Mentre tu fallisci, l'Eni si arricchisce. E' il neo-liberismo, bellezza

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Mentre tu fallisci, l'Eni si arricchisce. E' il neo-liberismo, bellezza

 

La guerra non c’entra niente.
 
Da ieri sui social gira la foto della bolletta di un povero imprenditore del settore alimentare che, in un solo anno, ha visto aumentare i costi di gas e luce da 120mila a quasi un milione di euro. Rincari stellari (+715%) e insostenibili che stanno colpendo l’intera filiera (una delle poche rimaste faticosamente in piedi in questi anni) e rischiano concretamente di radere al suolo tutta la piccola e media impresa italiana.
 
Ma c’è un problema. E non è nemmeno la vergognosa elusione del tema rincari da parte dei principali partiti politici, tutti impegnati a riempire di nulla misto a niente la campagna elettorale più ridicola e surreale di sempre. Il problema è il convincimento (falso) instillato nella mente dei cittadini dell’ineluttabilità della circostanza stessa.
 
C’è una guerra per la libertà da combattere (e poco importa che il popolo stesso non la volesse).
 
Quindi condizionatori spenti, pensionati sul lastrico, giovani coppie all’addiaccio, industrie fallite e gloria all’Ucraina.
 
Ma è un convincimento falso.
 
Perché nonostante l’aumento del costo di energia e materie prime il principale fornitore energetico italiano, ENI, ha chiuso il primo semestre 2022 con un utile da 7,39 miliardi a fronte del singolo miliardo guadagnato nei primi sei mesi del 2021. Una crescita del 600%. Un dato che certifica una verità chiara come il sole: la guerra non c’entra nulla coi rincari in bolletta. Ma qualcuno la sta abilmente utilizzando per speculare selvaggiamente sulla pelle degli italiani.
 
Il tutto gentilmente occultato e giustificato dal principio ordinatore del nostro tempo: un libero mercato che lascia liberamente fluttuare i prezzi è sinonimo di sana e robusta democrazia. E poco importa che il suo principale effetto sia impoverire drammaticamente i cittadini in favore dei dividendi per soci e consigli d’amministrazione.
 
Ed eccolo il nocciolo della questione. Perché al netto delle sacrosante rivendicazioni di sovranità e indipendenza da alleanze militari farlocche e organismi sovranazionali di strozzinaggio legalizzato - ma che restano pur sempre precondizione necessaria per l’attuazione di politiche autonome e indipendenti - qua il problema più grosso che abbiamo è il modello economico dominante. Va raso al suolo e cosparso di sale il terreno sul quale cresce. Dopodiché ci si potrebbe costruire sopra un bel memoriale. Un monumento ai caduti di un sistema politico che ha abiurato alla sua naturale funzione di crescita, redistribuzione, indirizzo economico e controllo dei prezzi condannando milioni di persone alla miseria e alla para schiavitù per far arricchire quaranta ladroni.
 
A guardarlo, le generazioni future si chiederanno stupefatte come diavolo abbia fatto tanta gente a sostenere gaudentemente una follia simile, come sia stato possibile. Una domanda che noi stessi ci poniamo rispetto a vicende di un passato neanche troppo lontano. E la cui risposta, certamente parziale e riduttiva ma sicuramente esatta, riconduce all’assenza di democrazia e al massiccio ricorso alla propaganda. Probabilmente anche loro, i posteri, giungeranno alla medesima conclusione. E forse anche molti dei miei contemporanei. Magari in punto di morte, ma meglio tardi che mai.

Antonio Di Siena

Antonio Di Siena

Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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