Chen negli USA per motivi di studio: una strategia di Pechino per sbarazzarsi di voci scomode al suo interno?

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Il Caso di Chen Guangcheng, il dissidente cieco, che con la rocambolesca fuga dagli arresti domiciliari nella sua casa nello Shendong e il suo rifugiarsi per alcuni giorni presso l’ambasciata USA di Pechino aveva messo in scacco le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti sembra essere giunto ad una soluzione. Mr.Chen potrà approfondire i propri studi giuridici negli Stati Uniti usufruendo di un visto per motivi di studio. In un primo momento la sua partenza dalla sede diplomatica statunitense, preso in consegna dalle autorità cinesi, sembrava solo una mossa di Pechino per mettere a tacere un personaggio scomodo con rassicurazioni forse un po’ vaghe a Washington di un equo trattamento per un attivista divenuto ingombrante. Mr.Chen andrà a studiare probabilmente all’Università di New York.

Tuttavia non è la prima volta che la Cina lascia andare in esilio una “voce scomoda”, che crea molti danni dall’interno e ottiene le prime pagine dei giornali stranieri. Pechino sa bene come gestire anche l’attività dei suoi dissidenti e lasciarli partire vuol dire sbarazzarsi di un problema ed in fondo farli sparire. Una volta fuori difatti, e lo dimostrano casi analoghi a quelli di Chen, i dissidenti dopo un iniziale momento di notorietà scompaiono nella galassia degli esiliati e non ottengono più l’attenzione dei media internazionali divenendo uno dei tanti attivisti cinesi in fuga. Una modalità furba, già rodata dalle autorità cinesi, che in tal modo riescono ad uscirne mediaticamente quasi bene ed allo stesso tempo possono zittire con un apparente premio voci troppo eloquenti al loro interno. 

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