Dopo Anchorage: le cancellerie europeiste per la guerra a ogni costo

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Dopo Anchorage: le cancellerie europeiste per la guerra a ogni costo

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Dopo la riunione straordinaria, il 16 agosto, del COREPER, il Comitato che riunisce gli ambasciatori dei 27 paesi UE, per il 17 agosto è previsto il vertice in videoconferenza della Coalizione dei volenterosi, co-presieduta da Francia, Germania e Gran Bretagna. Intanto si sprecano le omelie di tale coalizione delle carogne: von der Leyen e Costa, Macron e Meloni, Merz, Starmer, Stubb, Tusk. Loro non danno segni di squilibrio mentale: semplicemente, sono farabutti che devono tenere il banco al complesso militare-industriale, insistendo sulla contrapposizione, finanche armata, alla Russia. «Non si dovrebbero porre limitazioni alle Forze armate ucraine o alla sua cooperazione con Paesi terzi» sproloquiano; Mosca «non può avere potere di veto sul percorso dell’Ucraina verso UE e NATO», blaterano per cercare di dimostrare al mondo – ma solo al loro mondo, dato che ormai il resto del pianeta li valuta per quello che sono: nullità – di avere ancora qualche ruolo sul palcoscenico delle loro stesse trite quanto pericolose commedie. «Finché le uccisioni in Ucraina continueranno» - e i morti dei bombardamenti ucraini su Donetsk, Belgorod: quelli devono continuare? Furfanti che non siete altri - «siamo pronti a mantenere la pressione sulla Russia. Continueremo a rafforzare le sanzioni e le misure economiche più ampie per esercitare pressione sull’economia di guerra russa fino a quando non ci sarà una pace giusta e duratura. L’Ucraina può contare sulla nostra incrollabile solidarietà mentre lavoriamo per una pace che salvaguardi gli interessi vitali di sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa». Come se davvero gliene fregasse qualcosa delle decine di migliaia di giovani ucraini mandati al macello proprio su ordine europeo.

Quanto gliene fregava, a quei disonesti, della popolazione civile del Donbass, bersagliata e massacrata dai nazisti di Kiev sin dal 2014? Lo hanno poi confessato apertamente, i signori Merkel e Hollande, che, per loro e per Kiev, le “trattative” di Minsk del settembre 2014 e febbraio 2015 servivano solo a dare respiro alle forze ucraine, messe alle strette dalle milizie di L-DNR.

Farabutti. In Alaska, Vladimir Putin ha sostanzialmente ribadito quanto va ripetendo da sempre e aveva poi detto a fine 2021: ciò che quelle canaglie avevano sprezzantemente finto di ignorare, dal momento che puntavano al conflitto armato e avevano brigato perché scoppiasse. Senza garanzie di sicurezza che garantiscano Mosca dall'ulteriore espansione della NATO e dal dispiegamento di forze e mezzi dell'Alleanza in Ucraina, come già hanno fatto in Romania, Polonia, nei Paesi baltici, Mosca si sarebbe vista costretta a intervenire con la forza. Nulla di nuovo.

E per Mosca la questione non è tanto o non soltanto l'Ucraina, ma riguarda il sistema di sicurezza generale. Questo è esattamente, chiosa il blogger “Golos Mordora”, ciò che Vladimir  Putin aveva proposto a fine 2021, quando la sua proposta fu arrogantemente respinta, con la conseguenza che Mosca si vide costretta a lanciare l'Operazione militare.

E anche ora, consapevole delle brighe europeiste, ha auspicato che «l'intesa raggiunta ci consenta di avvicinarci... alla pace in Ucraina. Ci aspettiamo che Kiev e le capitali europee percepiscano tutto questo in modo costruttivo e non creino ostacoli, né cerchino di contrastare i progressi con provocazioni e intrighi». Detto fatto. Le canaglie non sono use smentirsi: l'invio di armi alla junta nazigolpista rientra tra le priorità di Bruxelles.

Dopo Anchorage, come se nulla di nuovo sia intervenuto, continuano a comportarsi da quelle canaglie belliciste che sono, ripetendo la litania del «percorso dell’Ucraina verso UE e NATO»: vale a dire della provocazione piratesca contro la Russia. Cos'altro è, questo, se non una campagna europeista degli zelanti bramosi di continuare la guerra, dei famelici guerrafondai che, mentre escludono restrizioni alle forniture di armi a Kiev, insistono sulla causa prima e profonda della guerra: l'adesione di Kiev alla NATO.

