"Piano Contro Mercato": un programma minimo per le classi popolari

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"Piano Contro Mercato": un programma minimo per le classi popolari

 

 

Un programma minimo per le classi popolari:

 

uscita dalla Nato,

appoggio Carta Onu per un mondo multipolare,

diplomazia economica con Russia, Africa, America Latina, Asia, politica del Mediterraneo come era nella Prima Repubblica.

Nazionalizzazione delle banche senza indennizzo,

credito speciale per PMI, con l'apertura al Mediterraneo,

industrializzazione del Sud,

indicizzazione salari e pensioni,

abolizione alternanza scuola lavoro,

fine dei sussidi pubblici alle grandi imprese private e destinazione loro risorse a sanità e scuola.

Obbligo scolastico a 18 anni.

Ripristino welfare per studenti che proseguono gli studi senza Isee.

Infrastrutturazione dei porti e dei collegamenti ad essi.

Contratto di lavoro solo a tempo indeterminato come ha fatto la Spagna,

ripristino Gescal per fondo case popolari.

Ripristino Gepi per imprese pubbliche e accompagnamento alle imprese medio piccole grazie a loro.

Lotta feroce al lavoro nero e obbligo per le imprese di misure di sicurezza sul lavoro tramite l'assunzione di 5 mila ispettori.

Fine dei bonus.

Abolizione Isee che colpisce la classe media i cui redditi negli ultimi 15 anni sono calati del 12%.

Assunzioni nel pubblico impiego ormai ridotto all'osso dopo 14 anni di blocco trurn over.

Raddoppio fondi ricerca e rientro cervelli italiani dall'estero.

uscita dall'eurozona,

la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario.

 

Occorre che il proletariato si riprenda tutti i guadagni di produttività negati negli ultimi 50 anni. A questo serve anche l'indicizzazione di salari e pensioni. Bisogna prosciugare il 20% della popolazione italiana che campa di rendita e non serve all'economia, anzi prosciuga risorse immani.

Il capitale industriale, questa volta, come era un tempo, anche pubblico deve passare dal 19% al 30% del pil sul modello cinese, che non ha fatto altro che riprendere il nostro passato. Il plusvalore ricavato deve essere redistribuito  sotto forma di rapporti di lavoro caratterizzati da plusvalore relativo, abbandonando quello assoluto.

Occorre giocare sul salario sociale come meccanismo di accumulazione. Dopo decenni gli italiani dovrebbero prendere coscienza che sta tutto a loro, non delegando. Poi ci vuole democrazia sindacale per togliere il monopolio della rappresentanza e della contrattazione ai confederali. Buttare a mare tutti, dico tutti, i politici degli ultimi 30 anni. Soprattutto, studiare.

 

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