"Aiutavano i terroristi in Siria". Tutto quello che i media hanno omesso sulla retata contro jihadisti in Lombardia
Retata di jihadisti in Lombardia: acquistavano armi “con i proventi del traffico dei migranti”, assicura Repubblica. Ma davvero i jihadisti non avrebbero altre risorse per acquistare armi?
Peccato che altre, ben più promettenti, indagini siano state insabbiate. Ci riferiamo alla destinazione dei proventi del petrolio rubato alla Siria che i “ribelli” trasportavano “legalmente” nelle raffinerie italiane. Legalmente in quanto le sanzioni comminate dall’Unione Europea alla Siria permettevano, e tuttora permettono, (Decisione 2013/255/PESC) l’esportazione, e quindi la commercializzazione, di petrolio estratto in aree “liberate” dai “ribelli”.
Altrettanto “legale” sarebbe la possibilità per i “ribelli siriani” di approvvigionarsi di armi italiane.
Il 13 Dicembre 2012 il Governo italiano riconosceva come “unica legittima rappresentante del popolo siriano” la “Coalizione nazionale degli oppositori siriani”. Questa decisione discendeva dall’adesione dell’Italia, avvenuta, nel luglio 2012, al Gruppo “Amici del popolo siriano” dove l’Italia (insieme alle Petromonarchie e ai paesi NATO) si impegnava a garantire “un aumento massiccio degli aiuti all'opposizione al regime di Bashar Al-Assad”.
La fornitura di armi ai “ribelli siriani” da parte dei paesi dell’Unione Europea veniva, quindi, istituzionalizzata da un compromesso , favorito dall’Italia, tra paesi - quali Austria, Repubblica Ceca, Finlandia, Olanda e Svezia - formalmente contrari alla fornitura di armi, e paesi - quali Francia e Gran Bretagna - i quali, per continuare a vendere i loro armamenti, riuscirono a imporre un adattamento del Documento del Consiglio d’Europa 2008/944/CFSP (che definisce regole comuni per l’export di tecnologia e attrezzature militari): fornitura di armi si, ma subordinata alla presentazione in Consiglio di specifici atti. Atti che, ovviamente, non sono stati mai presentati. Da quel momento in poi, la fornitura di armi ai ribelli siriani da parte di paesi dell’Unione Europea è cresciuta esponenzialmente.
Anche da parte dell’Italia? Di certo, armi italiane sono state trovate negli arsenali dei “ribelli siriani” (anche dell’ISIS). Armi acquistate con “i proventi del traffico dei migranti”? Davvero improbabile. Magari, sono state fornite gratuitamente, come quelle per i “ribelli libici” spedite dalla Sardegna nel maggio 2011. Stava per scoppiare uno scandalo anche perché uscì fuori che le armi erano destinate a feroci bande di tagliagole in combutta con i nostri Servizi di sicurezza. Fu imposto, allora, il Segreto di Stato e di quel traffico non se ne è parlato più.
E state pur certi che succederà la stessa cosa se uscirà fuori che i dodici “pericolosi jihadisti” oggi arrestati in Lombardia sono una vecchia conoscenza dei nostri Servizi di sicurezza.
Francesco Santoianni