Sionismo e "antisionismo": totem e tabù

Sionismo e "antisionismo": totem e tabù

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di Francesco Santoianni per avanti.it

Le luci della ribalta su Elly Schlein, che non ha avuto remore a ricorrere ai più logori stereotipi pur di rimarcare il suo essere “ebrea” e l’istituzione in Italia di una controproducente “Autorità nazionale contro l’Antisemitismo”, hanno ridato fiato a usurate teorie basate sulla constatazione che gli Ebrei, pur essendo numericamente pochi (in Italia, meno di 30.000 su una popolazione di 57 milioni di persone), detengono moltissimi posti di potere. Da qui strampalate considerazioni sulla spiccata intelligenza di una fantomatica “razza ebraica” o, ancora peggio, su una subdola “indole” che spingerebbe gli Ebrei ad aggregarsi per complottare al fine di soggiogare l’umanità.

Sì, ma allora? Perché tanti Ebrei, oggi, ai posti di comando?

Le spiegazioni che appaiono ovvie non sempre sono quelle giuste; ad esempio la leggenda degli “Italiani popolo di artisti” che “spiegherebbe” perché mai nella piccola Italia sia concentrato – a seconda della definizione di Patrimonio culturale – dal 60% al 75% di tutti i beni artistici esistenti in ogni continente non è corretta dovendo tener conto che questo primato si spiega sostanzialmente con la presenza plurimillenaria nel nostro paese della Chiesa cattolica che, a differenza di tante altre religioni, sponsorizzava artisti che potevano così esprimere un talento innato in moltissime persone. La, certamente legittima (anche se oggi è un tabù)  domanda di prima sugli Ebrei (al pari di quella speculare sugli Zingari) necessita, quindi, di spiegazioni ben diverse da quelle “razziali” e, a tal riguardo, rimandando ad una raccolta di testi trovata on line, limitiamoci qui ad un aspetto della questione.

Oggi, la “mobilitazione contro l’antisemitismo” sta assumendo toni da Crociata con innumerevoli servizi e fiction, carovane di studenti in visita al campo nazista di Auschwitz (mentre nulla viene detto su campi di sterminio italiani o crimini di guerra commessi dal nostro Paese) colossali fake news (come quella di Bartali “salvatore di Ebrei” finalizzata a giustificare la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme)… Perché tanto impegno contro un fenomeno estremamente circoscritto? Intanto, per equiparare l’antisemitismo con l’antisionismo per criminalizzare ogni critica alle politiche dello stato di Israele. Poi ci sono motivi più complessi documentati in maniera magistrale in “L'industria dell'Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli Ebrei” un libro di Norman Finkelstein, edito da Rizzoli, frettolosamente ritirato dal commercio nonostante il successo di vendite (non resta quindi che cercarlo su internet). A leggerlo si saprà, ad esempio, perché gli Ebrei, soprattutto negli Stati Uniti, fino alla metà del secolo scorso di “sinistra” e quindi impediti, ad esempio, ad essere assunti nell’FBI, dagli anni 70 in poi sono diventati un bastione della “destra”.

La storia dell’antisemitismo e quella speculare del Sionismo va avanti da secoli alimentandosi con colossali fake news. Quella dei “Protocolli dei savi di Sion” è famosissima. Quasi nessuno, invece, conosce le fake news alimentate dal sionismo. Rimediamo qui raccontando la pressoché sconosciuta operazione mediatica conosciuta come la “maledizione di Tutankamen” che avrebbe misteriosamente ucciso tutti gli scopritori della tomba del faraone, avvenuta nel 1922. Non è così: solo per alcune delle persone coinvolte nella scoperta della tomba è verosimile l’ipotesi di omicidio. Nonostante ciò la bufala della “maledizione”, condita da incredibili eventi prodigiosi, si perpetua da cento anni permettendo così al “debunker” di turno di catalogare come “complottista” chiunque cerchi far luce su quello che, verosimilmente, è uno dei più grandi scandali dell’archeologia. Su questa storia, un bel libro di Andrew Collins “La cospirazione di Tutankhamen. La «vera storia» dell'esodo degli Ebrei dall'Egitto”; qui solo poche parole.

Tutto ruota intorno alla scomparsa di un papiro (anzi, di una “scatola con dentro alcuni papiri di notevole importanza storica”) ritrovato nella tomba, la cui esistenza è documentata, tra l’altro, nel primo inventario ufficiale dei reperti redatto dall’archeologo Howard Carter (il quale, comunque - dopo la davvero sospetta morte del finanziatore degli scavi, Lord Carnarvon, avvenuta pochi mesi dopo la scoperta - dichiarò che “a causa di una sufficiente luce nella cripta” si era sbagliato identificando come papiri quelli che erano bendaggi). Tra le altre testimonianze dell’esistenza di questo papiro: una lettera inviata da lord Carnarvon al suo amico egittologo Alan H. Gardiner; un’altra sua lettera a Sir Edgar A. Wallis Budge (custode delle antichità egizie del British Museum); un dispaccio telegrafico inviato da Arthur Merton il 30 novembre 1922, nel quale si legge: “… una delle scatole trovate nella tomba contiene dei rotoli papiracei da cui ci si attende di ricavare una grande mole di informazioni storiche”. E una burrascosa riunione, tra alcuni archeologici e un alto funzionario inglese, su questo papiro sarebbe avvenuta nel 1924 all’ambasciata britannica del Cairo. Sì, ma cosa c’era scritto di così importante in questo papiro (o in questi papiri)?

Intanto, soffermiamoci su alcuni geroglifici che decorano le pareti della tomba di Tutankhamen. Alcuni caratteri – a detta di molti archeologi tra i quali i rabbini, Messod Sabbah e Roger Sabbah, autori del fondamentale libro “I segreti dell’Esodo” – rivelano una somiglianza straordinaria con quelli dell’alfabeto ebraico e, in più, uno scialle poggiato sopra il sarcofago del faraone risulta essere assolutamente identico al Talled, lo scialle di preghiera del rituale ebraico. Si avevano così le prove che convalidavano una teoria già avanzata da non pochi studiosi, tra i quali Sigmund Freud, e cioè che gli ebrei non discendono affatto da popoli nomadi poi fatti schiavi dai regnanti dell’Egitto e, quindi, con l’aiuto di Dio, fuggiti da questo attraverso l’Esodo, come recita la Bibbia; bensì dai seguaci del faraone monoteista Amenofi IV rinominatosi Akhenaton – probabile padre di Tutankhamen – espulsi dall’Egitto a seguito di una rivolta. La religione ebraica, quindi, è una filiazione di quella monoteista del dio Aton (diventato poi Adonai), propugnata dal faraone Akhenaton.

Ai più, può sembrare una questione irrilevante. Ma questa scoperta è devastante per il Sionismo che identifica un popolo con la sua religione e che, attraverso la Dichiarazione di Balfour del 1917, era riuscito a realizzare un obiettivo del colonialismo britannico: la creazione di un “focolare ebraico” in Israele-Palestina: “Terra promessa agli ebrei da Dio”. Sarebbe stato questo a determinare quello che appare un evidente complotto mimetizzato nella diffusione planetaria della bufala sulla “maledizione di Tutankhamen”? Probabilmente sì.

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