I veri nemici del popolo ucraino

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I veri nemici del popolo ucraino


di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Ma quanto gliene importa davvero dell'Ucraina ai furfanti dei giornali italiani? Certo, gliene importa eccome, ma solo dell'Ucraina in quanto piazzaforte armata (un “porcospino d'acciaio”, dicono), avamposto di guerra guerreggiata contro la Russia, in attesa che i tagliagole delle cancellerie europee ritengano di esser pronti per aprire un fronte diretto contro Mosca. Dell'Ucraina in quanto paese e, soprattutto, degli ucraini in quanto popolo (usiamo qui di proposito la categoria generica di popolo, in quanto entità complessiva soggiogata agli interessi del capitale euroatlantico), ai farabutti delle capitali UE e ai falsari prezzolati delle redazioni clerico-reazionarie non gliene importa proprio nulla.

Le tremende condizioni sociali in cui da oltre dieci anni (più di venti, se si considerano gli inizi della famigerata “rivoluzione arancione”) sono ridotte le masse popolari ucraine, massacrate economicamente (e anche letteralmente) e politicamente da una cricca di squadristi che si dà periodicamente il cambio alla mangiatoia dei cosiddetti “aiuti occidentali”, il tutto a uso e consumo dei profitti di FMI, Banca Mondiale, UE, multinazionali dei settori industriali (per quel poco che rimane), energetici, agricoli; le cimiteriali condizioni di centinaia di migliaia di giovani mandati al macello senza alcuna speranza di prolungata sopravvivenza al fronte; lo stato spaventoso in cui, per i dettami degli organismi internazionali, sono costretti a vivere milioni e milioni di ucraini; tutto questo non tocca affatto né le teste, né tantomeno le borse dei farabutti che, ormai da settimane, non vedono altro che droni, jet russi, “provocazioni russe”, tentativi di Mosca di “testare le difese NATO” e via di questo passo. Tanto che, per tutti loro, il conflitto in territorio ucraino pare non esistere più e per i bellimbusti euro-lestofanti non fa alcuna differenza che giovani coscritti ucraini, senza la minima esperienza di combattimento, continuino ogni giorno a morire a grappoli, incalzati dalle avanguardie russe. È sufficiente mostrare ogni tanto qualche foto di distese di terra, disseminate di tumuli sovrastati da bandiere ucraine, quel tanto che basta per suscitare nei lettori un segno di compassione o di “partecipazione al sacrificio di Kiev per la libertà dell'Europa intera”. Quel tanto che basta per dare una sembianza di “serietà” all'ultima uscita del cancelliere tedesco Friedrich Merz sull'ipotesi di utilizzo dei beni russi congelati in Europa quale «mobilitazione di risorse finanziarie su una scala tale da garantire la resilienza militare dell’Ucraina per diversi anni».

Già, la resilienza: stupidi euro-farabutti della reazione “linguistica”, messa in circolazione a uso delle più becere “risoluzioni” “storico-politiche” UE. Come se non sappiano che, a detta degli stessi comandi ucraini, appena uno su dieci dei mobilitati a forza, raggiunge davvero il fronte, mantre i rimanenti riescono a fuggire all'estero, oppure si aggregano a bande che stanno ingrossando la criminalità del paese, mentre cresce la disgregazione sociale, soprattutto tra coloro che tornano dal fronte. Come se non conoscano, le euro-canaglie, la situazione reale del paese, in cui gli “umori bellicosi” del 2022 sono ormai svaniti nel dimenticatoio e oggi solo l'11% degli ucraini è disposto a combattere fino alla fine, come testimonia il direttore del gruppo sociologico "Rating", Aleksej Antipovic, parlando sul canale filogovernativo di Natalija Mosejchuk. All'inizio della guerra, dice Antipovic, il 73% degli ucraini voleva combattere fino alla riconquista di Crimea e Donbass. Col protrarsi della guerra, si sono divisi in due categorie: il 60% afferma che si dovrebbe cercare un compromesso negoziale e circa un terzo afferma che dovremmo continuare fino alla liberazione di tutti i territori, o almeno fino al ripristino dei confini del 2022. Ma «se si chiede di più... non sui desideri personali, ma su uno scenario realistico, ci si divide ulteriormente: l'80% afferma che si dovrebbe cercare una soluzione di compromesso, coinvolgendo altri Paesi». Nel 2022 e '23, dice Antipovic, la maggioranza assoluta era favorevole a combattere fino alla fine; «oggi il 20% è favorevole a negoziati diretti con i russi, il 60% è per una soluzione diplomatica. E solo l'11% crede realisticamente che possiamo combattere fino alla fine».

