Perché tanto clamore oggi per l'ennesima fossa comune dell'Isis a Raqqa?

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Perché tanto clamore oggi per l'ennesima fossa comune dell'Isis a Raqqa?

 

Si direbbe un mistero il perché tutti i media mainstream italiani e stranieri (si veda qui, qui, qui, qui,..) stiano aprendo i loro servizi annunciando la scoperta di una fossa comune (contenente, probabilmente duecento corpi) a Raqqa, fino all’ottobre 2017 capitale dell’ISI S. Di fosse comuni (con una guerra costata finora 400.000 morti) in Siria non devono essercene poche, e tra l’altro, proprio a Raqqa, nel dicembre 2017, nel silenzio dei media, ne erano state scoperte ben due. E allora? Perché tanto risalto all’odierna scoperta della fossa comune di Raqqa?





Verosimilmente, per preparare l’opinione pubblica ad accettare la nuova fase della guerra alla Siria, condotta, non più dai burattini ma dai burattinai dei “ribelli”. E cioè direttamente dalla NATO. Opinione pubblica ancora contraria ad interventi diretti dell’Occidente. I sondaggi, parlano chiaro: quello condotto dall’ISPI, ad esempio, attesta che, per la maggioranza degli intervistati, l’attacco perpetrato il 14 aprile 2018 era ingiustificato e che non vi era alcuna prova del “gas di Assad”; mentre, addirittura, il 74 per cento degli intervistati ritiene che l’Italia abbia fatto bene a non intervenire.


Con questa riluttanza ad un’altra guerra stile Libia e con una Siria ormai quasi completamente ripulita dai “ribelli” si direbbe che ci sia bisogno di qualcosa di più sconvolgente dei loro video farlocchi per realizzare i sogni di Macron. Ad esempio, inequivocabili fosse comuni (inequivocabilmente contaminate da Sarin). Quella scoperta a Srebrenica, servì (grazie a compiacenti indagini dei caschi blu) ad accusare i Serbi e spianare la strada alla distruzione della Iugoslavia. Quelle che saranno scoperte nei prossimi giorni in Siria rischiano di servire allo stesso scopo.


Anche perché le indagini sono affidate all’OPCW.


Sull’affidabilità di questa struttura avevamo già espresso dubbi a proposito di una loro davvero sbracata indagine sul “Sarin” diffuso nel Ghouta nell’agosto 2013. Indagine che, incredibilmente, escluse la riesumazione dei corpi che sarebbero stati colpiti dal presunto gas. Ora che questa fase non può più essere esclusa - con la scusante della fretta per l’incombere di presunte battaglie tra “ribelli” e forze governative - non resta che affidarsi alla buona fede degli Ispettori dell’OPCW. Che non sono – tanto per capirci – gli stessi che in Iraq nel 2002, dopo accurate ispezioni, avevano escluso la presenza di armi chimiche. Anche perché il più autorevole esponente di quegli Ispettori – Scott Rider - ha pagato il suo coraggio con un arresto e una detenzione a sette anni per una davvero improbabile accusa di stupro.


Cerchiamo di tenerlo a mente (se e) quando in Siria saranno scoperte fosse comuni intrise di Sarin.

 

Francesco Santoianni

 

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