Pandemia, si sta per avverare la "profezia" del Financial Times

Pandemia, si sta per avverare la "profezia" del Financial Times

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Ormai il mondo ha imboccato la via della convivenza col virus. La prospettiva dell’emergenza pandemica infinita sembra scongiurata. E questa è una notizia. Tanti i segnali in questo senso, in particolare all’estero, ma qualche cenno si può rinvenire anche nel nostro derelitto Paese.

 

La profezia del Financial Times

Va quindi ad avverarsi quanto aveva scritto il 22 novembre il Financial Times: una nota sfuggita, al solito, ai media nostrani, che non sanno distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, e che ancora adesso sono affollati dalle solite  tematiche, come se il mondo fosse rimasto bloccato a un anno fa.

Il prima tema è l’informazione sull’andamento della pandemia, con bollettino di stampo terrorista quotidiano. Le poche voci che ne hanno invocato una revisione restano inascoltate e al momento occorre rassegnarsi, funziona così anche altrove e se non si sblocca altrove non si sbloccherà da noi.

Il secondo è il consueto martellamento sulla campagna vaccinale, che svaria dalle previsioni sui decessi dei non vaccinati ai pressanti inviti ad accogliere con felicità il booster.

Il terzo riguarda la stolida polemica Vax no-Vax, con bollettino quotidiano di casi di non vaccinati morti, e implicito “ben gli sta”, e l’ironia rabbiosa sulle loro svalvolate teorie, in genere assumendo a pensiero unico di quanti tentennano o rifiutano il vaccino quello dei più pazzi tra questi (ce ne son di ragionevoli, come ci sono folli anche tra i fautori della vaccinazione di massa – anche tra i virologi -, ma è una distinzione che non interessa le narrazioni).

Poco spazio trovano le domande reali, prima fra tutte, appunto, se siamo entrati in un’era pandemica, o di pandemia infinita, che nelle prospettive di alcuni ambiti avrebbe dovuto succedere a quella delle guerre infinite, oppure se l’attuale criticità possa essere vissuta in una modalità non più emergenziale e magari avere anche un termine.

 

L’Oms, Bill Gates e la variante Deltacron

L’articolo del Financial Times citato ha aperto a una prospettiva nuova, con cenno seguito a breve dall’autorevole intervento dell’Oms e da quello non meno interessante di Bill Gates (che si è pronunciato mentre era in corso il processo a Ghislaine Maxwell, la compagna di merende del pedofilo Jaffrey Epstein, sodale del paraguru Hig tech prestato alla medicina virale; probabile che tale procedimento, che lo ha toccato non poco, lo abbia reso un po’ più attento alle umane vicissitudini).

Sia l’Oms che Gates avevano dichiarato, in conformità con il giornale della City, che la pandemia avrebbe avuto termine nel 2022 (1). Una prospettiva che pian piano sta trovando autorevoli convergenze.

Eppure non era affatto uno sviluppo scontato, basti pensare che, proprio mentre si delineavano tali scenari, da Cipro veniva lanciato un nuovo e più terribile allarme legato all’emergere della cosiddetta Deltacron, nuova variante che sarebbe nata dalla fusione delle due varianti più diffuse, un mostro caratterizzato dall’aggressività della Delta e dall’incredibile contagiosità della più lieve Omicron.

Sembrava così realizzarsi la profezia di Paul Burton, chief medical officer di Moderna, che ai primi di dicembre aveva pronosticato proprio tale fusione, suscitando concorde scetticismo nella comunità scientifica (la fusione di due varianti virali è considerata altamente improbabile), appalesatasi a soli venti giorni dalla profezia.

Per fortuna l’allarme è stato derubricato in fretta a boutade, grazie anche al pronto intervento dell’Oms, che ha ipotizzato che si sia trattato di un banale errore “derivato dalla contaminazione di un campione durante il sequenziamento”. Al di là delle ipotesi sulla sua genesi, la Deltacron è sparita dai radar, confermando la tendenza normalizzante.

 

Il vaccino infinito?

Il focus della contesa adesso è un altro ed è se tale convivenza col virus sarà basata su una vaccinazione forzata infinita, riprendendo un felice titolo del New York Times (“Forever boosting?”), o se sia possibile convivere col virus senza tale ciclo di vaccinazione perpetuo.

Sul punto è battaglia accesa. Per alcuni esperti non sembra ci sia alternativa alla vaccinazione perpetua e indicano come significativo l’esempio di Israele, che finora ha anticipato i tempi del mondo, che sta procedendo con la quarta dose.

Esempio non esattamente precipuo, ché Israele sta procedendo a tale somministrazione nello stesso periodo in cui il mondo, parte del mondo almeno, sta somministrando la terza dose.

Uno sviluppo sincronico, dunque, dal momento che tende far fronte a un nemico comune, la Omicron, e non è detto che Tel Aviv proceda con somministrazioni successive (2).

Sul punto è interessante il parere del presidente dell’Ema, l’Agenzia europea per i farmaci, il quale ha dichiarato: “Non possiamo continuare con booster ogni 3-4 mesi”, che fa eco a quanto dichiarato in precedenza da Andrew Pollard, presidente del Comitato per la vaccinazione e l’immunizzazione del Regno Unito. Il dibattito, anzi la guerra, è aperta.

Resta, infine, il nodo legato al green pass o alle analoghe misure prese sotto altra forma in vari Paesi d’Occidente, introdotte surrettiziamente nel corso del momentum pandemico come misura necessaria a sconfiggere il virus.

Da vedere se la normalizzazione, cioè la convivenza con il nuovo virus, liberi il mondo da tale deriva orwelliana o se sia invece da considerarsi provvisoriamente definitiva, con sviluppi distopici successivi (sul punto vedi l’articolo di Eleonora Piergallini su Piccolenote).

 

(1) Di ieri una nuova dichiarazione di Gates. Così su Sputnik: “Bill Gates crede che dopo la variante Omicron il COVID-19 possa essere “trattato come l’influenza stagionale”

(2) Di rilievo il J’accuse contro la gestione pandemica delle autorità israeliane firmato da uno dei suoi più autorevoli scienziati, Ehud Qimron, ordinario del Dipartimento di Microbiologia Clinica e Immunologia della Facoltà di Medicina di Sackler (per leggerlo, cliccare qui). Al di là dei contenuti, pure interessanti e di rilievo globale, la lettera aperta è un segno che anche in questo Paese il dibattito ferve.

 

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