Per il resto, per l'euro-marmaglia e i suoi megafoni reazionari: deve essere guerra aperta. E dunque ecco ancora i droni, i jet, i MiG nei “cieli della NATO”. Dell'Ucraina, del popolo ucraino, non gliene importa proprio nulla, salvo citare le sparate di qualcuno a turno degli squadristi della junta nazi-golpista, che promette di suonarle sonoramente ai russi. Ecco quindi che da La Stampa ci si esalta perché il nazigolpista-capo, infervorato da qualche parola mal digerita pronunciata da Donald Trump, promette che «Colpiremo tutti i giorni».

Quindi, si ricomincia, giorno dopo giorno, con l'ormai stucchevole «Tensione nei cieli sui jet russi» del Corriere della Sera; si prosegue coi «Mig russi sconfinano nei cieli del Nord Europa e dell’Alaska, intercettati da aerei Nato».

E se per caso, per bocca di qualche suo rappresentante di rilievo, Mosca ricorda a quei lazzaroni che «Sono parecchi gli aerei che violano il nostro spazio aereo, accidentalmente o meno. Nessuno li abbatte», detto in risposta alle nuove minacce eurobulliste sull'abbattimento di velivoli russi, ecco che a La Stampa ci si spinge oltre la più maleodorante indecenza, affermando che «il volo MH-17 della Malaysia, con quasi 300 passeggeri civili a bordo», sarebbe stato abbattuto «da batterie contraeree fornite dalla Russia ai ribelli del Donbass». Falsari al servizio della reazione e degli interessi UE-NATO. Tanto per non tirarla troppo in lungo, dato che i lettori di questo e altri giornali ricordano sicuramente la tragica vicenda del Boeing malese e i suoi risvolti internazionali, accenniamo appena al fatto di come, già nel 2018, la stessa TV ucraina avesse riportato accenni olandesi sulla “possibile responsabilità” di Kiev nell’abbattimento, dopo che un ex agente del SBU ucraino, Vasilij Prozorov, aveva parlato della strana reazione ucraina all’accaduto, come se Porošenko e i Servizi sapessero tutto in anticipo.

E, di passaggio, a proposito di “violazioni dei cieli”, ci permettiamo di riportare un post feisbuc di Russische Nachrichten in cui si afferma che tra il 19 e il 21 settembre scorsi, il controllo russo del traffico aereo, in prossimità dei limiti dello spazio aereo russo, ha registrato una serie di “oggetti” considerati minacce: sei F-16 polacchi, due JAS-39 Grippen svedesi, quattro F-35 norvegesi e altrettanti Rafale francesi, due Eurofighter Typhoon tedeschi, due spagnoli e due britannici, vari aerei cisterna NATO, velivoli da ricognizione americani, polacchi, finlandesi, rumeni, francesi, australiani, un Gulfstream G550CAEW italiano, quattro droni NATO MQ-9 Reaper e un Tekever AR5 finlandese. Tanto per precisare.

Ma ormai si va al galoppo e, nell'euforia della “resilienza” nazi-bellicista, ancora sul Corriere della Sera il signor Giuseppe Sarcina assicura i lettori che Vladimir Putin ha proprio sbagliato i propri calcoli, dal momento che «Lo zar del Cremlino sfida la Nato ma ottiene l’effetto opposto: l’alleanza si compatta e non esclude dure risposte», in riferimento, appunto al neobullismo atlantista sul prossimo abbattimento di velivoli russi che dovessero “violare i cieli della NATO”.

