Un “fronte unito” contro l’embargo?
L'occidente isola la Russia? Mosca guarda a Pechino non solo per l'energia
di Diego Angelo Bertozzi
Mentre si dispiegava la minaccia delle sanzioni contro la Russia in risposta al referendum in Crimea, Igor Sechin, a capo di Rosneft, volava in Giappone per spiegare con chiarezza che alla volontà di Europa e Stati Uniti di isolare Mosca, quest’ultima avrebbe risposto volgendosi a Oriente per siglare accordi energetici e collaborazioni militari, e stringere alleanze politiche.
Se le relazioni con l’Occidente peggiorano - sottolineava in contemporanea il sinologo russo Vasily Kashin - la Russia a maggior ragione si rivolgerà alla Cina, perché se questa ti sostiene “nessuno può dire che sei isolato”.
E questa possibile direzione strategica è stata tracciata nei giorni scorsi anche dall’ambasciata russa a Pechino con una dichiarazione pubblicata sul suo sito ufficiale: quello che sta avvenendo è una riproposizione di quanto avvenuto ai danni della Cina popolare in seguito alla crisi del 1989 (repressione delle manifestazioni di piazza TienAnMen). Anche allora “gli Stati Uniti e alcuni Paesi europei hanno boicottato la Cina in settori quali l’esportazione di armi e lo scambio di tecnologie militari con il pretesto della violazione dei diritti umani”. L’ambasciata russa propone, quindi, una espansione della collaborazione militare tra i due Paesi in modo da “tenere sotto controllo” i possibili danni prodotti dall’embargo. Le vittime della pratica unilaterale dell’embargo sono quindi “destinate” ad un unirsi in un fronte comune per non perdere terreno nella corsa tecnologica.
Per approfondire:
Per la posizione cinese sulla pratica dell’embargo, rinvio all’articolo “La contrarietà cinese alla pratica unilaterale dell’embargo”