Il nonno di Elly Schlein e il nazionalismo ucraino

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Il nonno di Elly Schlein e il nazionalismo ucraino

 

Uno dei nonni di Elly Schlein era un ebreo di un piccolo paese vicino a Leopoli che ad inizio ‘900 fuggì dalle persecuzioni antisemite rifugiandosi a New York.

I suoi parenti che restarono in quelle terre furono sterminati dai nazionalisti ucraini e dai nazisti tedeschi. Di questa vicenda la Schlein ne parla nel suo libro “La nostra parte”, pubblicato la settimana prima dell’intervento russo in Ucraina, quando cioè quella guerra era ancora un argomento di nicchia. Dalla settimana dopo tutto cambiò, arrivò la scure della censura e la barbarie revisionista che portò all’omissione dei crimini fatti dai nazionalisti ucraini negli anni ‘40 e quelli di oggi dei loro eredi.

La Schlein nel suo libro giustamente dice:

In Galizia, regione tra i Carpazi e la Vistola dove viveva una vasta comunità ebraica, si è scritta una delle pagine più atroci ed efferate dell’orrore dell’Olocausto. I nazisti organizzarono con la collaborazione dei nazionalisti ucraini dei pogrom massicci, di una violenza che non si può immaginare: ammazzavano anche 30.000 persone al giorno.

Decine di migliaia di ebrei furono rinchiusi nel ghetto di Leopoli, deportati al campo di concentramento di Janowska nell’immediata periferia della città oppure fucilati alla cava di argilla e sabbia nel bosco. A Leopoli morirono oltre 130.000 ebrei.

Più avanti prosegue:

A Leopoli, dove sono stata nell’autunno del 2018 […], sembra che i pogrom non ci siano mai stati. La grande sinagoga di Zolkiev è miracolosamente ancora in piedi […].  Il silenzio rimbomba lì dentro, fa un rumore sordo come la rimozione dell’accaduto. A Leopoli non c’è un museo, non c’è un’indicazione sulla mappa  per raggiungere quello che è stato il campo di concentramento dove i nazisti costringevano una piccola orchestra di ebrei a suonare, mentre ne venivano uccisi a migliaia. Come faranno le nuove generazioni a evitare i tragici errori del passato recente, se nessuno si preoccupa di tenerne viva la memoria?

Il nazifascismo è stato sconfitto, ma la minaccia del suo rigurgito non è mai sopita. E non è solo quella diretta, di chi ancora oggi nega, di chi ancora oggi esalta, di chi ancora oggi ha nostalgia di quel regime liberticida e assassino, ma anche quella indiretta.

Io sottoscrivo ogni parola. Questa ricostruzione dei fatti è storicamente ineccepibile e mette bene in evidenza il ruolo dei nazionalisti ucraini al fianco dei nazisti tedeschi. Quegli stessi nazionalisti ucraini che ora sono al potere a Kiev e che l’Occidente sta sostenendo in ogni modo.

Poi la Schlein rincara la dose, mettendo in guardia dai rigurgiti nazifascisti.

Questo libro è andato in stampa il 15 febbraio 2022, l’intervento russo è del 24 febbraio 2022. Da quel giorno chi denuncia la responsabilità dei nazionalisti ucraini nei crimini degli anni ‘40 e i rigurgiti nazisti attuali viene criminalizzato ed espulso dai canali di comunicazione mainstream. Al contempo i media alternativi vengono sabotati e censurati sulla base delle indicazioni di una specie di “Ministero della Verità”. Si è avviata la più grande operazione di censura, disinformazione e revisionismo dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

Io stesso mi sono trovato di fronte ad un bivio: o allinearmi al potere, o essere messo al bando. Non ho accettato compromessi e ciò ha portato al mio allontanamento dai mezzi di comunicazione mainstream, operazione coordinata dai nostri servizi segreti.

In tanti però il compromesso lo hanno fatto, quasi sempre per opportunismo. Si è arrivati così ad avere un’informazione tramutata in un coro che ripete all’unisono la propaganda di guerra e avalla la manipolazione della storia. In molti si trincerano dietro l’ignoranza: colti in fallo, si giustificano raccontando di non sapere i fatti. Ma chi sa, e non può dire di non sapere, facendo la banderuola ci perde la dignità.

La Schlein è passata da denunciare il nazionalismo ucraino, ad armarlo.

Alberto Fazolo

Alberto Fazolo

Alberto Fazolo. Laureato in Economia, esperto di Terzo Settore e sviluppo locale. Giornalista. Inizia l'attività giornalistica testimoniando la crisi del Kosovo e la dissoluzione della Jugoslavia. Ha trascorso due anni in Donbass, profondo conoscitore delle vicende ucraine. Attivo nei movimenti di solidarietà internazionalista, soprattutto in contrasto con le operazioni di "Regime change".

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