La beffa ai danni dei precari

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La beffa ai danni dei precari

 

di Federico Giusti

Eludere i problemi, marginalizzarli o comunque praticarne il ridimensionamento è ormai prassi politica consolidata e trasversale agli schieramenti.

Da lustri il precariato nella Pubblica amministrazione rappresenta una realtà incontrovertibile (e tra le principali cause della fuga all'estero di tanti ricercatori), le procedure atte alla stabilizzazione sono state parziali e spesso inadeguate, i numeri degli esclusi preponderanti.

Nelle assemblee precarie raccontavano che numerose aziende private, specie nel settore bellico, sono alla ricerca di "cervelli", in questi scenari desolanti, con il ricatto della disoccupazione, riusciranno a portare a casa il risultato anche se a mero discapito della ricerca tout cort.

Che il Pnrr avrebbe determinato debito a lungo termine e precarietà era un dato di fatto vedendo gli organici e le professionalità presenti negli Enti locali ove ogni anno migliaia di posti di lavoro  sono perduti con le nuove assunzioni inferiori ai pensionamenti avvenuti.

Prima di applaudire al cospetto della Manovra di bilancio 2026 dovremmo guardare i numeri, le occasioni per toccare con mano il fenomeno del precariato non sono mancate ma puntualmente i Ministri l'hanno buttata in rissa, la Bernini ad accusare gli studenti di medicina di essere poveri comunisti e i giornalisti di format televisivi di successo che ridevano della battuta. Il paese del Bunga Bunga potrà mai prendere sul serio la condizione del precariato?

Probabilmente gli stessi giornalisti, se fossero a partita iva come i tanti, troppi, collaboratori delle redazioni, avrebbero poco da ridere e molto invece su cui riflettere. Toccherebbero con mano come si possa eludere un contratto nazionale ricorrendo alle forme di precariato esistenti  con la compiacente ignavia di tutti , o quasi, i partiti politici.

Intanto la solidarietà tra giornalisti è venuta meno da tempo e  i privilegiati, che non scioperano per il rinnovo del contratto nazionale scaduto da 10 anni, si mostrano assai poco interessati al dilagare del precariato nella loro stessa categoria, immaginiamoci allora quale attenzione riserveranno al problema in quanto tale.

Solo poche centinaia di precari della ricerca del Pnrr  saranno stabilizzati con le risorse stanziate dalla manovra di Bilancio e la Conferenza dei Rettori bene farebbe a prendere atto di questa realtà avendo, al contrario, di altri, i numeri a disposizione.

E nessuno venga a raccontare che da qualche parte bisogna pur partire, erano le stesse motivazioni addotte con i precari della PA che poi sono rimasti in gran parte esclusi dalle stabilizzazioni.

50 milioni in due anni tra Fondo di finanziamento ordinario (FFO) e fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE) sono una goccia nel mare, poi si nasconderanno dietro i soliti paraventi ad esempio la riserva del 50% dei posti riservati ai ricercatori  impiegati su progetti Pnrr.

Ma, in ogni caso, la deroga alle facoltà assunzionali negli Enti non è mai arrivata e quindi non ci saranno materiali opportunità di aumentare gli organici ove proprio le carenze e i fabbisogni di personale lo esigerebbero. I ricercatori, stando ai dati del Ministero, tra Pnrr e non sarebbero oltre 7 mila, le assemblee precarie ci parlano di numeri ben maggiori. Le assunzioni previste con gli stanziamenti della Legge di Bilancio saranno meno della metà dei numeri del Ministero, non arriveranno, per la Cgil, a 1600 in due anni.

Eppure sarebbe stato sufficiente non dare 2 milioni di euro agli atenei privati per avere maggiori risorse da destinare ai precari previa preventiva rimozione dei tetti di spesa. Con quei fondi altre stabilizzazioni sarebbero state possibili.

 Le scelte del Governo sono state assai chiare, accontentare il privato (è utopia pensare ad un futuro dominato dalle università telematiche?) a discapito del pubblico, ironizzare sui contestatori con i cori da stadio (chi non salta comunista è).

 Eppure i numeri non sono ignoti, ricercatori, precari del Pnrr e non rappresentano qualcosa di più  di una minoranza negli striminziti organici universitari. E pensare che gli Atenei si facciano carico di metà della spesa, con tutti i vincoli da rispettare, è la ennesima beffa ai danni non solo del precariato ma della istruzione e della ricerca pubblica. Quella istruzione che i Rettori dovrebbero difendere.

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Fulvio Grimaldi, da Figlio della Lupa a rivoluzionario del ’68 a decano degli inviati di guerra in attività, ci racconta il secolo più controverso dei tempi moderni e forse di tutti i tempi. È la testimonianza di un osservatore, professionista dell’informazione, inviato di tutte le guerre, che siano conflitti con le armi, rivoluzioni colorate o meno, o lotte di classe. È lo sguardo di un attivista della ragione che distingue tra vero e falso, realtà e propaganda, tra quelli che ci fanno e quelli che ci sono. Uno sguardo dal fronte, appunto, inesorabilmente dalla parte dei “dannati della Terra”.

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