La liberazione del Portogallo dalla sottomissione all'euro è necessaria, possibile e praticabile. João Ferreira

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La liberazione del Portogallo dalla sottomissione all'euro è necessaria, possibile e praticabile. João Ferreira


 
Le questioni dell'euro hanno segnato e continueranno inevitabilmente a segnare il dibattito intorno alle scelte con cui si confrontano il Paese e il popolo.
 
Difensori e protagonisti della politica di destra, di diverse matrici, si sono affrettati a vedere nei  risultati delle ultime elezioni un “appoggio schiacciante” ai partiti dell' “arco del consenso europeo” e, per questa strada, un appoggio agli “impegni europei” del Paese, in particolare per quanto riguarda la sua permanenza nell'euro, sottoposto alle regole e ai vincoli che gli sono collegati.
 
Confrontandosi con la proposta del recupero della sovranità monetaria del Paese, che lo liberi dalla sottomissione all'euro, costoro enfatizzano e ingigantiscono spauracchi e minacce di ogni tipo: che sarebbe la catastrofe; e che chi lo propone non può che essere un irresponsabile. Ricorrendo alle tecniche dell'occultamento, della falsificazione e della calunnia, cercano di seminare illusioni e paura. Illusioni sulla possibilità, a termine, di costruire all'interno dell'euro un percorso alternativo di progresso, crescita, sviluppo e giustizia sociale. Paura sulle possibili conseguenze dell'uscita e sullo scenario cupo che allora si aprirebbe per il Paese e la vita dei portoghesi. Non devono essere minimizzati gli effetti di questo discorso sull'insieme della popolazione. Non deve essere minimizzata la necessità di rispondere a questa operazione, smontandola, in modo il più chiaro, accessibile, pedagogico e completo possibile.
 
Che non rimangano dubbi: la liberazione del Portogallo dalla sottomissione all'euro è necessaria. E, inoltre, possibile e praticabile. Ma – molto importante – deve essere convenientemente preparata. Tra le altre cose, per difendere e garantire i diritti, i redditi, i risparmi e le condizioni di vita di tutta la popolazione, in particolare dei lavoratori e dei pensionati. Naturalmente, il popolo dovrà guadagnarci da tale necessità.
 
Il disastro è rappresentato dall'ingresso e dalla permanenza nell'euro, come abbiamo ora ben davanti agli occhi.
 
Quindici anni fa ci dissero che l'euro avrebbe portato crescita economica, più occupazione, migliori salari, e, alla fine, la convergenza con le economie più sviluppate dell'UE.
 
La realtà, lo sappiamo, è stata ben diversa. Le disuguaglianze e le asimmetrie in seno alla Zona Euro si sono aggravate. In Portogallo, la produzione nazionale e gli investimenti sono andati a picco, il debito si è accentuato, il deficit della bilancia commerciale si è aggravato, la crescita è stata praticamente nulla. Dal momento dell'adesione all'euro, siamo uno dei paesi che meno cresce in Europa e nel mondo. Produciamo oggi meno ricchezza di quando sono entrate in circolazione le raccomandazioni dell'euro. Più di un decennio perduto. La disoccupazione è più che raddoppiata.
 
L'euro è stato il pretesto per svalorizzare i salari. Sia con la cosiddetta “moderazione salariale”, tradotta in pratica in “adeguamenti” salariali inferiori ai tassi di inflazione, con le conseguenti perdite di potere di acquisto dei lavoratori, sia, negli ultimi anni, con tagli duri e puri ai salari. Tutto in nome degli “impegni europei” e della permanenza nell'euro.
 
I meccanismi creati per “salvare” l'euro – Trattato di Bilancio, Semestre Europeo, Governance Economica – non hanno creato altro che rendere permanenti le politiche di destra attuate negli ultimi anni. Dai salari alle forti limitazioni agli investimenti nei servizi pubblici e nelle funzioni sociali dello Stato, passando per il continuo salasso delle risorse nazionali per far fronte a un debito impagabile.
 
Affermare coraggiosamente il diritto allo sviluppo sovrano e alla conseguente necessità di respingere vincoli e condizionamenti come quelli associati all'euro è ricusare questa sentenza. E' sconfiggere la teoria dell'inevitabilità. E' affermare che non ci rassegniamo all'impoverimento, né alla regressione, alla dipendenza e alla sottomissione del paese a interessi estranei al suo popolo.
 
Liberare il Portogallo dalla sottomissione all'euro risolve tutti i problemi del Paese? No. Non è questo. Ma rimuoverà un grande ostacolo alla loro risoluzione. Perché l'euro è un grande ostacolo al progresso sociale e allo sviluppo.
 
Il futuro del Paese sarà determinato dalle politiche che verranno messe in pratica. Una politica patriottica e di sinistra richiede la liberazione dall'euro e dai vincoli che gli sono associati. D'altro canto, questa liberazione deve essere combinata con altri aspetti di una politica alternativa globale, patriottica e di sinistra.
 
Liberare il Portogallo dal corsetto dell'euro non sarà la condizione sufficiente, ma sarà la condizione necessaria per uscire dall' “austerità” eterna e, in ultima analisi, per recuperare e sviluppare il Paese ed elevare le condizioni di vita del nostro popolo.
 
* Parlamentare europeo del Partito Comunista Portoghese
 
Traduzione di Marx21.it 

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