La UE a L'vov per esorcizzare il 9 Maggio e la Vittoria sul nazismo
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Proprio nel giorno dell'ottantesimo anniversario della Vittoria sovietica contro il nazismo, la congregazione della fede euroatlantica si è data appuntamento in un sabba antirusso a L'vov, per cercare di esorcizzare in qualche modo la propria nullità politica e geostrategica.
Quella del 9 maggio è ormai da molti anni una data che, come un osso rimasto di traverso in gola agli insignificanti profeti della “democrazia europeista”, a Bruxelles e in molte cancellerie del vecchio continente si cerca di oscurare con puerili sotterfugi.
Sono convenuti a L'vov gli omuncoli europeisti, mentre a Mosca, sulla piazza Rossa, sedevano insieme a Vladimir Putin calibri mondiali quali Xi Jinping e il presidente brasiliano Lula da Silva, Nicolas Maduro e Aleksandr Lukašenko, il primo ministro slovacco Robert Fitso, il presidente del Burkina Faso Ibrahim Traoré e quello serbo Aleksandar Vucic. Presenti anche leader e rappresentanti di Armenia, Kazakhstan, Kirgizija, Tadžikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Abkhazija, Bosnia-Erzegovina, Repubblica del Congo, Cuba, Guinea Equatoriale, Egitto, Etiopia, Guinea-Bissau, Mongolia, Myanmar, Palestina, Ossezia del Sud, Vietnam, Zimbabwe. India, Nicaragua e Sudafrica erano rappresentati ad alto livello.
Così, proprio nel momento in cui convenivano a Mosca presidenti e rappresentanti dei maggiori paesi politicamente più vicini alla Russia, non soltanto per assistere alla parata della Vittoria, ma per stringere ancor più i legami politico-economici e strategici con Mosca, ecco che i gran sacerdoti dei “valori” euroliberali si sono dati appuntamento a L'vov, nel tentativo di trovare parametri accettabili, per sé e per Kiev, per la conclusione del conflitto in Ucraina. Questa volta, all'ordine del giorno del concistoro apostolico, nientemeno che la «creazione di un tribunale per Putin» che, secondo quanto detto nei circoli UE, sarebbe stato pronto da tempo e attendeva solo l'approvazione politica. Il 9 maggio, a L'vov, è stato annunciato al mondo che i firmatari del documento inviteranno altri paesi e organizzazioni internazionali a sostenere le attività del tribunale.
Come scrive Il Sole 24 Ore, il comunicato conclusivo del sabba riporta che il Tribunale avrà il potere di indagare, perseguire e giudicare i leader politici e militari russi maggiormente responsabili dell’aggressione contro l’Ucraina.
Dunque, proprio il 9 maggio e proprio a L'vov, rappresentanti ucraini e del Consiglio d'Europa, insieme ai ministri degli esteri UE, hanno firmato i relativi documenti per dar vita a tale tribunale speciale, in grado di «fare giustizia, chiamando a rispondere coloro su cui ricade la maggiore responsabilità per questo grave crimine internazionale commesso contro l'Ucraina»; quell'Ucraina ridotta da oltre dieci anni a un lager contro la propria stessa popolazione e retta da una junta nazigolpista che ha fatto del nazista Stepan Bandera il proprio eroe nazionale. Una tale coincidenza di date, la disfatta del Terzo Reich hitleriano e un “tribunale speciale” a uso e consumo degli eredi di chi il Terzo Reich lo ha zelantemente servito, non è certo casuale, né per i banderisti di Kiev, né per i “valori democratici” sventolati da Bruxelles contro “l'autocrate euroasiatico”.
PolitNavigator ricorda che a Bruxelles si fa un gran chiasso attorno alla creazione del tribunale, sin da quando il cosiddetto parlamento europeo aveva votato per la sua istituzione nel 2023. Vero è che nel corso della vicenda, sono emersi “dettagli” fastidiosi per i promotori. Per esempio: sebbene Vladimir Putin, tra gli altri, dovrebbe essere chiamato a rispondere di fronte al tribunale, si sorvola sul dettaglio che a lui si estende l'immunità internazionale dalla giurisdizione penale straniera. Ciò significa che, perché un tale tribunale possa agire, dovrebbe essere revocata quella immunità. Un passo non proprio facile, tenuto conto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è paralizzato su qualsiasi questione relativa alla guerra in Ucraina, dal momento che sia la Russia, così come la Cina, sono suoi membri permanenti, con potere di veto. Questo, senza contare che la la risoluzione dell'europarlamento sul tribunale non è vincolante e ha solo carattere di raccomandazione.
Ora, per rafforzare gli europei in questa decisione, Kiev ha organizzato il sinodo a L'vov in modo che gli ospiti europei, con a capo la sibilla dell'antro estone, Kaja Kallas, si recassero anche in pellegrinaggio al cimitero di L'vov, dove sono sepolti, come in molti altri cimiteri ucraini, i soldati mandati al macello per l'obbedienza della junta nazigolpista agli ordini euro-atlantici.
