Merkel e la Grecia. Ci sarebbe da ridere se non fosse una tragedia
Dice Angela Merkel che la sua impopolarità è assolutamente immeritata e che, pur venendo rappresentata come ‘cattiva’, grazie a lei la Grecia ha ricominciato a crescere.
Una crescita così “sostenuta” che, secondo le stime più rosee, il Paese ellenico tornerà ai livelli di ricchezza del 2007 non prima del 2040. Ad essere ottimisti.
La cura da cavallo somministrata, infatti, ha fatto perdere alla Grecia il 26.4% del proprio PIL in dieci anni. E aumentato il rapporto debito/PIL dal 115 al 185%.
Una decade in cui il reddito pro-capite dei greci è diminuito del 20% e quello delle famiglie del 38%. Portando i cittadini al di sotto della soglia di povertà al 35%. Più di un terzo dell’intera popolazione.
E tutto questo senza calcolare gli effetti della pandemia abbattutasi su un’economia già fragilissima e un sistema sanitario che in dieci anni ha subito tagli pari al 50%. Nonché l’impossibilità per i governi di Atene di fare spesa a deficit, essendo sottoposti al rigido meccanismo di sorveglianza rafforzata che obbliga la Grecia a far registrare avanzi primari pari ad almeno il 2% del PIL fino al 2060.
Se non fosse una catastrofe, quella della Merkel suonerebbe come una simpatica barzelletta. Una battuta grottesca raccontata a telespettatori indottrinati dalla martellante propaganda europeista, utile a nascondere la triste e scomoda verità.
La racconto in ‘Memorandum - una moderna tragedia greca’ (LAD edizioni), un libro pensato per il decennale della crisi e che ricostruisce una storia completamente diversa.
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