L'Italia ripudia Israele

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L'Italia ripudia Israele

 

L’Italia ripudia Israele. Non ha alcuna importanza quante persone siano scese in piazza in questi giorni di mobilitazione, se centomila o un milione. Quel che conta è il risultato: hanno preso le strade e minacciano di paralizzare il Paese. Spontaneamente. Sovrastando la direzione dei partiti dell’arco parlamentare e dei sindacati confederali.

Hanno riattivato un potere che dormiva da anni: il potere del popolo, di quel gigante che dà legittimazione a tutti gli altri poteri. Occupando stazioni, porti e ferrovie, quel potere ha bocciato il decreto sicurezza di Salvini, ha bocciato la politica estera di Tajani, ha bocciato la sudditanza del governo Meloni a Israele e Stati Uniti. Ma soprattutto il gigante risvegliato guarda con orrore, con l’angoscia di un dipinto di Munch, alla normalizzazione del genocidio, della violenza e della disumanizzazione nel dibattito mediatico e politico.

È un movimento spontaneo su cui le forze politiche italiane del cosiddetto campo largo difficilmente potranno mettere il cappello. È un movimento che non ha nessuna rappresentanza politica. I grandi partiti sono troppo sputtanati e hanno perso credibilità. I piccoli partiti antisistema o della sinistra radicale sono troppo settari o troppo divisi internamente o troppo poco organizzati per riuscire a rappresentarne le istanze.

Ciò non deve causare pessimismo o rassegnazione: è all’interno dei grandi conflitti sociali che si creano nuove forze politiche e dunque nuove opportunità storiche per costituire dei nuovi soggetti di organizzazione popolare.

Le istanze della gente normale, che ha rinunciato a due giorni di salario in solidarietà con Gaza, sono pre-politiche. È l’orrore di madri e padri che vedono il volto del proprio figlio in quello di ogni bambino smembrato o mutilato o terrorizzato a Gaza. È lo sgomento collettivo davanti alla storia che non è finita, ma è ritornata nella sua peggior forma. È la paura che la sorte toccata ai palestinesi un giorno possa toccare anche all’Italia, se cambieranno gli equilibri geopolitici.

Non è un sentimento irrazionale, è una presa di coscienza. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha spiegato cosa sta avvenendo davvero a Gaza: un laboratorio di repressione e disumanizzazione contro i popoli che non accettano il dominio imperialista dell’Occidente o che ad esso si ribellano.

Davanti alla normalizzazione del genocidio, il gigante si è risvegliato e si alza di nuovo in piedi. Come non sono passati i lager nazisti, non può passare neanche Gaza. Allora ci fu l’Armata Rossa a porre fine all’orrore. Adesso ci siamo solo noi, con i nostri corpi.

In molti commentano sui social in maniera sprezzante, chiedendosi come mai si manifesti per i palestinesi e non per il lavoro, la sanità, etc. Si potrebbe tranquillamente ribaltare la domanda e chiedere dove fossero loro, quando gli altri italiani scendevano in piazza per i diritti del lavoro, visto che non se ne sono neanche accorti.

Il punto, però, non è questo. Per quanto i diritti sociali siano imprescindibili e da difendere con le barricate, un genocidio – per di più compiuto impunemente sotto i nostri occhi - è più grave delle politiche antisociali dei governi liberisti. O meglio, ne è l’apice.

Se il nostro governo consente a Israele di continuare i suoi massacri, allora legittima le violazioni del diritto internazionale. E questo vuol dire che ciò che ora accade a Gaza, in futuro potrà ripetersi in altri luoghi e con altri gruppi sociali.

Se non tutela i nostri cittadini in acque internazionali, non li tutelerà neanche sul territorio nazionale. E questo già accade, si vedano a tale proposito le recenti aggressioni da parte di gruppi di ebrei dentro le scuole, contro studenti e insegnanti, e addirittura medici italiani.

Se il nostro governo non tutela la territorialità italiana in acque internazionali, non tutelerà neanche la nostra sovranità. E anche questo già accade, si vedano i progetti inquietanti di insediamento israeliano nel Salento e in Valsesia.  

Se il nostro governo legittima la violenza israeliana sui palestinesi, allora utilizzerà la stessa violenza contro chi non si allineerà alle sue politiche e all’oppressione sociale.

Se l’Italia verrà israelizzata- ovvero diventerà un Paese in cui si utilizza la violenza sistematica, il controllo totale e la disumanizzazione del diverso, un Paese fondato sull’apartheid, sulla guerra e sulla militarizzazione - allora non ci resterà più alcun diritto sociale da difendere.

È per questo che occorre ribadire: l’Italia ripudia Israele. La nostra Costituzione, fondata sulla resistenza partigiana Antifascista, ce lo impone.  

E a chi cerca di far passare i carnefici per vittime e le vittime per carnefici, strumentalizzando l’antisemitismo, si dovrà strappare la maschera, come ad ogni impostore. La gente non ce l’ha con Israele perché è “lo stato degli ebrei”, ma perché è un’entità coloniale che ha come obiettivo la pulizia etnica o lo sterminio dei palestinesi, per fare di Gaza un grande resort di lusso.

Non è un piano segreto, ma sbattuto in faccia da Trump e Smotrich. Ed è esattamente per questa ragione che il presidente statunitense ha scelto per suo emissario in Israele uno squalo del settore immobiliare come Steve Witkoff.

C’è un altro punto fondamentale da comprendere: come l’antisemitismo serviva per il genocidio degli ebrei, l’odio antipalestinese serve al genocidio condotto da Israele.

Non si capisce perché si parla di antisemitismo, quando ad essere massacrati sono i palestinesi. Forse per lasciare che questo crimine contro l’umanità continui e resti impunito?

Sarà bene iniziare ad aprire gli occhi contro l’odio antipalestinese, sdoganato da stampa, talk show e telegiornali nazionali e persino da politici.

Si pensi alle decine di bambini palestinesi uccisi dagli attacchi israeliani, le cui storie sono state oscurate e trasformate in numeri, in contabilità di guerra.

Si pensi ai servizi della Rai, che ha mandato più volte il proprio fin dentro la casa di Danielle Weiss, una fanatica sionista che portava i bambini israeliani a guardare i bombardamenti contro i civili palestinesi e che dichiarava bellamente ai nostri giornalisti che Gaza deve essere svuotata e insediata dagli israeliani.

Si pensi alla giornalista de il Foglio che disumanizzava la piccola Hind Rajab, scrivendo che se non fosse stata ammazzata avrebbe poi messo il velo a otto anni. Tra le righe: quasi quasi meglio così. E comunque la colpa per lei era delle ambulanze che in mezzo ai bombardamenti di Israele non l’hanno soccorsa in tempo.

Probabilmente a far scattare la mobilitazione è stato quel signore israeliano che in TV ha detto a Enzo Iacchetti: definisci bambino.

È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: molti italiani si sono resi conto che la disumanizzazione dei bambini è una linea rossa. Si sono resi conto che, con il pretesto della libertà di espressione, il linguaggio della disumanizzazione è stato accettato fra i termini del dibattito pubblico. E sono inorriditi.

Per questa ragione il sindaco Bandecchi è stato contestato e accerchiato a Terni, dopo aver disumanizzato i bambini palestinesi. Per questa ragione lunedì 22 settembre, centinaia di migliaia di persone hanno ignorato i sindacati confederali e hanno fermato treni, scuole, porti e città.

L’Italia ripudia la disumanizzazione. L’Italia ripudia la barbarie. Siamo e restiamo umani. E in milioni imporremo l’umanità.

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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