È sicuro, il signor Sarcina, che «la mossa di Mosca si sta rivelando, ancora una volta, controproducente». Come mai? Perché «tre anni fa Putin pensava di poter invadere impunemente l’Ucraina, puntando sul fatto che gli Stati Uniti di Joe Biden non avrebbero rischiato un conflitto con la Russia... Quanto agli europei: chi si sarebbe speso per Kiev, considerata la pesante dipendenza energetica dalla Russia? Si è capito da subito che il calcolo putiniano era sbagliato».

Già: gli europei si sono “ricompattati”, chinando il capo e obbedendo agli ordini di Washington sul dovere di smetterla di comprare il gas dalla Russia e comprare invece quello americano. Si sono “ricompattati” obbedendo agli ordini USA-NATO di inviare uomini, aerei, carri armati ai confini con la Russia, elevando sempre più le spese militari. Certo: si sono “ricompattati” nel mostrare quanto valga lo spessore “politico” di gentaglia al servizio di banche e monopoli finanziari. Non che gliene importi nulla dell'Ucraina e tantomeno degli ucraini. Non appena l'ordine da Bruxelles indica che l'attenzione vada spostata su droni e jet, ecco che l'Ucraina serve appena quale terreno “di transito” per le sparate guerrafondaie. Così si riparte con una UE che, “compatta”, abbatterà i jet russi.

Tra l'altro, sia detto a uso anche degli italici giornali di regime, la portavoce del Ministero degli esteri russo, Marija Zakharova ritiene che l'avvertimento secondo cui i paesi UE potrebbero abbattere aerei militari russi sia una montatura alimentata dalla russofobia. A detta di Zakharova, già in precedenza l'agenzia Bloomberg aveva diffuso la voce per cui l'Europa occidentale ha avvertito la Russia di esser pronta a rispondere "con tutta la forza" a qualsiasi possibile intrusione nel proprio spazio aereo, incluso l'abbattimento di aerei che lo dovessero violare. Secondo l'agenzia, questa posizione sarebbe stata comunicata alla Russia durante un «incontro abbastanza teso, svoltosi al Ministero degli esteri russo. Ma, ha detto Zakharova, «credo sia solo l'ennesima invenzione di questa specifica agenzia occidentale» e la "notizia, virgolettata" è stata «inventata per alimentare il tema della retorica russofoba, aggressiva e anormale, proveniente dagli europei occidentali». Con ogni probabilità, ciò viene fatto «deliberatamente e specificamente per dare maggiore risonanza alle dichiarazioni dei rappresentanti dei paesi UE, che stanno fomentando questa retorica aggressiva».

Da notare che il segretario NATO, Mark Rutte, ha dichiarato che l'Alleanza non sa ancora con quali scopi sarebbero penetrati in Polonia i presunti droni russi o cosa sia accaduto nei cieli vicino all'Estonia: «Stiamo ancora cercando di capire se i droni in Polonia e i caccia in Estonia siano stati una provocazione deliberata; non lo sappiamo ancora». Ma questo non impedisce agli “euro signori della guerra” di alzare la voce e urlare all'abbattimento degli aerei russi.

Possono ben dunque ora i giornalacci di regime ostentare una “compattezza” delle cancellerie europee sulla convinzione non del «”se”, ma “quando” Putin attaccherà. Le provocazioni del Cremlino, con i droni e con i jet, stanno spingendo i Paesi più cauti a rivedere le proprie posizioni»; rientra tutto nel clima che fomentano di proposito ai danni delle masse popolari dei paesi europei, da anni stanche delle condizioni sociali in cui sono ridotte per gli interessi di banche e monopoli.

Ed è così, dunque, che i fogliacci della propaganda bellicista approfondiscono giorno dopo giorno la melma che ricorda le invocazioni belliche di ottantacinque anni fa su «un solo grido di fede e di passione».



FONTI:

https://tass.ru/politika/25166449

https://politnavigator.news/na-ukraine-rekordnyjj-zapros-na-ostanovku-vojjny-i-peregovory-dazhe-s-russkimi-dannye-sociologii.html

 

 

 

 

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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