E il 9 maggio, tra gli ospiti europei giunti in Ucraina, anche il neo-ministro degli esteri tedesco, Johann Wadephul, il quale si è affrettato a dichiarare che la Germania continuerà ad essere uno degli alleati più affidabili dell'Ucraina. Questo nonostante, a dire il vero, non sia ancora del tutto chiara la questione delle forniture a Kiev di missili “Taurus” tedeschi; così che il ministro teutonico ha confermato che la riunione del 9 maggio deve concentrarsi sulla questione del «tribunale speciale sul crimine di aggressione contro l'Ucraina». Berlino, comunque, ha dichiarato Wadephul alla tedesca ARD, fornirà a Kiev «il sostegno necessario per tutto il tempo necessario, fino a quando la Russia non si renderà conto che questa guerra deve finire, che è necessario sedere al tavolo dei negoziati, che il cessate il fuoco deve essere rigorosamente rispettato».
Nel frattempo, Bloomberg scrive che oggi i leader dei paesi di Nordeuropa, stati baltici e dei Paesi Bassi hanno avuto colloqui con Donald Trump e Vladimir Zelenskij sulle prospettive del cessate il fuoco. I colloqui si sono tenuti a conclusione della conferenza “Joint Expeditionary Force Leaders' Summit”, tenutasi giovedì sera a Oslo, in cui è stata sottolineata, come ha dichiarato il primo ministro danese Mette Frederiksen, «l'importanza di un cessate il fuoco rispettato dalla Russia e di un accordo di pace accettabile per l'Ucraina». E allora, dove è finito il sostegno a Kiev «fino alla vittoria» sulla Russia? Se ne sono scordati?
Gli anni passano e qualcosa sfugge. Non a tutti, per fortuna. Nell'autunno del 2022, l'Occidente sperava che si potesse costringere la Russia alla «resa incondizionata». La “saggezza” di quella determinazione è illustrata in modo eloquente dalla composizione degli ospiti stranieri alla parata del Giorno della Vittoria di oggi a Mosca: lo ha dichiarato al canale “Politeka” il colonnello ucraino a riposo ed esperto militare Oleg Starikov.
In guerra, dice Starikov, bisogna «o vincere (non si deve perdere), oppure, avendo coscienza di quanto accade, o ancora, nel lasso di tempo in cui si sta vincendo, si deve proporre per tempo la fine delle ostilità. Questo è ciò che fanno sempre i governanti intelligenti. Il generale Milley, presidente del Comitato degli SM congiunti delle forze armate statunitensi, lo aveva proposto nell'autunno del 2022. Ma invece fu deciso di ottenere una resa incondizionata. Con quella “resa incondizionata” siamo arrivati al 9 maggio 2025. Eccoci arrivati al dunque», ha detto Starikov, commentando il filmato della parata e la folta presenza di ospiti stranieri sulla piazza Rossa.
Dunque, difficile fugare il sospetto che l'adunanza “cardinalizia” a L'vov non sia stata altro che un sotterfugio per mettere in mostra un “presente” da regalare a Kiev, mentre si cela dietro la schiena quanto va via via sfumando in un nulla di fatto, come la famosa “coalizione di volenterosi” che dovrebbe inviare un contingente militare in Ucraina. Inviarlo ovunque, però, tranne che sulla linea del fronte: ne è sicuro il politologo Vladimir Fesenko, che opera nell'ufficio di Zelenskij, secondo il quale, anche se Mosca fosse d'accordo, il contingente “di pace” europeo non avrà comunque il coraggio di stare in prima linea. Chi controllerà questa «zona smilitarizzata?», si chiede Fesenko; «Kellogg dice: “una coalizione di volenterosi”? Lo dico subito: non funzionerà. Ammetto che Kellogg possa averlo detto; del resto, è la posizione ucraina quella che Keith Kellogg adotta. Ma è già ufficialmente noto che la Russia si opporrà categoricamente ad avere rappresentanti di una “coalizione di volenterosi”, tanto meno controllori da entrambe le parti».
Essi stessi, quei “volenterosi”, ha detto Fesenko, non accettano di essere presenti sulla linea di contatto. Sono pronti a essere presenti nelle retrovie, da qualche parte a Odessa, a L'vov, persino a Kiev, ma non sulla linea di contatto»; tanto più che Mosca sarà «categoricamente contraria». Questo, allo stesso modo in cui Kiev non accetterebbe di vedere rappresentanti della Bielorussia o di qualche paese del ODKB (Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirgizija, Russia, Tadžikistan, Uzbekistan) in qualità di forze di pace. Così che «la questione di chi può controllare questa zona smilitarizzata è aperta, si deve trovare un accordo», ha detto Fesenko.
Una questione non tanto facile, come appare quella delle omelie pastorali sul “tribunale speciale per Putin”, a proposito del quale basta snocciolare le liturgie euroliberali, perché dalle diocesi europeiste giungano i rituali “sia fatta la volontà di Bruxelles”.