La Spagna, la Ue e i dazi di Trump
di Federico Giusti
ll vertice Nato di fine Giugno impegna i paesi membri a portare al 5% del Pil la spesa militare entro il 2035. Già nel 2014 un altro summit Nato decise di accrescere le spese militari trovando ostacoli e opposizione in alcuni paesi che dopo oltre un decennio non hanno ancora raggiunto il 3 per cento della spesa.
Nel summit di Giugno la Spagna ha chiesto e ottenuto di fermarsi ad una spesa militare più contenuta ossia il 2,1% per salvaguardare il welfare spagnolo evitando una crisi sociale che scaturirebbe dalla contrazione delle spese per sanità, educazione e altre voci rilevanti.
A sua volta Trump accusa la Spagna di approfittare della Nato e la reazione immediata è stata quella di promettere il raddoppio dei dazi sui beni spagnoli, una minaccia difficilmente realizzabile visto che la tassazione dovrebbe essere unica per i paesi aderenti alla Ue.
La coraggiosa mossa di Sanchez è legata anche alla crisi sociale della Spagna (in questi giorni ci sono stati scontri di piazza con i migranti alimentati da una estrema destra in ascesa) e al fatto che potrebbe essere la sola eccezione nel panorama europeo. La stabilità politica sta a cuore alla Ue, una eventuale crisi dell’Esecutivo, sostenuto da Izquierda Unida e Podemos, aprirebbe la strada a una situazione di caos e un eventuale aumento delle spese militari avrebbe fatto venir meno la maggioranza di Governo.
In Spagna a criticare l’aumento delle spese militari, al contrario di quanto avviene in altri paesi europei, anche esponenti e partiti di centro e di destra, la tenuta del welfare (incrementato anche con i fondi del Pnrr) alla fine sta a cuore a tutti, un fronte composito ma unito almeno fino al 2029 quando ci sarà la revisione di spesa e sperando che alla Casa Bianca arrivi un Presidente democratico
L’ingresso della Spagna nella Nato avvenne negli anni del governo socialista di Gonzalez dopo un referendum che vide i favorevoli prevalere di poco ma con impegni vincolanti quali la non installazione di armi nucleari, la riduzione delle forze armate Usa e l’esclusione del paese dal novero dei paesi facenti parte della struttura di comando, dentro cui entrarono tuttavia pochi anni dopo. L’opposizione spagnola all’aumento delle spese militari non salva Madrid da un incremento visto che è il paese tra i membri Nato che spende meno, magari la spesa sarà lontana dal 5 per cento ma + certo non possa restare ai livelli attuali se pensiamo ai ritardi del paese negli investimenti militari che riguardano anche attrezzature, logistiche oltre agli armamenti.
https://www.defensa.gob.es/ceseden/-/ieee/anatomia_del_esfuerzo_espanol_en_defensa
Lo scontro in atto, e non solo in Spagna, riguarda al complesso delle spese militari e all’incremento di alcune voci, quelle legate alla produzione di armi, alle tecnologie duali, alle capacità militari cosiddette funzionali che poi si tramutano nell’ammodernamento della macchina bellica nel suo complesso.
E anche se le spese militari complessivamente saranno inferiori al 5 per cento del Pil è innegabile che alcune voci saranno incrementate assai più di altre evitando l’effetto emulazione in altre nazioni alle prese con problemi di bilancio e per questo assai attente agli equilibri interni
La Ue presenta situazioni diversificate, paesi nevralgici per lo sforzo bellico come Francia e Italia devono pur sempre muoversi con una certa attenzione alla salvaguardia dei conti pubblici, alcune nazioni del centro nord guardano invece con profondo scetticismo all’operato Usa e sentono l’incremento di spesa come una imposizione che in caso di approvazione dei dazi contro la Ue avrebbe l’effetto di provocare una grande ondata di antiamericanismo.
Trump al momento dei dazi dovrà fare i suoi calcoli, se bastoni l’economia europea potrebbe anche esserci più di una reazione negativa all’incremento di spesa militare.