I 4 punti della ‘dottrina Trump’
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di Alessandro Volpi*
La natura parassitaria del capitalismo statunitense. La ‘dottrina Trump’ sta portando a compimento lo schema già avviato negli ultimi anni dalle precedenti amministrazioni.. Per tale dottrina sono necessari 4 punti fondamentali sorretti dall’unico assunto della totale subalternità economica e finanziaria del resto del mondo.
Il primo punto è costituito dalla volontà di imporre una svalutazione del dollaro per ridare competitivita’ alle produzioni e ai servizi USA conservando però al dollaro la natura di valuta di riserva internazionale. In altre parole Trump e il suo ideologo Miran vogliono imporre al resto del mondo i costi della ripresa USA.
Il secondo punto è rintracciabile nella trasformazione degli Stati Uniti in un colossale paradiso fiscale, dove vengono ridotti i controlli, le aliquote e ogni ipotesi di regolamentazione finalizzata a contenere gli eccessi della finanza. Inoltre, Trump sta già smontando ogni forma di regolazione ambientale e in materia di concorrenza per creare habitat favorevoli ad ogni tipo di impresa. In sintesi, si tratta di drenare sempre più capitali e risparmi impoverendo i paesi sudditi a cominciare dalle fasce di popolazione con redditi più bassi.
Il terzo elemento ha a che fare con la creazione di forme di acquisto del debito pubblico USA in grado di evitarne il tracollo: un processo che passa per le stable coin e per la definitiva riconciliazione con i grandi fondi.
Il quarto elemento è costituito dai dazi usati come arma di ricatto e al contempo come strumento di pressione nei confronti degli stessi grandi fondi a cui chiedere ‘un sacrificio’ americano. La tassa del 15 per cento sulle esportazione di chip venduti in Cina da Nvidia e Amd è un esempio paradigmatico di ciò.
Con la dottrina Trump l’imperativo del primato americano, costruito dal neoliberalismo atlantista, diventa inconciliabile, in maniera irriducibile, con qualsiasi ipotesi di coesistenza pacifica globale, con la sola, temporanea, ma fondamentale eccezione della Cina.
Il primo punto è costituito dalla volontà di imporre una svalutazione del dollaro per ridare competitivita’ alle produzioni e ai servizi USA conservando però al dollaro la natura di valuta di riserva internazionale. In altre parole Trump e il suo ideologo Miran vogliono imporre al resto del mondo i costi della ripresa USA.
Il secondo punto è rintracciabile nella trasformazione degli Stati Uniti in un colossale paradiso fiscale, dove vengono ridotti i controlli, le aliquote e ogni ipotesi di regolamentazione finalizzata a contenere gli eccessi della finanza. Inoltre, Trump sta già smontando ogni forma di regolazione ambientale e in materia di concorrenza per creare habitat favorevoli ad ogni tipo di impresa. In sintesi, si tratta di drenare sempre più capitali e risparmi impoverendo i paesi sudditi a cominciare dalle fasce di popolazione con redditi più bassi.
Il terzo elemento ha a che fare con la creazione di forme di acquisto del debito pubblico USA in grado di evitarne il tracollo: un processo che passa per le stable coin e per la definitiva riconciliazione con i grandi fondi.
Il quarto elemento è costituito dai dazi usati come arma di ricatto e al contempo come strumento di pressione nei confronti degli stessi grandi fondi a cui chiedere ‘un sacrificio’ americano. La tassa del 15 per cento sulle esportazione di chip venduti in Cina da Nvidia e Amd è un esempio paradigmatico di ciò.
Con la dottrina Trump l’imperativo del primato americano, costruito dal neoliberalismo atlantista, diventa inconciliabile, in maniera irriducibile, con qualsiasi ipotesi di coesistenza pacifica globale, con la sola, temporanea, ma fondamentale eccezione della Cina.
*Post Facebook del 12 agosto 2025