michelangelo Severgnini Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace

Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace

La California verso la secessione dagli Stati Uniti? di Paolo Arigotti La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

Un sistema da salari da fame che va rovesciato di Giorgio Cremaschi Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti