Marò, l'ambasciatore italiano a Nuova Delhi richiamato a Roma. E' sempre più crisi diplomatica?
Forse è giunto il momento per Roma di avere un approccio più duro, entro i limiti delle relazioni diplomatiche, con Nuova Delhi riguardo al caso dei due marò, accusati di aver ucciso due pescatori indiani, scambiati per pirati, al largo delle coste del Kerala. I capi di incriminazione presentati: dall’omicidio volontario all’associazione a delinquere hanno colto tutti impreparati. Anche se avvisaglie di un comportamento decisamente torbido da parte delle autorità indiane e soprattutto da parte di quelle del Kerala l’Italia ha avuto sentore fin da subito. La decisione del giudice di Kollam di rigettare la nuova richiesta, presentata dai legali dei due soldati italiani, di libertà su cauzione e il procrastinare di 20 giorni il trasferimento in un luogo più adatto allo status dei due marò rispetto al carcere di Trivandrum, hanno teso ancor di più le relazioni tra i due paesi.
La Farnesina ha richiamato a Roma per consultazioni l’ambasciatore a Nuova Delhi Giacomo Sanfelice e ha convocato il capo delegazione indiano Debabrata Saha. L’India sembra avviata ad una tecnica dello sfinito con rinvii che non fanno percepire nulla di buono, l’Italia da un mese cerca di sollevare l’attenzione sulla vicenda da parte della comunità internazionale ma senza grandi risultati. Le accuse inoltrate dalle autorità indiane si basano poi su prove che sia nella loro raccolta che nel loro essere sembrano fare acqua da tutte le parti. Bossoli che appartengono ad armi non in uso dai soldati italiani, la trappola tesa all’Enrica Lexie per attraccare nel porto di Kochi. Tutto in questa storia sembra premeditato per accusare i due soldati italiani. Il basso profilo di Roma, tuttavia, non sta dando i risultati sperati. Il Sottosegretario agli Esteri De Mistura ha affermato che con sempre maggior forza farà presente alle autorità indiane il disappunto italiano. Ma forse è tutto quello che l’Italia può fare?