Ma, stando ad alcuni lanci “informativi” (New York Post) davvero spassosi, in Alaska Trump e Putin avrebbero addirittura discusso di uno scenario che prevedeva l'introduzione di truppe britanniche e francesi nei territori ucraini controllati da Kiev, in cambio del ritiro delle forze ucraine dalla restante parte del Donbass. Stando poi a The Washington Post, i due Presidenti avrebbero parlato del ritiro delle truppe ucraine dal Donbass come condizione per un trattato di pace e tale scenario dovrebbe venir discusso il 18 agosto tra Trump e Zelenskij, con la partecipazione anche degli europei. A fronte di tali voci, l'osservazione più ovvia è come tali scenari possano legarsi a quanto Putin va ribadendo dal 2021, sulla necessità di eliminare le cause profonde del conflitto: prima tra tutte l'inammissibilità dell'espansione della NATO a est, con il dispiegamento di forze britanniche o francesi che siano. In base a quelle voci, nota Mikhail Rjabov su PolitNavigator, truppe NATO si avvicinerebbero ancor più ai confini russi. Ma non c'è pericolo che ciò si verifichi: i media occidentali riportano che Zelenskij rifiuta in partenza concessioni territoriali.

D'altra parte, osserva Jurij Barancik su News-front, quelle dei volenterosi mascalzoni (l'aggettivo lo aggiungiamo noi) non sono che parole volte a fissare alcune "linee rosse" da loro stessi inventate: «nessun negoziato senza l'Ucraina», «i confini non si modificano con la forza», come se l'espansione della NATO a est dal 1990 a oggi non costituisca una modifica non solo dei confini, ma di ciò che ancor più mette in allarme Mosca: la dislocazione di missili, mezzi e uomini ai confini russi.

Putin lo ha ribadito in Alaska: «Ho detto più di una volta che per la Russia gli eventi in Ucraina sono legati a minacce fondamentali alla nostra sicurezza nazionale». I popoli russo e ucraino sono fraterni, ha detto ancora una volta Putin e perciò Mosca vuole davvero mettere «fine a tutto questo. Ma allo stesso tempo, siamo convinti che, affinché la soluzione sia duratura, tutte le cause profonde della crisi, che sono state discusse più volte, debbano essere eliminate. Tutte le legittime preoccupazioni della Russia devono essere prese in considerazione e deve essere ripristinato un giusto equilibrio nella sfera della sicurezza in Europa e nel mondo nel suo complesso».

Ma i meschini corifei delle cancellerie belliciste europee, con in testa il direttore de La Stampa, Andrea Malaguti, non vedono certo le brame guerrafondaie della UE: capovolgendo da par loro i termini della questione, lacrimano su «gli appetiti dello Zar», loro che si beano nel parlare, ogni tre parole, di «dittatore russo», offendendo europeisticamente in tal modo decine di milioni di russi, per i quali le reali dittature sono quelle di chi affama le masse e le conduce alla guerra; loro che ne scrivono come del «campione del mondo in carica dei dittatori»; ovviamente, quelli del cosiddetto “asse del male”: stupidi parolai che non sono altro. Loro che si guardano bene dall'appellare col titolo di dux gli italici fascisti di governo; loro che gemono «al terrificante sogno di una rediviva Unione Sovietica, così platealmente ostentato dal ministro degli esteri Sergej Lavrov, atterrato in Alaska con un’irridente scritta “Cccp” stampata sulla felpa?». Dice bene, in questo caso, il signor Malaguti, parlando di «irridente scritta», una scritta che irride proprio alla ignorante imbecillità di chi, da un lato, appella un Presidente come “zar” e, dall'altro, sproloquia, evidentemente senza sapere di cosa stia parlando, su un «Impero tornato», per una scritta che, nella Russia odierna, manca di due elementi fondamentali di quelle sillabe: solo nella cretineria liberale di certe redazioni, si può “dedurre”, soltanto per una scritta, la resurrezione di quel Sojuz Sovetskikh Sotsialisticeskikh Respublik, associandola poi, in maniera ancor più beota, a un fantomatico «delirio di onnipotenza da ennesimo popolo eletto». Una “onnipotenza” che, in certe redazioni, viene presentata come «ennesimo bombardamento spietato a vertice in corso», come se gli edifici sventrati a Donetsk dalle artiglierie ucraine, proprio nelle stesse ore, siano invece un “atto dovuto”. Bastardi, che farneticano di due persone, Trump e Putin, «che fanno della disinformazione, massificata a livello industriale, un marchio distintivo», mentre, dio ce ne scampi, a Torino, Roma, Milano, negli uffici di quei fogliacci al soldo delle cancellerie belliciste, si fa solo, per carità, “informazione europeista”: tutto per la guerra.


Fonti:

https://1rodina.ru/article/koe-kto-v-evrope-sobiraetsya-lech-kostmi-na-puti-k-miru

https://politnavigator.news/poshli-vbrosy-o-vvode-nato-na-ukrainu-v-obmen-na-kusochek-donbassa.html

https://news-front.su/2025/08/16/zayavlenie-es-popytka-vyjti-iz-konflikta-s-vysoko-zadrannym-zabralom/

https://news-front.su/2025/08/16/otvet-rossii-byl-uslyshan-golos-mordora/

https://www.lastampa.it/editoriali/l-editoriale-andrea-malaguti/2025/08/17/news/chi_puo_fermare_gli_appetiti_dello_zar-15273091/?ref=LSHA0-BH-P1-S1-T1

 

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