Sul 'reportage' Rai dal campo di Al Hol in Siria, un'enclave ISIS divenuta set cinematografico

Sul 'reportage' Rai dal campo di Al Hol in Siria, un'enclave ISIS divenuta set cinematografico

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Sta diventando un set cinematografico il campo di Al Hol, in Siria - dove sono confinate decine di migliaia di donne (con relativi bambini, spesso frutto di stupri) “spose” di sconfitti combattenti dell’ISIS (anche essi confinati in altri campi) – reso celebre da innumerevoli reportage: basti citare quelli realizzati dalle troupe di Russia Today, El Pais, Al Jazeera, AFP, CNN… Ora è arrivata anche la RAI per realizzare il reportage (incredibilmente presentato come “reportage esclusivo”) “L’inferno per l’ISIS” (su Facebook il video completo), che si direbbe non porsi una ovvia domanda.


Intanto, qualche informazione. Il campo di Al Hol, amministrato dai curdi delle “Forze democratiche siriane” (la coalizione messa su dagli USA) con l’ausilio della Croce Rossa Internazionale (una delle pochissime organizzazioni umanitarie degne di questo nome), come attestato dallo stesso reportage RAI, continua ad essere una enclave dell’ISIS che – tanto per dirne una - impone a tutte le donne lì confinate il niqab (il nero velo islamico integrale che copre sia la testa che il corpo) nonostante una temperatura che sfiora i 50 gradi. Provvede a far rispettare questa e altre barbarie (anche a donne che, hanno rinnegato una imposta “fede jiadista”) una sorta di “polizia femminile dell’ISIS” che gira indisturbata per il campo.




Si, ma perché non suddividere le donne (e i loro bambini) in diversi campi permettendo così a molte tra esse la fine di un immeritato calvario e (considerando le numerose amnistie già proclamate dal governo di Damasco e l’imminente annunciata) un reinserimento nella società? Si direbbe una proposta sensata se non fosse che questa stessa cernita tra i tanti trovatisi giocoforza dalla parte dell’ISIS e i tagliagole jiadisti (che potrebbero così essere processati e condannati) rischierebbe di mettere in luce i burattinai dei jiadisti. Meglio quindi per gli USA ordinare ai suoi ascari curdi, intanto di non consegnare questa indistinta massa di “jiadisti” ai loro legittimi giudici (e cioè i rappresentanti del popolo siriano) e poi minacciare un generale “tutti a casa” che significherebbe, anche per molti paesi europei, il rientro di efferati criminali.


Ovviamente lo stallo conseguente a questa situazione rischia di protrarre sine die le sofferenze per centinaia di migliaia di persone (molte certamente innocenti). Ma cosa volete che sia questo davanti al prestigio degli Stati Uniti?

 

Francesco Santoianni

 

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