L'ennesima strage negli Usa e il liberismo tecnolibertario

L'ennesima strage negli Usa e il liberismo tecnolibertario

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di Francesco Erspamer

Dopo l’ennesima strage (nel 2023 sono già state 565), a molti dovrebbe sembrare ragionevole che anche negli Stati Uniti vengano messe restrizioni al possesso di armi da fuoco (quelle che i leghisti vogliono far circolare liberamente in Italia). Sono perfettamente consapevole che non risolverebbero del tutto il problema: gli americani sono un popolo malato di individualismo e l’individualismo è asociale: ovvio che una percentuale di persone, piccola ma più che sufficiente, trasformi le sue frustrazioni e la sua tragica solitudine in violenza; se non avesse accesso a pistole e fucili automatici userebbe altro. Ma il «diritto di possedere e portare armi» sancito nel 1791 (la Costituzione americana è rimasta invariata da allora, unico caso al mondo, ed è di fatto impossibile modificarla) è esso stesso un potente incentivo all’individualismo. Come tutta la Costituzione del resto; basti pensare al suo più celebre articolo, il primo emendamento, che non protegge affatto, contrariamente a quello che vi dicono, la libertà di espressione ma semplicemente vieta allo Stato, e solo allo Stato, di limitarla: i privati possono fare quello che gli pare, per esempio licenziare in tronco chi esprima dubbi sulla transessualità adolescenziale o sulla militarizzazione dell’Ucraina.

Per cui l’abrogazione del secondo emendamento, quello appunto sulle armi, segnalerebbe un'inversione di tendenza e lo spostamento del paese più ricco e potente verso il rafforzamento dei legami sociali invece che verso la loro totale dissoluzione. Ovvio che non accada: alle multinazionali non conviene; e basti notare il sempre più diffuso egocentrismo di giovani educati da persuasori spesso loro coetanei (che voi chiamate «influencer» per non pensare cosa significhi) grazie alla condiscendenza di genitori troppo edonisti per occuparsi di loro (o troppo deboli e superficiali per resistere alle pressioni delle mode). Molto più probabile, dunque, che il modello americano attecchisca altrove, e l’Italia mi pare un’ottima candidata: basta che continuiate a dare retta a Schlein o Meloni.

Proprio questo è il problema, in Italia come negli Stati Uniti. Che la finta destra e la finta sinistra prosperino grazie a un gioco delle parti che impedisce, non dico di risolvere ma neppure di riconoscere le situazioni critiche. Torniamo all’America e alle armi: come fare per toglierle dai supermercati e dalle mani di minorenni e psicopatici? O come affrontare l’emergenza ambientale? Bisogna votare per i democratici (i piddini originali, a immagine e somiglianza dei quali è stato costruita la succursale italiana); per i repubblicani il cambiamento climatico non esiste e neppure la violenza nelle strade. Peccato che votare per i democratici significhi autorizzare l’imperialismo economico, giuridico e militare bideniano, con la scusa dei diritti civili (i loro e pertanto «umani» e «universali») e delle innovazioni tecnologiche (le loro e pertanto necessarie per salvare il pianeta).

Che fare? Innanzi tutto, non aspettarsi un messia, ossia risposte e proposte da parte di coloro, i potenti e i loro strumenti di distrazione e intrattenimento di massa, che sono la causa della deriva sociale, culturale e ambientale. Tocca a noi, a tutti noi di buona volontà, acquisire una coscienza che renda i miti e i dogmi neoliberisti inefficaci, almeno su di noi; e poi studiare, lavorarci, cominciare a diffondere questa coscienza fra la gente, consapevoli che il rincoglionimento programmatico dei nuovi media e delle nuove tecnologie ha già fatto danni enormi e che enormi saranno le difficoltà. Occorrerà anche avere pazienza (sull’argomento consiglio il bel libro di Andra Tagliapietra, "I cani del tempo"): la Storia insegna che le rivoluzioni sociali e culturali sono possibili ma solo se in precedenza ci si sia preparati, con fatica e magari per generazioni. Al contrario di quello che recentemente vi insegnano, non si ottiene niente per niente e ciò che è gratis è una truffa.

Non potete aspettare? Mi dispiace avervi fatto perdere i cinque minuti necessari per leggere questo articolo. Chi ha fretta, chi non sa impegnarsi, rinunciare a qualcosa, prendersi responsabilità, chi non apprezza quello che fa per la sola soddisfazione di lottare insieme ad altri come noi, e ha bisogno di verifiche, risultati immediati, «successi», fa bene a lasciar perdere e a scegliere fra le due opzioni già disponibili (per me fasulle ma ciascuno decida da sé), il liberismo tecnoliberal e il liberismo tecnolibertario.
 

Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

 

Professore di studi italiani e romanzi a Harvard; in precedenza ha insegnato alla II Università di Roma e alla New York University, e come visiting professor alla Arizona State University, alla University of Toronto, a UCLA, a Johns Hopkins e a McGill

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